domenica 1 settembre 2019

Lovis Corinth a Bordighera (IM)

Lovis Corinth, In Bordighera, 1912, Museum Folkwang - Fonte: Wikipedia
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Accompagnato dalla moglie, la pittrice Charlotte Berend, il 19 febbraio 1912 Corinth aveva lasciato Berlino, dove risiedeva dall’ottobre del 1887, alla volta della Riviera Ligure di ponente, per trascorrervi un periodo di convalescenza dopo l’ictus cerebrale che lo aveva colto nella notte dell’11 dicembre 1911.
Erano stati i medici, convinti della necessità di sottrarre il degente al rigido clima berlinese, a suggerire proprio Bordighera, arrivando ad offrirsi di prenotare una stanza presso un albergo da loro conosciuto. Qualche cosa nell’organizzazione, tuttavia, non era andata a buon fine e i primi giorni in Riviera avevano messo i coniugi Corinth di fronte a diverse difficoltà:
Quando, dopo un lungo viaggio in treno, arrivammo a Bordighera alle 11 di sera, non vi era alcuna auto ad attenderci né qualcuno ad aspettarci. Corinth si sedette sfinito su una valigia, mentre io mi misi alla ricerca di un mezzo di trasporto. Alla fine riuscimmo ad arrivare all’albergo. Tutta la facciata dell’hotel era avvolta nel buio, non vi era alcuna luce accesa. Dopo che io ebbi suonato per un tempo pressoché infinito, un domestico assonnato si presentò alla porta. L’albergo era pieno, nessuna camera era stata per noi riservata. Alle mie insistenti preghiere, il buon uomo offrì a Corinth il suo letto. Salimmo per una scala a chiocciola di ferro fin sotto il tetto; con i vestiti addosso, Corinth si gettò sul giaciglio ancora disfatto dell’uomo e sprofondò nel sonno. Io trascorsi il resto della notte seduta su uno sgabello di legno. Di primo mattino mi recai in ufficio per richiedere una camera e riuscii a farmi assegnare una stanza nel sotterraneo, dove non entrava la luce dal giorno ma dove c’era, per lo meno, un letto utilizzabile […] Tuttavia, il fatto che un convalescente dovesse trovarsi in una condizione così miserabile non mi dava pace. Fu allora che mi ricordai che mio cugino Philipp mi aveva parlato in modo molto elogiativo di un “Hotel Amst [in effetti, Angst]” e decisi di tentare la sorte. Che impressione devo avere fatto al direttore dell’Hotel Amst, presentandomi a lui senza essermi lavata e con i capelli in disordine, e tutto ciò nel lusso della Riviera all’epoca dorata dell’anteguerra!”.
L’iniziativa dell’intraprendente Charlotte ebbe esito positivo e i coniugi Corinth furono accolti dal direttore Adolf Angst nei sontuosi e salubri alloggi dell’omonimo albergo; dovettero, tuttavia, trascorrere diversi giorni prima che il nuovo ambiente iniziasse ad esercitare effetti benefici sul convalescente:
Mi sarei aspettata che Corinth, entrando nella stanza spaziosa e arredata con gusto e vedendo il grande balcone, si sarebbe mostrato felicemente sorpreso.
Ma era così spossato da riuscire solo a mormorare ‘ti ringrazio, birba
’.
[…] Ebbe inizio un periodo difficile. Corinth non poteva far nulla senza aiuto. Eppure, per quanto fosse debole e impedito nei movimenti, non si lamentava mai […]. Dopo che ebbe trascorso diversi giorni, quasi senza parlare, seduto sul balcone nell’aria tersa, iniziò a sentirsi un po’ meglio ed io gli proposi di tentare una piccola passeggiata nel giardino, colmo di palme e di fiori, dell’hotel. Appoggiato a me e ad un bastone, si trascinava di panchina in panchina […] Per distrarlo e stimolarlo con nuovi volti, lo convinsi a consumare i pasti nella grande sala da pranzo, invece che in
camera. Senza prestare attenzione al nuovo ambiente, si portava in modo apatico alla bocca i pezzi di cibo da me adeguatamente preparati. Di tanto in tanto, alzando lo sguardo dal piatto e indirizzandolo verso di me, sospirava ‘ah, mia Petermannchen’.
Sapevo cosa stava pensando ed ero turbata dallo stesso pensiero: sarebbe
mai stato nuovamente in grado di dipingere?

