martedì 30 settembre 2025

Ci vorrà qualche anno per far sì che i quotidiani nazionali si interessino a Torri Superiore

Fig. 2. Torri Superiore all’inizio della fase dei restauri. Fonte: Samuele Briatore, Op. cit. infra

Delineare la storia di Torri Superiore non è semplice, considerando che viene presa in esame una porzione di Torri, frazione di Ventimiglia. Infatti il piccolo borgo si trova arroccato sopra la frazione di Torri, piccolo agglomerato urbano medievale diviso in due dal fiume Roja, a una decina di chilometri dal capoluogo Ventimiglia.
Torri Superiore negli anni Ottanta era completamente disabitata, faceva eccezione un solitario, Nando Beltrame, che era l’unico residente. La particolarità di Torri Superiore è la completa aderenza al progetto rurale iniziale, infatti le sue caratteristiche costruttive e strutturali sono rimaste intatte nel tempo.
[...] La costruzione degli edifici a Torri Superiore non è frutto di un unico intervento ma i lavori sicuramente si sono protratti per diversi secoli, alcune porzioni della fitta griglia costruttiva del paese sono state ultimate alla fine del settecento. In quest’epoca il villaggio raggiunse la massima densità infatti la struttura testimonia un’accoglienza di più di duecento abitanti.
Lo spopolamento avvenuto già nell’ ottocento e concluso nel dopoguerra, è dovuto principalmente alla carenza di lavoro, ma un fattore determinante è stato anche la collocazione geografica che ha visto per più di un secolo un continuo cambio di confine tra Italia e Francia, infatti è giusto ricordare l’intenso lavoro di Nilla Gismondi, che nel dopoguerra dedicò la sua vita per dare la possibilità a queste zone di essere ancora italiane. Infatti costituì il Comitato per l’Italianità in difesa dai profughi delle zone di confine cedute alla Francia <8.
Filosofia dell’intervento
L’intervento inizia nel 1983 dal volere iniziale di una coppia di torinesi, che appena giunsero a Torri Superiore ne rimasero affascinati e nel 1989 si impegnarono, considerata l’entità dell’intervento, a costituire l’Associazione Culturale di Torri Superiore. Attraverso lo statuto è facile individuare la filosofia dell’intervento: tra le finalità dell’associazione è di primaria importanza dare vita a una comunità basata sull’armonia e sul rispetto delle persone, della natura e dell’ambiente, superando ogni tipo di dogma e ideologia precostituita.
Questa riflessione fa notare una prima differenza dagli altri esempi di valorizzazione: in questo caso l’accento non è messo sull’aspetto del recupero del patrimonio culturale, architettonico e paesaggistico ma sulla creazione di una societas diversa.
Infatti nei punti a seguire sarà ampliato il concetto secondo cui la vita nel borgo contribuisca al movimento mondiale per la salvaguardia dell’ambiente e la tutela dei diritti umani.
Solo tra gli ultimi punti dello statuto troviamo l’interesse artistico e culturale del luogo, considerato però funzionale alla finalità dell’associazione, infatti si legge che Torri Superiore rappresenta un prezioso patrimonio storico culturale del territorio e per i propri caratteri urbaistici è idoneo alle finalità culturali ed umane che si vogliono perseguire.
Per far sì che il luogo non diventi una località in cui soggiornare solo alcuni mesi all’anno, l’associazione si impegna a promuovere attività economiche collettive e individuali che provvedano al sostentamento degli abitanti, permettendo l’insediamento stabile a Torri. Per essere associati bisogna essere presentati da due soci e all’atto dell’ammissione ci si impegna a prestare opera in modo costruttivo e in armonia con gli altri soci. Prima di essere associati il candidato dovrà passare un periodo di prova di massimo un anno e successivamente dovrà essere accettato dall’intera comunità.
