giovedì 18 maggio 2023

Nico abitava a Mortola; io abitavo a Mortola

Ventimiglia (IM): il vecchio tratto della Statale Aurelia in salita verso Mortola

[...] Conobbi Nico [Orengo] sulla corriera. Eravamo ragazzini [Nico Orengo era del 1944] ed andavamo a scuola a Ventimiglia; io alle Medie di Via Regina, lui non mi ricordo, forse all'Avviamento, ma non ne sono sicuro.
Io abitavo a La Mortola e lui a Latte e saliva alla fermata vicina alle vecchie scuole, quelle fatte costruire da Sir Thomas Hanbury.
Mingherlino, alto, con i capelli corti, lisci e dritti come le setole di una spazzola, aveva sempre un mezzo sorriso sulle labbra; notai che le ragazzine timidamente lo sbirciavano di sottecchi.
Qualcuno mi disse che era il figlio del Marchese Orengo.
Da figlio di poveri contadini, non mi azzardai a rivolgergli la parola se ci incrociavamo per caso nel corridoio della corriera, limitandomi ad una furtiva occhiata e ad un fugace cenno col capo.
Poi un giorno, siccome il sedile era vuoto, si sedette accanto a me.
Mi disse il suo nome, io gli risposi col mio; parlammo di cose senza importanza sottolineate da frequenti risolini.
Era facile conversare con lui; mi sentivo a mio agio, non affatto intimidito dalla consapevolezza che lui faceva parte di una classe sociale superiore alla mia.
Diventammo amici 'in corriera'. Eventualmente, durante le nostre conversazioni, Nico accennò alla sua famiglia ed io alla mia; nulla cambiò nel suo atteggiamento. Non si diede arie di superiorità, non ostentò il suo lignaggio: era semplicemente un ragazzo, un amico.
Quell'anno fu un tempo difficile per la mia famiglia. Dopo più di una decina d'anni nell'Arma, la località vicino al mare dove io ero cresciuto e dove i miei erano mezzadri, dovemmo lasciare la campagna e trasferirci su in paese.
Nonostante il disagio apportato ai miei genitori, io, con la tipica irresponsabilità giovanile, accolsi il cambiamento con entusiasmo: ora non ero più lontano da tutto ed isolato da tutti; ora ne ero finalmente nel mezzo.
Con mia sorpresa, un giorno mi imbattei in Nico davanti all'entrata dei Giardini Hanbury: non l'avevo visto da parecchio tempo quell'estate.
Quando gli chiesi se era andato a visitare i Giardini, ridendo mi rispose che stava andando a casa e indicò il palazzo di fronte. Vedendo la mia espressione di sorpresa, mi spiegò che recentemente erano venuti ad abitare a Mortola. Non me lo aveva mai detto.
Non ci potevo credere: Nico abitava a Mortola; io abitavo a Mortola. Non più amici di corriera, ora eravamo amici di paese; dello stesso paese!
La nostra amicizia divenne ancora più stretta e ben presto formammo un gruppetto ben affiatato e vivace e, naturalmente, non mancarono birichinate e scherzi perpetrati a discapito di vari brontoloni e scontrosi abitanti: dopotutto eravamo ragazzi.
Una domenica mattina, prima della messa, ci ritrovammo nel rudere sventrato di una casa, bombardata durante la guerra, situata accanto alla chiesa. Le macerie rimaste non erano più pericolanti e noi ragazzi avevamo adottato quel luogo come il nostro ritrovo perché riparato da sguardi indiscreti.
Qualcuno aveva portato un paio di sigarette - non ricordo la marca - so solamente che erano ovali e che sapevano di menta. Dopo averle accese, ce le passammo aspirando con entusiasmo.
Ben presto la mia testa si mise a girare e cominciai a sentirmi nauseato, ma seguitai per non fare brutta figura. Finito di fumare, Nico suggerì di masticare alcune foglie d'ulivo per togliere l'odore del tabacco; non so da dove tirò fuori quell'idea, ma so che quell'orribile gusto amaro mi fece diventare ancor più nauseato.
Durante la messa - ero uno dei chierichetti - speravo solo che non mi venisse da vomitare davanti all'altare e davanti a tutti. Come Dio volle, riuscii a trattenermi ma, appena entrato in sagrestia, vomitai nel cestino dei rifiuti, mentre gli altri cercavano di distrarre il vecchio Don Romagnone, che, fortunatamente, non se ne accorse. Oh, come mi sentivo male!
Usciti di chiesa, dopo la messa, non sapendo se ridere o fare il serio, Nico mi disse: "Mi spiace che ti è venuto da vomitare; vuol dire che la prossima volta proviamo le Gauloises!".
