E se scoprissimo che la Tessaglia corre lungo i chilometri della statale venti, quella che porta al Tenda, alla Val Roja, alla Nizza marittima (e garibaldina), alla più bella (e forse dolorosa) delle frontiere franco-piemontesi? Va da sé che avrei potuto percorrere altre strade ugualmente e forse ancora più ricche di suggestioni letterarie (confesso di averci pensato e persino per un po’ lavorato). Dal Colle della Maddalena all’Agnello al Monginevro al Frejus al Moncenisio fino ai grandi valichi dell’appendice valdostana non ci son che rotte (quale più quale meno) di irresistibile suggestione letteraria. Ma forse sarebbe stato troppo (dico in fatto di pagine) per un omaggio ad un amico che ha comunque prediletto nei suoi passaggi da e verso Torino la frontiera più litoranea.
[...] È proprio il “ligure” Orengo (cui andrà associato, per certe atmosfere allusive, il conterraneo Biamonti) a tracciare su questo segmento di strada la linea che tira ad un Piemonte più di necessità che di elezione. Lui ad avventurare la “trotablu” dalle Meraviglie al mare («Dai laghi delle Meraviglie / con tante voglie fra salici / e sassi aveva preso il fiume / Roja per fuggire la noia» <8), dando vita come un Saint-Exupéry d’acqua alla storia del pescatore Nane che se ne innamora un po’. Lui a narrare in Dogana d’amore, la storia di Martino e di Suor Armida, e un soggiorno di Martino a Limone (« Avrebbe camminato e preso un po’ di sole sul Vermenagna, dove nella Serra di Conche avrebbe potuto continuare la buona convalescenza » <9), e poi il suo ritorno precipitoso: "Era partito veloce, ma subito dopo la galleria del Tenda aveva cominciato a rallentare e poi a fermarsi: San Dalmazzo, Breil, Piene, Airole, Trucco. Aveva comprato ulive, pane, pomodori sott’olio. A Trucco si era fermato che era ormai ora di colazione". <10
Lui, ancora, a raccontare il salto della bagna cauda su queste rotte risalendo per provocazione alle remote origini liguri-romane del garum o liquamen delle legioni di Cesare (la Liguria, sempre da intendersi come punto di ogni rimpatrio e di ogni partenza).
[...] Di Mario Soldati (non dimenticando il Viaggio a Lourdes, racconto incastonato in uno dei volumi memorabili, L’amico gesuita, che con il suo carico di dolore e di ipocrisia percorre in ferrovia l’esatta parallela della statale venti), trascrivo invece per intero una lunga pagina del diario Lo specchio inclinato:
"La valle della Roja! Sulla Cuneo-Ventimiglia, dal Col di Tenda al mare. Non c’è stata volta che io abbia percorso questa strada senza ammirare, stupefatto, la estrema bellezza e la singolarità eccezionale della Valle della Roja. Un canyon, sì, ma che canyon. Altro che New Mexico o nell’Arizona! Una fenditura profonda centinaia di metri, tortuosa, imprevedibile, ricca di acque e di foreste, e allo stesso tempo selvaggia e civile, feroce e soave, alpestre e marina. L’antica città di Tenda. E, a un certo punto, altissima sul canyon cupo di ombre, la meraviglia di Saorge, con le sue case scintillanti al sole e aggrappate alle rocce come un villaggio tibetano. Senza contare che la prima officina la si incontra a Piena, dopo quasi due terzi di strada. Com’è noto, queste montagne sono prima italiane, poi francesi, e poi di nuovo italiane. Quattro dogane e quattro posti di polizia in poco più di trenta chilometri! Ma dobbiamo ringraziare, una volta tanto, questi assurdi impedimenti, se hanno valso a salvare il paesaggio e l’antichità delle rustiche costruzioni dagli orrori degli insediamenti