La collettività però non è concepita per essere autoreferenziale e chiusa su se stessa, infatti si impegna a costruire un centro studi per la diffusione, la ricerca e l’informazione delle tematiche trattate, inoltre, anche se non si è associati, è possibile soggiornarvi: sono ospitati tutti quelli che desiderino sostenere e diffondere lo scopo dell’associazione ed i suoi intendimenti. È specificato che nessuno potrà trarre profitto privato dalla comunità, né percepire una rendita propria.
Il progetto ambizioso era quindi di restaurare interamente il borgo antico e di inserirvi all’interno una collettività che ne condividesse la spinta originaria. Nel 1995 erano agibili solo tre stanze e in esse presero la residenza i primi tre pionieri dell’avventura che possiamo riassumere nella parola ecovillaggio (fig. 2). Che cosa sia un ecovillaggio non è cosa facile da spiegare, considerati i tanti aspetti e il forte senso di appartenenza a un determinato territorio; a tratti generali possiamo dire che sono insediamenti abitativi a misura d’uomo nei quali ci si impegna a seguire e creare modelli di vita sostenibili in accordo con l’ambiente.
Questo forte legame con la natura ha caratterizzato la filosofia dell’intervento non solo dal punto di vista della valorizzazione, ma anche per quanto riguarda il recupero, infatti Torri Superiore è stata interamente recuperata seguendo i principi della bioarchitettura, infatti nello statuto si evidenzia che l’associazione si impegna a promuovere e realizzare il recupero e la rivitalizzazione, proteggendo e valorizzando i suoi originali caratteri architettonici e urbanistici ovviamente seguendo i criteri ambientali e naturalistici su cui è fondata la “comunità”. Il recupero, in vista degli ideali di condivisione e di rispetto, è stato svolto grazie a intensi campi di lavoro di giovani provenienti da tutto il mondo autonomamente, attraverso organizzazione ambientaliste, servizio civile internazionale e organizzazioni scoutistiche.
[...] Uno dei primi articoli che evidenzia le potenzialità di Torri Superiore sarà pubblicato sulla rivista «Essere» nel settembre del 1988 dove Piero Caffaratti, promotore del Progetto Torri Superiore, rilascia una lunga intervista nella quale delinea la filosofia e la progettualità che desidera intraprendere a Torri Superiore. Nell’intervista si parla della creazione di un centro sensibile alla natura e alla sostenibilità architettonica, ricettiva e abitativa. La realizzazione di un villaggio alternativo improntato sulla cooperazione è la linea guida del progetto, la creazione di un falansterio sta prendendo lentamente forma nel piccolo paese di Torri Superiore. In varie parti dell’articolo si chiede ai lettori di partecipare alla ricostruzione del paese e alla partecipazione attiva al progetto da parte non solo di italiani ma anche di stranieri e così avverrà nel futuro di questo piccolo borgo medievale.
Ci vorrà qualche anno per far sì che i quotidiani nazionali si interessino a Torri Superiore, uscendo dal circuito della stampa specializzata. L’11 settembre 1993 il quotidiano «Il Secolo XIX» dirà che il vecchio borgo medievale di Torri sta lentamente rinascendo grazie al volontariato internazionale; in questo articolo non si parla ancora di ristrutturazione del borgo ma di pulizia e recupero limitato. In questo periodo «Il Secolo XIX» evidenzia l’acquisizione dell’intero borgo da parte dei promotori dell’intervento.
Sarà nel 2000 che Torri Superiore avrà il definitivo lancio mediatico attraverso il settimanale «D. La Repubblica delle Donne» allegato a «La Repubblica». Titolo dell’articolo sarà "La favola del villaggio. Un giorno a Torri. Dove in venti vivono un’utopia che funziona". La giornalista V. Vantaggi dà una descrizione fiabesca, nottetempo del borgo, paragonandola a un disegno di Escher. Per la prima volta l’attenzione si sposta dall’aspetto politico-organizzativo orientandosi verso la definizione di ecovillaggio, parola ancora non in uso in Italia ma in uso dagli anni settanta negli Stati Uniti. Difatti viene descritta la vita all’interno del borgo medievale come dimostrazione dell’idea che si può abitare un luogo rispettando le leggi della natura, inoltre vengono descritte le attività economiche che vogliono intraprendere.
