Ben presto Nico [Orengo], l'allegro, simpatico, giocherellone ragazzino, dimostrò anche un aspetto più serio della sua personalità.
Mentre noi, i suoi amici eravamo il tipico prodotto della nostra età, naturalmente, cioè eravamo ragazzi, lui a volte sembrava immerso nei suoi pensieri, pensieri che poi cercava di discutere ed analizzare con noi, non sempre ottenendo l'attenzione meritata.
Forse già da quei tempi aveva iniziato a mettere da parte nel suo carnet della vita quelle esperienze, situazioni ed emozioni che un giorno avrebbe condiviso nei suoi scritti con i suoi lettori.
Nel 1958, dopo la morte del venerato Don Innocenzo Romagnone, Parroco per 53 anni della Parrocchia di San Mauro a La Mortola, la cura della communità parrocchiale venne affidata a Padre Osvaldo M. Corte.
Il nuovo Parroco cercò subito di motivare i giovani del paese esponendoli a nuove esperienze al fine di convogliare le loro energie giovanili verso traguardi positivi.
Un giorno convocò in canonica una decina di noi, ragazzi e ragazze, e ci guidò in un locale di fianco alla sagrestia esclamando: - Questa è la redazione del vostro giornale. -
Noi non sapevamo di cosa stesse parlando e ci guardammo un poco perplessi.
C'era una scrivania con una macchina da scrivere, un tavolino con sopra uno strano macchinario a manovella, uno scaffale con risme di carta, bottiglie ed altri oggetti.
Tutto eccitato Padre Corte ci disse che quello strano macchinario era un ciclostile e lo aveva acquistato con tutto il resto; era del Seminario, ma non lo usavano più e glielo avevano offerto per poco e niente.
Tutti noi continuavamo a non avere la minima idea di cosa stesse parlando.
Allora con calma ci spiegò a cosa serviva, come funzionava e che avremmo potuto mettere insieme un giornalino parrocchiale da distribuire nel paese.
Lentamente quell'idea cominciò a filtrare nei nostri cervelli: pubblicare il nostro giornalino!
Imparare ad usare il ciclostile non fu facile, specialmente a mantenere la corretta pressione sui tasti della macchina da scrivere. Rovinammo più di una matrice.
Eventualmente riuscimmo ad ottenere un risultato soddisfacente ed a pubblicare il primo numero: "La Campanella" era nata!
Ben presto non mancarono gli articoli sottomessi per la pubblicazione, naturalmente dopo approvazione finale da parte di Padre Corte che fungeva da capo redattore, anche se, per lo più,
lasciò a noi la decisione rigettandola solo un paio di volte.
Di seguito, anche se tutti potevano contribuire, e molti lo fecero, si stabilì una certa selezione: Jean Genti divenne l'incaricato della pagina enigmistica, con parole crociate, rebus, indovinelli e barzellette. Ulderico Brunetti (Ricky) ed io eravamo gli illustratori, inoltre Ricky riportava fatti di 'cronaca nera murturata': "Due conigli rubati ai Cacciairui" oppure "Al buio: vandali hanno svitato le lampadine ai lampioni del paese!". Io invece, amante della geografia, mi sbizzarrivo in articoli di viaggi in terre lontane, come quando scrissi un lungo e sicuramente noioso articolo sulla Ferrovia Trans-Siberiana dettagliando tutte le tappe da Mosca a Vladivostok.
Nico ben presto si distinse con articoli seri su Pier Paolo Pasolini e Federico Garcìa Lorca, il suo poeta preferito, o con recensioni di films di Vittorio De Sica e Federico Fellini: i classici "Ladri di biciclette" e "I Vitelloni", rispettivamente, vengono alla mente.
Persino Padre Corte rimase sorpreso dalla sua sensibilità nel trattare argomenti a volte difficili e controversi, dimostrando un'inconsueta maturità non affatto corrotta dagli ormoni giovanili.
Continuammo "La Campanella" per più di un anno, all'inizio con pubblicazione settimanale, poi mensile, eventualmente ogni tanto. Come tutto nella vita, le cose passano, cambiano, si perdono.
Anche il nostro giornalino ebbe il suo corso.
Io ne avevo tenuto alcune copie; quelle dei numeri con gli articoli, a mio parere, più importanti.
Quando ero partito per l'America le avevo lasciate nella libreria in camera mia, strette tra i due volumi del vecchio vocabolario di greco dei tempi del Ginnasio.
Durante una delle mie successive visite in Italia, mi venne in mente il giornalino e cercai le copie che avevo lasciato molti anni prima, ma la libreria non c'era più, i libri rimossi o messi altrove e chissà dove erano finite, probabilmente buttate via come vecchi fogli di carta sbiadita.
Mi spiace non averne potuto conservare nemmeno una copia perché avrei conservato uno dei primi, se non il primo articolo 'pubblicato' da Nico Orengo; non sulla Stampa, Gazzetta o Corriere, ma sulla Campanella!
