mercoledì 5 luglio 2023

Binda ora scucchiaiava in un gavettino di castagne bollite

                                                                

Dintorni di Triora (IM). Foto: Alessandro Spataro

Monte Gerbonte (fotografia di Elisa Longinotti). Fonte: Elisa Longinotti, Op. cit. infra

Una mappa dei luoghi calviniani. Fonte: Elisa Longinotti, Op. cit. infra

                                                                                     Tappa 3
                                                                       Creppo - Monte Gerbonte
Alle nove e un quarto arrivò su Colla Bracca assieme alla luna, ai venti era già al bivio dei due alberi, per la mezza sarebbe stato alla fontana. In vista di San Faustino prima delle dieci, dieci e mezzo a Perallo, Creppo a mezzanotte, per l’una poteva essere da Vendetta in Castagna: dieci ore di strada a passo normale, sei ore a dir tanto per lui, Binda, la staffetta del primo battaglione, la più veloce staffetta della brigata (Paura sul sentiero in RR I, p. 246).
Binda ora scucchiaiava in un gavettino di castagne bollite, sputacchiando le pellicole rimaste appiccicate. […] Si incamminò. -Vado da Serpe, in Gerbonte, - disse.- Forza Binda,- gli dissero i compagni. Lui già svoltava dietro allo sperone di roccia, aveva perso di vista il casone, si lasciava alle spalle il dirupo nero di cespugli (Paura sul sentiero in RR I, p. 252).
- Al Culdistrega,- disse quello con i baffi neri, - così non c’è da scavare la fossa […].
Li condussero su per il sentiero di rocce, con le armi alle reni. Il Culdistrega era l’apertura d’una caverna verticale, un pozzo che scendeva nella pancia della montagna, giù giù, non si sapeva fin dove (Uno dei tre è ancora vivo in RR I, p. 273).
I tedeschi, con quattro o cinque cannoni e lanciabombe, tirano sulla parete superiore del costone diroccando case e casoni a San Faustino. Fu allora che cadde, ferito dalle scheggie, il garibaldino Petrin di Creppo. Le sorti della battaglia arridono ai nazisti: essi riescono a piazzare le mitragliatrici sul costone e a battare e isolare i nostri centri di fuoco. Alle nostre mitraglie non resta che ritirarsi (Le battaglie del comandante Erven, dal racconto di Italo Calvino in L’epopea dell’esercito scalzo, p. 237).
Attraverso la dettagliata descrizione del percorso che Binda fa in Paura sul sentiero, è possibile provare a ripercorrere il tragitto che la staffetta faceva per avvisare i vari distaccamenti dell’arrivo dei nemici. Quindi raggiunta colla Bracca sulla strada extraurbana che unisce San Giovanni dei Prati a Aigovo, passando attraverso i sentieri nel bosco da Perallo e Creppo, dopo dieci ore di strada si raggiunge un luogo chiamato Castagna in direzione di Realdo. Il tragitto prevedeva di attraversare il torrente Argentina all’altezza del vecchio ponte di Loreto (oggi identificato come il ponte di Mauta) che dista dieci minuti di cammino ripido verso valle, partendo da Loreto, piccolo borgo di case arroccate sull’argine sinistro del torrente Argentina, che è stato un crocevia strategico durante la guerra di liberazione delle forze partigiane contro i nazi-fascisti. Questo tragitto notturno di Binda unisce punti centrali della Valle Argentina che sono stati luoghi protagonisti delle battaglie partigiane. Gli abitanti di questi paesi, per lo più contadini: «hanno dimostrato nella guerra partigiana un entusiasmo, uno spirito combattivo, una solidarietà» tale da apportare un contributo profondo alle Brigate Garibaldine. Così spesso Calvino li nomina nei suoi scritti, come in Liguria magra e ossuta dove leggiamo: «da Castelvittorio <18 a Molini di Triora, da Agaggio a Badalucco, da Vignai a San Faustino che si distinsero nella lotta e nella sofferenza. La guerra di liberazione fu la prima guerra profondamente sentita dai contadini liguri» (S, p. 2365).
Oggi il percorso di Binda sarebbe difficile ma non impossibile. La rete sentieristica non garantisce un collegamento fra queste località che possono essere raggiunte invece in auto.
Scendendo lungo la SP 65 si arriva a Perallo e infine a Molini di Triora <19 e svoltare a sinistra raggiungendo Loreto. Prendere la SP 81 lasciando sulla sinistra il nuovo ponte di Loreto <20, fino a raggiungere Creppo <21. Questa località è ricca di grotte e una di queste, conosciuta come «Tana della Ciapella», o tana del tedesco, è stata identificata come il luogo in cui sono stati fucilati alcuni prigionieri tedeschi nonché il Culdistrega di Uno dei tre è ancora vivo. La fucilazione dei tre tedeschi del racconto gettati nudi nella grotta, ha trovato riscontro nella memoria collettiva degli abitanti di quella zona del ponente ligure che va da Triora a Realdo <22 (vedi cap. 2). L’episodio si colloca tra febbraio e marzo 1945 nelle vicinanze di Drondo, piccolo abitato di case dove i partigiani avevano una base e dove ancora oggi è presente questa grotta o semplicemente «buco» come veniva chiamato in quella zona, che presenta una lunga fenditura nella roccia, che precipita per parecchi metri aprendosi e formando un’ampia grotta. L’apertura è spesso nascosta dall’erba che la sovrasta.
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                                                                                    Tappa 4