Nel marzo del 2002 due quotidiani nazionali parleranno di Torri, «La Stampa» il 19 e «Il Secolo XIX» il 12. L’attenzione ora è rivolta all’apertura delle attività ricettive già annunciate del 2000. Nel piccolo borgo ligure è stato inaugurato il primo ristorante e il primo albergo. In questi articoli per la prima volta di parla di bioarchitettura e tecniche di restauro naturali e tradizionali inserite all’interno dell’ottica del risparmio energetico, si evidenziano l’utilizzo di intonaci naturali, calce, legno, cotto.
Nella rivista «Volontari per lo sviluppo» si darà molto spazio a Torri Superiore e grazie alla sua distribuzione internazionale assicurerà una diffusione europea del progetto. Per la prima volta una rivista di settore darà la definizione di ecovillaggi definendoli come insediamenti a misura d’uomo, rurali e urbani che aspirano a creare modelli di vita sostenibile. Oltre alla descrizione dei restauri vengono anche evidenziati gli aspetti di gestione ecosostenibile, come l’utilizzo degli scarti della potatura per alimentare il fuoco della cucina e del riscaldamento, l’assenza di concimi anche naturali per la coltivazione e la produzione di cibi e saponi. Inoltre si sottolinea la differenza tra agriturismo e ecovillaggio definendolo una comunità.
Nel 2005 il periodico di architettura «Casaviva» è attento all’aspetto del restauro e della preservazione delle caratteristiche architettoniche e ambientali del territorio. «Terra Nuova» nel giugno 2006 pubblica un intero inserto descrivendo Torri come l’alternativa al vuoto consumismo dei centri turistici alla moda. Torri Superiore, piccolo gioiello di architettura medievale popolare, è considerata qui un’ottima opportunità turistica a vocazione culturale, ambientale e sociale. La rivista offre una dettagliata documentazione fotografica soprattutto a testimonianza delle modalità di restauro.
Come spesso accade la stampa estera è più attenta rispetto alla stampa nazionale a ciò che accade in campo culturale. Di seguito riporterò solo gli esempi più importanti. Nella rivista «Permaculture Magazine» nel 2004, oltre a descrivere il villaggio, descrive anche gli abitanti definendoli foolish, idealists or pioneers. Si fa attenzione al periodo storico della nascita dell’idea, un periodo dove le strutture erano solo in cemento e l’idea della pietra e del limo ricordava solo la miseria. Vengono evidenziati i criteri di restauro, molto attuali ora ma assolutamente non contemplati negli anni Ottanta. La rivista inglese, con approccio molto tecnico, mette in luce l’importanza del riscaldamento a bassa entalpia, alimentato da una caldaia mista solare e gas.
Sempre nel 2004, la rivista statunitense «Communities» pone l’accento sul gruppo di persone e la loro scelta responsabile di vivere in modo altro. Descrive i meccanismi associativi e i relativi costi economici, analizzando gli ingranaggi organizzativi. Il giornalista inoltre delinea i profili degli abitanti del piccolo borgo e la modalità di accettazione all’interno della comunità.
Nel 2007 sarà l’importante rivista francese «l’Ècologique» a stupirsi per la meraviglia del posto e per lo stile di vita assolutamente non convenzionale. Come in «Permaculture Magazine» viene analizzata la tecnologia utilizzata soprattutto per il riscaldamento e l’isolamento termico, viene messa in luce l’offerta turistica presente sul territorio e le iniziative in essere a Torri come i corsi di yoga e shiatsu.
Nell’ottobre del 2008 anche la stampa spagnola guarda con interesse l’esempio di Torri. «Ecologìa y Desarrollo» vede in questo piccolo borgo un’esperienza di benessere e consenso, proponendolo come una meta turistica alternativa dove poter prendere contatto con un passato che può essere un’opportunità per il futuro.
8 M. Fini, Val Roja mutilata. Nilla Gismondi, una vita per difendere il diritto di essere italiani, Edizioni Team 80, Milano 1987. 
Samuele Briatore, Valorizzazione dei borghi storici minori. Strategie di intervento, Edizioni Diabasis, 2011

