martedì 28 settembre 2021

Il Premio San Remo dedicato alla scultura fascista di soggetto sportivo

L'Ostacolista di Rito Valla (1938) - Fonte: Marco Impiglia, art. cit. infra

Istituiti nel 1935, i Premi San Remo di Letteratura e Arte furono tra i più importanti del periodo. Ogni anno vertevano su un tema diverso, ma il premio della scultura aveva il posto d’onore. Nel 1938, su invito del CONI, il Comitato Permanente dei Premi di San Remo dispose il suo primo concorso d’arte ispirata allo sport, limitandolo alla scultura.
Lo divise nelle classiche quattro sezioni (tuttotondo, bassorilievo, targa, medaglia) previste ai concorsi olimpici.
La giuria, composta da Pietro Canonica, da Alberto Gerardi e da Nicolai, che in pratica fu l’ordinatore della mostra, si riunì nel luglio del 1939 nella Villa Comunale della cittadina ligure per le decisioni del caso.
Accettò di esporre 102 delle 171 opere giunte nei termini del bando. Di esse, la metà esatta erano sculture a tuttotondo.
Il premio di ventimila lire per il tuttotondo venne assegnato ex aequo a Giandomenico De Marchis (Lanciatore del peso) e a Luigi Venturini (Centometrista), entrambi romani.
Per il bassorilievo e la targa non furono distribuiti i premi: la giuria chiamò gli artisti più valenti a partecipare ad un concorso di secondo grado entro il 30 novembre del 1939. Detto concorso fu vinto ex aequo per il bassorilievo da Virgilio Milani, Angelo Ferreri e Orlando Paladino Orlandini. Nella targa vinse Renato Martelli. Le cinquemila lire per la medaglia furono assegnate a Luciano Mercante e a Giovanni Mayer.
Tutte le opere accettate, tra cui il bronzo Il giavellottista di Rito Valla, fratello dell’olimpionica Ondina Valla, furono esposte nell’ultima settimana di luglio e la prima di agosto. Rito Valla l'anno prima aveva scolpito un bronzo intitolato L'ostacolista, intendendo così celebrare la clamorosa vittoria negli ottanta metri ostacoli a Berlino della sorella, la prima medaglia d'oro di una italiana nell'atletica leggera. <28
Bruno Roghi, uno dei più influenti e colti giornalisti sportivi italiani del XX secolo, venne inviato dalla Gazzetta dello Sport a redigere il resoconto della mostra. Egli divise gli scultori in due categorie: i «fotografi» e gli «interpreti». «Minuziosi e calligrafici» i primi, alla ricerca di «una testimonianza di verità e abilità»; più disposti a cercare di «catturare l’ideale» i secondi. Roghi giudicò il gesso Centometrista la scultura migliore: «Tutta la statua è un accorrere di linee e di volumi verso la fissità sbarrata dello sguardo». Rilevò che il Lanciatore del peso esprimeva «una gladiatoria potenza».
Così come alla esposizione di Roma del 1936, anche a San Remo la disciplina più battuta dagli scultori fu l’atletica leggera.
Lo notò Roghi, che scrisse al riguardo: "Sono 51 le opere esposte. Dividiamole per sport, limitandoci al tutto tondo. L’atletica leggera primeggia con 29 pezzi. Figurano tra essi 10 corridori: tutto il resto è rappresentazione di lanciatori, con prevalenza dei giavellottisti. Poi si salta ai 5 lottatori o pugilatori, ai 4 calciatori (3 portieri), ai 3 nuotatori, ai 2 tiratori di fune. Pallacanestro, volo a vela, tennis, ginnastica, scherma, tamburello sono rappresentati da una sola opera. Di ciclismo neppure l’ombra […] Dunque l’atletica leggera trionfa. Offre l’uomo solo, ben determinato nella figura e nel gesto, bene stagliato nell’aria che l’avvolge e, quasi scivolando, percossa lungo le sue membra, lo ricava come statua viva dalla massa informe degli altri uomini. Sport classico per eccellenza, l’atletica leggera fa necessariamente classica l’opera che la rappresenta". <29

[NOTE]
28 CONI, II Mostra Nazionale d’arte ispirata allo sport, cit, pp. 19-34.
29 B. Roghi, L’atleta e lo scultore alla Mostra di San Remo, in «La Gazzetta Sportiva della Domenica», 30.7.1939.