turistici e industriali. Non appartengo (devo ripeterlo sempre?) ai laudatori programmatici del tempo antico. Penso, semplicemente, che si dovrebbero, qua e là, proteggere alcuni luoghi della nostra terra: non ammettendovi industrie e nuove case, oppure ammettendole, com’è certo possibile, con un po’ di rispetto per la natura e per le antichità. Ed ecco, questa volta per la prima volta, mi accorgo che, nella Valle della Roja, gli ulivi cominciano poco più giù di Tenda: ed esattamente tra Saint Dalmas e Merlo. È vero, sì, allo sguardo di chi scende dal colle, il cielo verso sud-ovest è di un celeste inequivocabile: diafano, tenero, struggente: il celeste del cielo sul mare. Ma il mare è ancora così lontano. E siamo ancora nel bel mezzo delle Alpi. Guardo la carta. Il ghiacciaio del Clapier è alle nostre spalle, a quattordici chilometri in linea d’aria! C’è da trasecolare: gli ulivi a quattordici chilometri da un ghiacciaio? Mi pare, così, finalmente, di capire in che consista la bellezza unica della Valle della Roja. Non c’è altro luogo che unisca altrettanto strettamente le Alpi e il Mediterraneo: dove, per un certo tratto, due nature e due climi quasi contrari tra di loro si sovrappongano e quasi si confondano altrettanto armoniosamente. La Valle della Roja ha l’incanto supremo e pungente delle contaminazioni e dei tradimenti: il fascino di tutto ciò che sfugge a una definizione o a uno schema, proprio perché partecipa, in egual misura, di due schemi o di due definizioni opposte. Penso al crepuscolo, che sta tra il giorno e la notte. Penso alla pubertà, che sta tra l’infanzia e la giovinezza. Penso, perché no?, alla libertà. Che cos’è, infatti, la libertà, se non una realtà doppia: una realtà viva di due realtà, tra l’una e l’altra delle quali si è liberi, in ogni istante, di scegliere? Anche l’Italia e la Francia, nella Valle della Roja, stanno insieme". <12
Potrebbe esserci conclusione migliore?
[NOTE]
8 Trotablu, Torino, Genesi, 1987, p. 12.
9 Dogana d’amore, Milano, Rizzoli, 1986, p. 89.
10 Ibidem, p. 96.
12 Lo specchio inclinato. Diario 1965-1971, Milano, Mondadori, 1975, pp. 26-27.
Giovanni Tesio, «Echi letterari sulla strada del Tenda», Italies, 6 - 2002
[...] È proprio il “ligure” Orengo (cui andrà associato, per certe atmosfere allusive, il conterraneo Biamonti) a tracciare su questo segmento di strada la linea che tira ad un Piemonte più di necessità che di elezione. Lui ad avventurare la “trotablu” dalle Meraviglie al mare («Dai laghi delle Meraviglie / con tante voglie fra salici / e sassi aveva preso il fiume / Roja per fuggire la noia» <8), dando vita come un Saint-Exupéry d’acqua alla storia del pescatore Nane che se ne innamora un po’. Lui a narrare in Dogana d’amore, la storia di Martino e di Suor Armida, e un soggiorno di Martino a Limone (« Avrebbe camminato e preso un po’ di sole sul Vermenagna, dove nella Serra di Conche avrebbe potuto continuare la buona convalescenza » <9), e poi il suo ritorno precipitoso: "Era partito veloce, ma subito dopo la galleria del Tenda aveva cominciato a rallentare e poi a fermarsi: San Dalmazzo, Breil, Piene, Airole, Trucco. Aveva comprato ulive, pane, pomodori sott’olio. A Trucco si era fermato che era ormai ora di colazione". <10
Lui, ancora, a raccontare il salto della bagna cauda su queste rotte risalendo per provocazione alle remote origini liguri-romane del garum o liquamen delle legioni di Cesare (la Liguria, sempre da intendersi come punto di ogni rimpatrio e di ogni partenza).