domenica 21 settembre 2025

Le torri saracene fino a ieri


"Uomini in fiamme" e "Il carico umano" sono gli ultimi due libri di Mirko Servetti, poeta ligure, nato ad Alassio il 5 febbraio 1953 e scomparso a Imperia il 2 luglio 2023. Due libri ai quali ho contribuito, nella veste di coautore. Gesti letterari nati da una collaborazione artistica, che è stata naturale conseguenza di un’amicizia iniziata nel 2014 ai tempi di Matisklo Edizioni. Matisklo piccola e coraggiosa casa editrice di Savona, ideata e diretta da Francesco Vico e Cesare Oddera, nella quale pubblicavano opere autori off mainstream come la poetessa Vera Bonaccini e il filologo Fabio Barricalla (entrambi amici di Mirko). Realtà di innovativa rottura che ha però cessato l’attività da qualche anno. In quel 2014 io e Mirko avevamo due libri, anzi due eBook pubblicati da Matisklo: lui "Terra bruciata di mezzo-tra Vespero e Lucifero" ("Il mio libro migliore", mi avrebbe sempre ripetuto negli anni a venire), ed io, insieme a Roberto Keller Veirana e con un contributo poetico della compianta Serena Zaiacometti, "Il verso dei lupi". In tutta sincerità devo a quel momento che amo definire “gli anni di Matisklo” l’incontro e la sintonia umana con Mirko e la sua poesia che ha portato al nostro dittico su carta [...].
Carlo Di Francescantonio, Caro, carissimo Mirko Servetti! Poeta, ma prima di tutto Amico, L'Altro Settimanale, 5 febbraio 2024 

Mirko Servetti è nato ad Alassio nel 1953 e viveva ad Imperia, dove è scomparso nel 2023. I suoi libri di poesia, dopo l’esordio con Frammenti in fuga (Lalli Editore, 1981, scritto in coppia con Teresio Zaninetti), sono: Quasi sicuramente un’ombra (Forum/Quinta Generazione, 1984); il poema Canti tolemaici (Tracce, in due volumi, 1989 e 1993); L’amor fluido (Bastogi Editrice, 1997); Quotidiane seduzioni (Edizioni del Leone, 2004); Canzoni di cortese villania (Puntoacapo Editrice, 2008, riunisce con alcune variazioni le due precedenti raccolte); Terra bruciata di mezzo-fra Vespero e Lucifero (Matisklo Edizioni, 2013, poemetto in digitale); Indefinito Canone (Matisklo Edizioni, 2016, versione digitale e cartacea).
[...]
Le torri saracene fino a ieri
gli ossigeni splendenti in mare aperto
acquaioli e bruni contrabbandieri
sapevano decifrare i deserti.
Gli altri erano sempre gli altri l’esperto
di maree confidava che i filari
(Dio divenne poi un prezioso reperto)
sputassero un mosto da capogiri.

Il deserto è una notte che non basta
nominare e vedere da vicino
i profughi portano a spalla paesi
interi alcuni con aria entusiasta
raccolgono acqua e notte in un catino
riuscendo a sognare per mesi e mesi

Mi scapicollo per viuzze leggere
a rotta di sasso verso un altrove
in piena discesa fino alle nuove
viste che occultano il quieto terziere.
Scheletrici pilastri di un cantiere
mai avviato sfregiano il cielo fin dove
puoi toccarne il dolore. Per ben nove
lune ne ho custodito il forziere

anzi lunaire cercavo Malvine
in ogni sua minor costellazione
e nelle umide alcove e nel beffardo
balzello del sole sulle colline
nel tempo e nel suo mutar direzione
forse in tempo per squagliarne il ricordo
[...]
Redazione, Mirko Servetti, Italian Poetry   