Roberto Rovelli, Ricordando Nico, Facebook, 16 maggio 2023
Mentre noi, i suoi amici eravamo il tipico prodotto della nostra età, naturalmente, cioè eravamo ragazzi, lui a volte sembrava immerso nei suoi pensieri, pensieri che poi cercava di discutere ed analizzare con noi, non sempre ottenendo l'attenzione meritata.
Forse già da quei tempi aveva iniziato a mettere da parte nel suo carnet della vita quelle esperienze, situazioni ed emozioni che un giorno avrebbe condiviso nei suoi scritti con i suoi lettori.
Nel 1958, dopo la morte del venerato Don Innocenzo Romagnone, Parroco per 53 anni della Parrocchia di San Mauro a La Mortola, la cura della communità parrocchiale venne affidata a Padre Osvaldo M. Corte.
Il nuovo Parroco cercò subito di motivare i giovani del paese esponendoli a nuove esperienze al fine di convogliare le loro energie giovanili verso traguardi positivi.
Un giorno convocò in canonica una decina di noi, ragazzi e ragazze, e ci guidò in un locale di fianco alla sagrestia esclamando: - Questa è la redazione del vostro giornale. -
Noi non sapevamo di cosa stesse parlando e ci guardammo un poco perplessi.
C'era una scrivania con una macchina da scrivere, un tavolino con sopra uno strano macchinario a manovella, uno scaffale con risme di carta, bottiglie ed altri oggetti.
Tutto eccitato Padre Corte ci disse che quello strano macchinario era un ciclostile e lo aveva acquistato con tutto il resto; era del Seminario, ma non lo usavano più e glielo avevano offerto per poco e niente.
Tutti noi continuavamo a non avere la minima idea di cosa stesse parlando.
Allora con calma ci spiegò a cosa serviva, come funzionava e che avremmo potuto mettere insieme un giornalino parrocchiale da distribuire nel paese.
Lentamente quell'idea cominciò a filtrare nei nostri cervelli: pubblicare il nostro giornalino!
Imparare ad usare il ciclostile non fu facile, specialmente a mantenere la corretta pressione sui tasti della macchina da scrivere. Rovinammo più di una matrice.
Eventualmente riuscimmo ad ottenere un risultato soddisfacente ed a pubblicare il primo numero: "La Campanella" era nata!
Ben presto non mancarono gli articoli sottomessi per la pubblicazione, naturalmente dopo approvazione finale da parte di Padre Corte che fungeva da capo redattore, anche se, per lo più,
lasciò a noi la decisione rigettandola solo un paio di volte.
Di seguito, anche se tutti potevano contribuire, e molti lo fecero, si stabilì una certa selezione: Jean Genti divenne l'incaricato della pagina enigmistica, con parole crociate, rebus, indovinelli e barzellette. Ulderico Brunetti (Ricky) ed io eravamo gli illustratori, inoltre Ricky riportava fatti di 'cronaca nera murturata': "Due conigli rubati ai Cacciairui" oppure "Al buio: vandali hanno svitato le lampadine ai lampioni del paese!". Io invece, amante della geografia, mi sbizzarrivo in articoli di viaggi in terre lontane, come quando scrissi un lungo e sicuramente noioso articolo sulla Ferrovia Trans-Siberiana dettagliando tutte le tappe da Mosca a Vladivostok.
Nico ben presto si distinse con articoli seri su Pier Paolo Pasolini e Federico Garcìa Lorca, il suo poeta preferito, o con recensioni di films di Vittorio De Sica e Federico Fellini: i classici "Ladri di biciclette" e "I Vitelloni", rispettivamente, vengono alla mente.
Persino Padre Corte rimase sorpreso dalla sua sensibilità nel trattare argomenti a volte difficili e controversi, dimostrando un'inconsueta maturità non affatto corrotta dagli ormoni giovanili.
Continuammo "La Campanella" per più di un anno, all'inizio con pubblicazione settimanale, poi mensile, eventualmente ogni tanto. Come tutto nella vita, le cose passano, cambiano, si perdono.
Anche il nostro giornalino ebbe il suo corso.
Io ne avevo tenuto alcune copie; quelle dei numeri con gli articoli, a mio parere, più importanti.
Quando ero partito per l'America le avevo lasciate nella libreria in camera mia, strette tra i due volumi del vecchio vocabolario di greco dei tempi del Ginnasio.
Durante una delle mie successive visite in Italia, mi venne in mente il giornalino e cercai le copie che avevo lasciato molti anni prima, ma la libreria non c'era più, i libri rimossi o messi altrove e chissà dove erano finite, probabilmente buttate via come vecchi fogli di carta sbiadita.
Mi spiace non averne potuto conservare nemmeno una copia perché avrei conservato uno dei primi, se non il primo articolo 'pubblicato' da Nico Orengo; non sulla Stampa, Gazzetta o Corriere, ma sulla Campanella!
Roberto Rovelli, Ricordando Nico, Facebook, 16 maggio 2023