Marco Impiglia, Arte Sportiva Fascista in Italia (1922-1943), Academia.edu, www.academia.edu/34320668

Fig. 9. Luciano Mercante, Lotta, bronzo, ©Archivio Massimo De Grassi - Fonte: M. B. Giorio, art. cit. infra

A questo proposito, lo studio del Premio San Remo del 1939 ci mostra tutta la ricchezza e la varietà della scultura contemporanea di ispirazione sportiva, alla quale il concorso era stato esclusivamente consacrato. Tra il centinaio di sculture esposte, le realizzazioni a tuttotondo occuparono ancora una volta un posto d’onore e furono ricompensate all’unanimità: Centometrista di Luigi Venturini e Lanciatore del peso di Giandomenico de Marchi ottennero il primo premio ex-aequo. Il secondo artista fu apprezzato per la sua ricerca dei volumi e dell’equilibrio; un confronto con uno dei numerosi lanciatori presenti allo Stadio dei Marmi mette in evidenza la diversità di concezione tra le due sculture, di certo in ragione della loro differente destinazione, ma anche dei loro caratteri comuni. La scultura sportiva presente mostrava in ogni caso una certa difficoltà a incarnare delle « opere ispirate al dinamismo dello sport <30 », come atteso dagli organizzatori, e sembrava rifugiarsi ancora una volta nella tradizione incontestabile dei modelli greci <31. Solamente gli invii di due scultori, già noti al pubblico e alla critica, si elevavano al di sopra di un livello artistico piuttosto mediocre: Farpi Vignoli presentava Tiratore di fune, un’opera viva e piena di tensione pronta a esplodere, mentre Mario Moschi si allontanava dai soggetti di ispirazione calcistica con il gruppo Lotta greco-romana, dove l’eredità accademica si fondeva perfettamente con lo studio del reale. Come per le mostre precedenti, ancora una volta la disciplina più rappresentata risultava l’atletica, con una netta prevalenza di corridori; ciononostante non mancavano rappresentazioni di sport poco o mai riprodotti prima, come tennisti, pallavolisti o schermidori.
In ragione del grande numero di opere accettate, l’esposizione era stata divisa in quattro sezioni: parallelamente alla scultura a tuttotondo, i bassorilievi, le placchette e le medaglie comprovavano quale livello d’importanza avessero raggiunto sotto il regime dei generi artistici solitamente considerati minori. Luciano Mercante, vincitore ex-aequo, presentava una medaglia a una sola faccia, dedicata alla lotta, offrendo una composizione perfettamente equilibrata tra le due figure in primo piano e la terza, appena definita <32 (fig. 9). Le altre realizzazioni a due dimensioni, benché differenti per stile e per concezione, venivano incontro alla dichiarazione di intenti che il segretario del CONI avrebbe espresso appena l’anno seguente, nel tentativo di fare un bilancio dell’arte sportiva contemporanea: "[…] non c’è forma d’arte che non possa trarre dall’argomento dello sport una sua parola convincente e precisa, suscitando in altri, nell’attimo, ammirative emulazioni" <33.
Il Premio San Remo fu l’ultimo evento artistico realmente interessante; le esposizioni e i concorsi organizzati dopo il 1940 presentarono sfortunatamente delle opere o già note o prive totalmente di originalità e di alcun interesse nei confronti del dinamismo tanto ricercato in precedenza. Nonostante gli organizzatori continuassero a sostenere il ruolo paradigmatico dell’arte e la sua capacità di rappresentare perfettamente lo sport a fini pedagogici, gli artisti sembrarono rispondere con difficoltà a queste aspettative, ispirandosi sempre di più ai modelli indiscutibili dello Stadio dei Marmi.
[NOTE]
30 Mostra delle opere concorrenti ai premi San Remo: scultura 1938, pittura 1939, San Remo, Tip. Gandolfi, 1939, p. s. n.
31 Elisa Bassetto, op. cit., p. 70-71.
32 Bruno Callegher, Luciano Mercante medaglista, in Callegher Bruno, Gastaldi Elisabetta, Vettorato Valeria, a cura di, Luciano Mercante scultore e medaglista: la donazione della famiglia ai Musei Civici di Padova, Trieste, EUT Edizioni Università di Trieste, 2013, p. 122.
33 Comitato Olimpico Nazionale Italiano (a cura di), II mostra nazionale d’arte ispirata allo sport, Roma, Arti Grafiche Trinacria, 1940, p. 13.
Maria Beatrice Giorio, «La scultura fascista di soggetto sportivo tra bellezza e propaganda ideologica», Italies, 23 - 2019