[...] Di Mario Soldati (non dimenticando il Viaggio a Lourdes, racconto incastonato in uno dei volumi memorabili, L’amico gesuita, che con il suo carico di dolore e di ipocrisia percorre in ferrovia l’esatta parallela della statale venti), trascrivo invece per intero una lunga pagina del diario Lo specchio inclinato:
"La valle della Roja! Sulla Cuneo-Ventimiglia, dal Col di Tenda al mare. Non c’è stata volta che io abbia percorso questa strada senza ammirare, stupefatto, la estrema bellezza e la singolarità eccezionale della Valle della Roja. Un canyon, sì, ma che canyon. Altro che New Mexico o nell’Arizona! Una fenditura profonda centinaia di metri, tortuosa, imprevedibile, ricca di acque e di foreste, e allo stesso tempo selvaggia e civile, feroce e soave, alpestre e marina. L’antica città di Tenda. E, a un certo punto, altissima sul canyon cupo di ombre, la meraviglia di Saorge, con le sue case scintillanti al sole e aggrappate alle rocce come un villaggio tibetano. Senza contare che la prima officina la si incontra a Piena, dopo quasi due terzi di strada. Com’è noto, queste montagne sono prima italiane, poi francesi, e poi di nuovo italiane. Quattro dogane e quattro posti di polizia in poco più di trenta chilometri! Ma dobbiamo ringraziare, una volta tanto, questi assurdi impedimenti, se hanno valso a salvare il paesaggio e l’antichità delle rustiche costruzioni dagli orrori degli insediamenti turistici e industriali. Non appartengo (devo ripeterlo sempre?) ai laudatori programmatici del tempo antico. Penso, semplicemente, che si dovrebbero, qua e là, proteggere alcuni luoghi della nostra terra: non ammettendovi industrie e nuove case, oppure ammettendole, com’è certo possibile, con un po’ di rispetto per la natura e per le antichità. Ed ecco, questa volta per la prima volta, mi accorgo che, nella Valle della Roja, gli ulivi cominciano poco più giù di Tenda: ed esattamente tra Saint Dalmas e Merlo. È vero, sì, allo sguardo di chi scende dal colle, il cielo verso sud-ovest è di un celeste inequivocabile: diafano, tenero, struggente: il celeste del cielo sul mare. Ma il mare è ancora così lontano. E siamo ancora nel bel mezzo delle Alpi. Guardo la carta. Il ghiacciaio del Clapier è alle nostre spalle, a quattordici chilometri in linea d’aria! C’è da trasecolare: gli ulivi a quattordici chilometri da un ghiacciaio? Mi pare, così, finalmente, di capire in che consista la bellezza unica della Valle della Roja. Non c’è altro luogo che unisca altrettanto strettamente le Alpi e il Mediterraneo: dove, per un certo tratto, due nature e due climi quasi contrari tra di loro si sovrappongano e quasi si confondano altrettanto armoniosamente. La Valle della Roja ha l’incanto supremo e pungente delle contaminazioni e dei tradimenti: il fascino di tutto ciò che sfugge a una definizione o a uno schema, proprio perché partecipa, in egual misura, di due schemi o di due definizioni opposte. Penso al crepuscolo, che sta tra il giorno e la notte. Penso alla pubertà, che sta tra l’infanzia e la giovinezza. Penso, perché no?, alla libertà. Che cos’è, infatti, la libertà, se non una realtà doppia: una realtà viva di due realtà, tra l’una e l’altra delle quali si è liberi, in ogni istante, di scegliere? Anche l’Italia e la Francia, nella Valle della Roja, stanno insieme". <12
Potrebbe esserci conclusione migliore?
[NOTE]
8 Trotablu, Torino, Genesi, 1987, p. 12.
9 Dogana d’amore, Milano, Rizzoli, 1986, p. 89.
10 Ibidem, p. 96.
12 Lo specchio inclinato. Diario 1965-1971, Milano, Mondadori, 1975, pp. 26-27.
Giovanni Tesio, «Echi letterari sulla strada del Tenda», Italies, 6 - 2002