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Dopo l’ictus, quando ancora era a Berlino, Corinth aveva ripreso a disegnare e a dipingere, seppure con moderazione; nondimeno, al trascorrere dei mesi, le condizioni di salute dell’artista dovevano essere seriamente peggiorate se Charlotte aveva iniziato a dubitare che il marito avrebbe mai potuto riprendere in mano gli strumenti del mestiere ed era arrivata al punto di affermare:
Che egli solo poco prima, a Berlino, avesse dipinto un Autoritratto, autentica testimonianza del suo genio, aveva ora dell’incredibile”.
Dopo avere trascorso i primi giorni e le prime notti dall’arrivo a Bordighera a domandarsi cosa sarebbe stata la vita di Corinth se gli fosse stata negata la possibilità di esprimersi come artista, inaspettatamente Charlotte si sentì rivolgere dal consorte questa domanda: Hai davvero portato anche le cose per dipingere?
In preda alla felicità, Charlotte rispose: “Si, le ho portate, e anche il vecchio cavalletto sgangherato. Che dici, lo montiamo?”.
Quel giorno, incoraggiato dalla moglie che si offrì quale soggetto, Corinth iniziò a dipingere la piccola tela Dame mit Fächer [Signora con ventaglio], nella quale Charlotte indossa un abito di velluto a righe bianche e nere e un cappello di velluto nero con piume bianche, porta sulle spalle una mantella di pelliccia bianca con inserti blu e tiene nella mano destra un ventaglio fatto di piume verdi e blu.
Dopo avere dipinto alacremente per l’intera giornata, Corinth cercò riposo nel giardino dell’albergo, luogo destinato a diventare nel corso dei mesi testimone dei suoi lenti ma costanti progressi; una fotografia lo ritrae seduto su una panchina con Charlotte al suo fianco, durante una pausa nelle loro quotidiane passeggiate.

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Con ritrovato vigore fisico e mentale, Corinth lavorò al dipinto per diverse ore, e lo stesso fece il giorno seguente: realizzò così Balkonszene in Bordighera [Scena al balcone in Bordighera], noto anche come In Bordighera (Essen, Museum Folkwang), una delle opere del primo soggiorno ligure dell’artista destinate ad incontrare maggiore successo espositivo ed interesse critico.
L’apparente spontaneità della scena raffigurata è smentita non solo dal racconto di Charlotte sulla genesi della tela ma anche da alcuni elementi interni al quadro: probabilmente a ragione, Klaus Albrecht Schröder ritiene la scelta compositiva ispirata a quella adottata da Edvard Munch per il suo Rue Lafayette (1891; Oslo, Nationalgalerie), a sua volta suggerita al pittore norvegese dall’ardita
prospettiva introdotta da Gustave Caillebotte in Un balcon, Boulevard Haussmann (1880, Coll. privata). Schröder trova analogia con l’opera di Munch anche nel ductus pittorico piuttosto sommario con cui Corinth risolve il cielo e le montagne sullo sfondo che, però, risulta sicuramente più incerto
rispetto a quello del norvegese nell’uso della pennellata diagonale, peraltro diversamente direzionata (in Munch quasi perpendicolare alla ringhiera, ad accentuare il contrasto tra le parti statiche e quelle dinamiche della composizione, in Corinth tendenzialmente parallela). 
È, del resto, lo stesso Corinth a dichiarare la propria ammirazione nei confronti di Munch in un passaggio del suo scritto intitolato Die neueste Malerei, dove si legge:
Ho deciso di approfondire la conoscenza di questo artista [Munch] perché egli ha avuto un ruolo essenziale e ha esercitato una profonda influenza su quella che potremmo definire la seconda generazione della moderna arte tedesca – intendendo per la prima quella di Bastien Lepage, Liebermann e Uhde”.
In quello stesso testo Corinth introduce alcune interessanti considerazioni sulla luce mediterranea: riflettendo sulle novità introdotte da Cézanne - che, a suo parere, molti pittori tedeschi allora echeggiavano senza realmente comprenderle - si dice convinto del ruolo fondamentale che la particolare qualità della luce nella Francia del Sud aveva avuto nella definizione della visione plastica del dato di natura propria del maestro francese e, per avvalorare tale intuizione, riferisce anche la propria esperienza:
Ora, non voglio apparire retrogrado, ma nella nostra terra nordica io non riesco a cogliere nella natura questo netto accostamento di piani e colori; ho potuto fare questa esperienza solo sul versante meridionale delle Alpi e in Italia”.
In realtà, con la sua intensa gamma cromatica e l’ampio uso di colori puri, Balkonszene in Bordighera risulta, certo, immersa nell’aria tersa e nella luce calda e abbagliante di Bordighera – quella luce che, solo tre decenni prima, aveva acceso le tele di Claude Monet e che, di lì a due anni, avrebbe portato nuovi colori saturi, straordinariamente vividi e brillanti, sulla tavolozza di Alexej von
Jawlensky - ma l’effetto luministico è ancora atmosferico e si risolve in diffusi passaggi, talvolta anche audaci, da zone chiare a zone scure, senza però nulla sortire della plasticità che caratterizza i paesaggi di Cézanne, dove ogni pennellata determina un piano autonomo, quasi “sbozzato” dall’artista “nell’interminabile poliedro in cui si risolve la profondità spaziale”.
La composizione del dipinto Balkonszene in Bordighera trova eco nel disegno Studie zu “Landschaft in Bordighera” [Studio per “Paesaggio in Bordighera”], dove il medesimo balcone, ora reso appena intuibile da un accenno al parapetto, ospita nuovamente Charlotte, ritratta sempre in piedi ma in una posa assai più statica e convenzionale, mentre le case e gli elementi della vegetazione, presenti nel dipinto, spariscono per permettere all’artista di cogliere solo l’andamento della linea costiera e dei promontori che si succedono in lontananza. Ed è ancora la ringhiera del balcone dell’Hotel Angst, riconoscibile dal motivo decorativo ad anelli dei ferri, ad offrire supporto alla mano di Charlotte, schizzata da Corinth in un pregevole disegno a china pubblicato da Georg Biermann nella prima monografia dedicata all’artista con la didascalia Federzeichnung nach einer Frauenhand [Disegno a penna di una mano di donna]. Biermann riferisce al periodo di convalescenza a Bordighera anche una litografia in cui Charlotte è ritratta in primo piano, seduta di sbieco su una sedia, con i gomiti appoggiati alla spalliera in una posa anticonvenzionale che sembra voler suggerire una certa spontaneità compositiva, mentre sullo sfondo sale un paesaggio collinare, dominato da un paio di case dal tetto a spioventi e scandito dagli steccati che ne delimitano i giardini: proprio la fisionomia del paesaggio e delle architetture, che ricorda piuttosto quella dei paesi montani o collinari, induce a
dubitare che la scena sia ambientata a Bordighera e a ipotizzare per il foglio una genesi nell’ambito del successivo periodo di villeggiatura dei coniugi Corinth in Baviera, nel paesino di Bernried, affacciato sul lago Starnberg.
Durante la convalescenza a Bordighera Corinth raffigurò più volte la consorte, probabilmente rassicurato, oltre che dall’affetto e dall’intimità che li univa come coppia, anche da una complicità “professionale” che doveva essere assai profonda, se si pensa che Charlotte aveva iniziato a posare per il maestro dieci anni prima quando, giovane allieva alla scuola privata di pittura che Corinth aveva aperto nel 1901 a Berlino, aveva intrapreso con il maestro una relazione sentimentale che li avrebbe in breve tempo condotti al matrimonio. 