Sembrava l'ultima parte del viaggio
un cielo sereno dopo la guerra
che sperse il mio corpo nella tempesta
le nostre allegrie rinacquero a maggio.
Trovammo memoria e insieme
                                              [coraggio
pazzi di gioia tornammo alla terra
folli d'amore e di vino alla testa
del sole arraffammo l'ultimo raggio
e poi a nuotare nel fiume più terso
spremendo sidro dai frutti più ghiotti
ché si cospargon di me le acqueforti
e tu che perduta apri all'universo
labbra di carta e amorevoli motti
m'investi ariosa di piccole morti.
Mirko Servetti, Canzoni di cortese villania
Fabio Barricalla, Luca de Vincentiis, Rossella Masper, Serena Pieraccini, Rebecca Rodi, Amici, Poeti. Tazebao, Sanremo, 20 agosto 2023 

[Mirko Servetti] Esordisce nella seconda metà degli anni Settanta con poesie, interventi critici e d’opinione sulle pagine della rivista Alla Bottega. Risale a quegli anni l’incontro con Teresio Zaninetti (1947-2007) e, proprio da quell’intensa frequentazione, nasce “Frammenti in fuga”, silloge poetica a quattro mani, edita nel 1981 da Lalli Editore.
Seguono collaborazioni con diversi importanti periodici di letteratura ed un assiduo rapporto con Logos, la rivista fondata nel 1982 da Zaninetti, dalla quale si allontanerà polemicamente qualche anno dopo.
Intorno alla metà degli anni Ottanta comincia anche la lunga ed ininterrotta corrispondenza con Giorgio Bárberi Squarotti, considerato mentore e preziosa guida, che esprime giudizio positivo su “Quasi sicuramente un’ombra”, secondo volume di versi apparso nel 1984 per l’editrice Forum/Quinta Generazione.
Nel frattempo lavora al poema “Canti tolemaici”, il cui primo volume, intitolato “Degli scherzosi proemî”, vedrà la luce nel 1989 per i tipi di Edizioni Tracce.
A quegli anni risale anche l’adesione alle antologie poetiche in tape “Paté de voix” (1982) curata e pubblicata da Offerta speciale, e “Baobab”, in collaborazione con il musicista ed amico Walter Ferrandi, che esce nel 1986 con Tam-Tam, la rivista del compianto Adriano Spatola. Queste esperienze, che inizialmente lo vedono scettico, suggellano però l’interesse per la “poesia sonora”, che si concretizzerà in anni più recenti con la partecipazione a numerosi reading, soprattutto in Liguria, amata terra natale.
“Canti tolemaici” suscita, intanto, il positivo interesse di molti poeti e uomini di pensiero italiani, quali Alessandro Raffi (con cui comincia una proficua amicizia), Paolo Ruffilli, Maria Grazia Lenisa, Antonio Spagnuolo e Giò Ferri, che firma la prefazione al primo volume. La seconda parte, “Le rifrazioni asimmetriche”, pubblicata da Bastogi Editore nel 1993, sarà prefata proprio da Maria Grazia Lenisa.
Nel 1997, sempre Bastogi stampa la raccolta di sonetti “L’amor fluido”, con prefazione di Bárberi Squarotti.
Si allargano e si intensificano i contatti con i migliori periodici letterari. Collabora col gruppo toscano di ricerche intermediali Eliogabalo alla realizzazione del cortometraggio sperimentale “Ciack… la prima!”, girato presso un centro psichiatrico e di cui cura la regia.
Nello stesso periodo entra in contatto con la rivista L’area di Broca, dando inizio ad una nutrita e amichevole corrispondenza con Mariella Bettarini [...].
Redazione, Mirko Servetti, Bibbia d'asfalto poesia urbana e autostradale 