                                                            Passo della Guardia - Monte Pellegrino
Domani voi dovete tenere la cresta del Pellegrino dal pilone, fino alla seconda gola, mi intendi? Poi ci sarà da spostarsi verranno ordini. Tenere ben staccate le squadre e i nuclei: i mitragliatori coi serventi e i fucilieri che si possono spostare quando si ha bisogno. Tutti gli uomini devono andare in azione, nessuno escluso, nemmeno il furiere, nemmeno il cuoco (Il sentiero dei nidi di ragno in RR I, p. 102).
-Tedeschi giù da Briga, fascisti su dai Molini. Sgombrare. Per l’alba tutti in cresta al Pellegrino con le pesanti-. […] Poi s’alzò, battè le mani: -Sveglia voialtri, c’è da andare a picchiarsi (Paura sul sentiero in RR I, p. 252).
Il monte Pellegrino (1455 mt.) e i suoi dintorni furono teatro di guerre napoleoniche tra francesi e piemontesi, oltre ad essere un luogo di numerosi scontri e battaglie resistenziali tra il 1944-45. Il bosco, in questa zona è costituito soprattutto da pini e castagni che ne creano un’atmosfera magica e fantastica e che fanno da cornice a Binda in Paura sul sentiero. La staffetta infatti vede nemici in ogni cespuglio mentre corre per i vari distaccamenti della valle Argentina per informare i partigiani dell’imminente arrivo dei nemici. La conformazione del bosco aumenta l’illusione di essere inseguito dai tedeschi: «Scendeva per il bosco, adesso. […] C’era un tedesco per ogni cespuglio, un tedesco appollaiato in cima ad ogni albero, […] fucili s’alzavano tra i rami, le radici degli alberi finivano in piedi umani» (RR I, p. 250). Questo bosco magico diventa quindi, per Binda, ma anche per i partigiani che si nascondono lungo tutta la valle Argentina, natura sia matrigna che salvifica, creando angoscia e terrore ma ricoprendo, contemporaneamente, anche la funzione di rifugio.
Questa aurea di mistero aleggia anche nei paesi della valle. Uno fra tutti è Triora <23, conosciuto come luogo di streghe, dove nel 1587 si tenne la più grande caccia alle streghe che l’Italia ricordi: la città fu colpita da una pesante carestia e da condizioni meteorologiche impervie, così gli abitanti si convinsero che la colpa di queste sciagure fosse da imputare alle streghe che vivevano nascoste nel borgo. Furono così accusate di stregoneria una ventina di donne che vennero processate, torturate e molte infine bruciate.
Questo periodo storico è testimoniato da un museo dedicato alla stregoneria, dove sono ricostruite le torture e le vicende del periodo: Museo Regionale Etnografico e della stregoneria.
Le vicinanze con il fronte francese fece di Triora e dei comuni limitrofi, luogo ideale per presidi nemici, infatti dopo l’8 settembre 1943 fu occupata militarmente dai tedeschi che condussero un’aspra opera di repressione sul territorio con rastrellamenti contro le formazioni partigiane. Il paese divenne quindi teatro di guerra tra partigiani e tedeschi. Quest’ultimi misero in ginocchio il paese che il 5 luglio 1944 fu fatto saltare in aria col tritolo, uccidendo i cittadini che non riuscirono a mettersi in salvo nelle campagne circostanti <24.
[NOTE]
18 Castelvittorio è posizionato su un colle coperto di ulivi nella Val Nervia. In L’epopea dell’esercito scalzo, Italo Calvino racconta alcuni episodi dei castellesi, abitanti di Castelvittorio, durante la lotta di Liberazione che hanno fatto fuggire i tedeschi.
19 Il paese prende il nome dai ventitré mulini ad acqua che si trovavano lungo il torrente Argentina e il rio Capriolo. Si trova ai piedi dello sperone su cui sorge Triora, dalla quale dipese fino al 1903. Ippolito Edmondo Ferrario, Elisabetta Colombo, Triora. Il paese delle streghe, Frilli, Genova 2007, pp. 70-71.
20 Questo ponte oggi è uno tra i più alti ponti d’Europa: fu costruito nel 1959 (misura 112 metri ed è una struttura di cemento armato ad una sola campata di 119 metri) ed è purtroppo tristemente noto alle cronache per diversi casi di suicidio.
21 La frazione di Creppo si presenta come un ordinato e pittoresco insieme di case rustiche con una bella strada ciottolata che l’attraversa fino al sagrato della chiesa dedicata a Maria Vergine. Ippolito Edmondo Ferrario, Elisabetta Colombo, Triora. Il paese delle streghe, Frilli, Genova 2007, p. 67.
22 Loretta Marchi, Uno dei tre è ancora vivo. Un racconto di Italo Calvino tra letteratura e storia, in Bollettino di Villaregia. Studi e ricerche di storia arte letteratura del ponente ligure, XIII – XIV – XV (2002-2003-2004) NN. 13-14-15, pp. 175-182.
23 Il toponimo Triora deriva dal latino «tria ora», tre bocche, che gli storici hanno ricondotto alle tre bocche di Cerbero, il cane infernale, posto alla custodia del mondo dei morti, che campeggia sullo stemma comunale. Secondo un’altra leggenda le tre bocche apparterrebbero a quella di Tages, Pompeio e Cerio, tre legionari disertori che all’epoca della conquista romana si sarebbero nascosti nella zona vivendo di furti e rapine. Ancora le tre bocche rappresenterebbero i tre affluenti dell’Argentina stesso: il Capriolo, il Gerbonte e il Grugnardo. Ippolito Edmondo Ferrario, Elisabetta Colombo, Triora. Il paese delle streghe, cit., p. 18.
24 Triora. Il paese delle streghe, cit., pp. 23-26.