Quel rudere, quella casa bombardata, eventualmente fu ricostruita e ristrutturata e, molti anni dopo, divenne la sua casa durante i suoi soggiorni a La Mortola. Era adornata da un cespuglio della sua amata Lantana che si arrampicava sul muro di pietra della scala invitando le farfalle con una cascata di inflorescenze multicolori e profumate.
Nelle belle giornate non era affatto insolito vederlo intento a scrivere, seduto sulla terrazza del suo studio che si affacciava sulla piazza della chiesa: così è rimasto nella memoria di molti, memoria purtroppo a me negata. Con le ferite della guerra non ancora completamente guarite, la vita procedeva lentamente nella speranza di un futuro migliore.
In un paesino come La Mortola, non c'era granché per i giovani; cose molto più pressanti preoccupavano "i grandi" e noi ragazzi dovevamo arrangiarci a creare i nostri svaghi e Nico fu uno dei maggiori contributori a quello sforzo.
La sua prolifica immaginazione era una fonte costante di sfide ed idee da affrontare e realizzare.
[...] Nell'autunno del lontano 1958, dopo l'intervallo estivo durante il quale frequentavamo compagnie diverse, ci ritrovammo per formare la solita 'ghenga' invernale. Di questa compagnia i più affiatati eravamo io, Nico Orengo e Ulderico Brunetti (Ricky).
Tanto per fare qualcosa di diverso, decidemmo di fondare una specie di Club; soci, solo noi tre.
Per prima cosa occorreva una sede. Dopo lunghe ricerche, la trovammo; una ingombra ma inutilizzata cantina nella casa dove abitava Nico.
Con entusiasmo ci mettemmo subito all'opera durante ogni momento libero, specialmente la sera dopo gli studi o il lavoro e i fine settimana. Dovemmo sbarazzare la cantina da un sacco di rifiuti di ogni genere, da una montagna di sterpi polverosi e da una nidiata di topi grossi come scarpe. Il gatto di Nico risolse il problema in un baleno, tanto che decidemmo di nominarlo socio onorario.
Terminata la pulizia ed assicurata la sede del nostro novello Club con un bel catenaccio alla porta, cominciammo ad arredare il locale. Mettemmo insieme rozze imposte per la finestra ed installammo alcune mensolette per libri e gingilli vari; ci costruimmo un caminetto ed un tavolino con materiale sgraffignato nottetempo un po' ovunque ed infine, in un fienile non usato da anni, trovammo un paio di sedie ed una specie di divano fatto con dei vecchi sedili d'auto.
Naturalmente fregammo tutto in blocco. Da ultimo, rovistando in un vecchio armadio nella sagrestia, trovammo un paio di candelabri tarlati e polverosi e parecchi pezzi di candele che prendemmo in prestito... dato che non sta bene rubare alla Chiesa... In tal modo avevamo risolto anche il problema dell'illuminazione.
Ogni momento libero lo passavamo nel nostro Club, fieri di avere un posto tutto nostro. Varie fotografie e ritagli di riviste francesi (era il 1958!) che mostravano corpi femminili in costumi succinti, vennero usati per 'abbellire' le pareti, inoltre Ricky ed io completammo l'opera con un paio di affreschi di dubbio gusto.
Per inaugurare ufficialmente il Club mancava solo il nome. Lo trovammo subito; non sapeva di niente, ma ci parve molto bello. Un cartello venne appeso alla porta con scritto a china: "CLUB DEI MARMITTONI".
Il Club divenne il nostro ritrovo; romanzi gialli o riviste da leggere non mancavano mai.
Discutevamo, facevamo progetti per il futuro, ci raccontavamo 'esagerate' avventure sentimentali, i nostri sogni più intimi, confessando persino le nostre 'cotte', spesso ci litigavamo ed alcune volte ci prendemmo a botte.
Là attentammo a tirar di boxe con due paia di vecchi guantoni di Nico; il mio naso ne è testimone ancor oggi, a più di sessant'anni di distanza.
Nelle fredde sere d'inverno, mentre fuori pioveva, era un piacere starsene comodamente seduti vicino al calore del rozzo caminetto di mattoni rossi, leggendo, fumando, chiacchierando.
Collettivamente eravamo il prodotto di un mondo allora più semplice e forse anche più innocente.
 

Nico Orengo e Roberto Rovelli in versione giovanile. Archivio: Roberto Rovelli

Roberto Rovelli
, Ricordando Nico, Facebook, 12-13 maggio 2013