Nel catalogo generale dell’opera pittorica di Corinth, oltre alle opere fin qui ricordate, Charlotte riconduce al soggiorno ligure del 1912 un’altra tela che la ritrae: si tratta di Frau mit Rosenhut [Donna con cappello adorno di rose; Berlino, Staatliche Museen zu Berlin, Alte Nationalgalerie] ed è legato a un momento di svago e di serenità:
A Bordighera abbiamo partecipato alla sfilata del Corso dei Fiori facendoci portare in giro da una piccola carrozza aperta, deliziosamente addobbata con fiori. Lovis indossava un abito di seta grigio chiaro e un cappello Panama. Io portavo un soprabito di seta color avorio e dipinto a mano (di Poiret da Parigi) su un abito di chiffon dello stesso colore. Avevo inoltre un grande cappello, riccamente adorno di fiori azzurri e rossi.
Davanti a me, nella carrozza, c’era un piccolo cestino pieno di mazzetti di fiori. Di continuo portavamo la mano al cestino per afferrare i fiori e gettarli contro le carrozze che venivano verso di noi in senso contrario. E anche noi eravamo oggetto di questi divertenti lanci.
Quando siamo rientrati nella nostra camera d’albergo Lovis ed io eravamo molto eccitati e sereni. Io mi sono tolta il soprabito e mi sono appoggiata su una spalla una mantellina di pelliccia bianca, continuando entusiasta a parlare del giro sul Corso.
‘Petermannchen
– mi interruppe – rimani seduta così davanti a me, così come sei ora. Prendo una tela e ti ritraggo. E mentre io ti dipingo, tu continua a raccontare del Corso dei Fiori, della musica, della gente elegantemente abbigliata sulle incantevoli piccole carrozze addobbate di fiori’.
Lovis lavorò alla tela fino al sopraggiungere dell’oscurità. Le finestre spalancate garantivano una buona luce. Il giorno seguente il dipinto fu velocemente ultimato”.
Integrando il racconto di Charlotte con alcune informazioni recuperate dalle cronache dell’epoca si può collocare con sicurezza la data di esecuzione di Dame mit Rosenhut tra il 23 e il 24 marzo 1912, quasi a metà, dunque, del soggiorno dei Corinth in Liguria, che si protrasse fino alla fine del mese di aprile.

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di Paola Valenti, Lovis Corinth in Italia e Francia (1912-1914), in