Elisa Longinotti, Calvino e i suoi luoghi, Tesi di laurea, Università degli Studi di Genova, Anno Accademico 2022-2023

fig 70d. Un’ulteriore vista sul territorio descritto in Paura sul sentiero. Fonte: Matteo Banal, Op. cit. infra

Grazie alla barra di ricerca del tool è stato possibile individuare il Monte Pellegrino (citato da Calvino sia all’interno di Paura sul sentiero sia ne Il sentiero dei nidi di ragno) riportato dall’autore come Pellegrino, il Passo della Mezzaluna, il Monte Gerbonte (Gerbonte nella narrazione), Castagna, Creppo, Molini di Triora, Perallo, Langàn (sia il colle che il monte sono nella medesima area), Monte Ceppo (Ceppo), Bajardo (riportato come Baiardo), Bévera (sia la frazione di Ventimiglia che l’omonimo torrente entrambi citati nel racconto La fame a Bévera), Val Bévera e Ventimiglia.
[...] Restringendo il campo alla zona del bosco di Realdo si trova il rio Corvo, che ha scavato le rocce circostanti dando vita a una gola. Se noi prendiamo la lingua d’oc, al quale ceppo linguistico appartiene la zona nei pressi di Triora, rocce si trascrive ròche che italianizzato potrebbe diventare il luogo ampiamente ricercato: Rocche del Corvo. Nella stessa zona è presente anche la Gola del Corvo (in francese Col du Corbeau) e la località non abitata indicata come Corvo. Purtroppo non si trovano indicazioni di alcun tipo per il Rovere del Fariseo e della Bicocca che pur dovendo restare nei pressi della zona non trovano alcuna corrispondenza geografica.
Matteo Banal, Sui sentieri dei nidi di ragno. Un’esplorazione visuale dello spazio geoletterario, Tesi di laurea, Politecnico di Milano, Anno Accademico 2018-2019