sabato 20 settembre 2025

A Cosio d'Arroscia è stato creato lo Spazio Piero Simondo


A Torino, la Rotonda di Talucchi all’Accademia Albertina di Belle Arti ospita, dal 21 ottobre 2021 al 9 gennaio 2022, la mostra Piero Simondo. Laboratorio Situazione Esperimento, promossa dall’Archivio Simondo e curata da Luca Bochicchio. Si tratta del primo approfondimento monografico e retrospettivo sull’opera di Piero Simondo (Cosio di Arroscia, 1928 - Torino, 2020), tra i fondatori dell’Internazionale Situazionista e particolarmente legato alla città di Torino, dove l’artista si è spento il 6 novembre 2020 e dove ancora oggi ha sede il suo archivio.
Nato a Cosio di Arroscia (Imperia) nel 1928, Piero Simondo frequentò l’Accademia Albertina di Torino dal 1949 (contemporaneamente alla Facoltà di Chimica) e lavorò incessantemente come artista e teorico, creando gruppi cooperativi artistici come il CIRA e i Laboratori Sperimentali all’Università di Torino. La mostra offre per la prima volta un ampio sguardo sull’ampia produzione sperimentale dell’artista, dalle prime produzioni degli anni Cinquanta alle ultime degli anni Duemila.
Dopo l’anticipazione di Alba, presso la Chiesa di San Domenico (fino al 12 dicembre), la mostra di Torino costituisce la seconda tappa di una retrospettiva antologica sull’artista che si articolerà tra il Piemonte e la Liguria, regione in cui Simondo nacque nel 1928, e che oltre all’Accademia Albertina vedrà nel 2021 un evento collaterale a Casa Ramello, a San Maurizio Canavese (a cura de La Bottega delle Nuove Forme). Nel 2022 il viaggio di questa mostra antologica proseguirà al MuDA Casa Museo Jorn di Albissola Marina (maggio 2022), con due spin-off: al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea (con opere di Simondo all’interno dell’allestimento Espressioni. Epilogo, gennaio 2022) e a Cosio di Arroscia (IM), con un evento nello Spazio Piero Simondo (estate 2022).
A integrazione della mostra sarà pubblicato un volume (coedizione Gli Ori-Albertina Press, con il contributo di Compagnia di San Paolo, Fondazione CRC e Fondazione De Mari) in italiano e inglese, con la duplice funzione di documentare l’esposizione e proporre una riflessione sulla figura dell’artista, grazie a contributi di autorevoli studiosi di critica e storia dell’arte, filosofia e visual studies: Luca Avanzini, Paul Bernard, Luca Bochicchio, Franco Brunetta, Flaminio Gualdoni, Karen Kurcynski, Lisa Parola, Sandro Ricaldone, Maria Teresa Roberto, Marco Senaldi, Sara Tongiani.
Redazione, Torino, la prima retrospettiva su Piero Simondo è all'Accademia Albertina, Finestresull'Arte, 2 novembre 2021   

[...] Le sale espositive del Centro esposizioni del MuDA e di Casa Museo Jorn ospiteranno una accurata selezione di dipinti, monotipi, sculture e video che, attraverso la loro eterogeneità, scandiscono i decenni di attività di Piero Simondo, attraversando tutta la seconda metà del secolo e soffermandosi su aspetti poco noti della produzione artistica dell’artista originario di Cosio di Arroscia.
4 giugno - 4 settembre 2022
Orari:
MuDA Centro Esposizioni - Via dell’Oratorio 2, Albissola Marina
Orari di apertura: da martedì a domenica 10 - 12 / 17 - 19. Chiuso il lunedì
MuDA Casa Museo Jorn - Via D’Annunzio 6-8, Albissola Marina (Loc. Bruciati)
Orari di apertura: martedì 9 - 12, giovedì 15 - 17, sabato e domenica 10 - 13 / 16 - 19 (fino alle 20 nei mesi di luglio e agosto)
[...] La rotonda centrale dell’Ipogeo dell’Accademia Albertina sarà occupata da un’installazione inedita di Piero Simondo, risalente ai primi anni ’70, che apre simbolicamente il percorso espositivo articolato lungo le suggestive sale comunicanti del sotterraneo. In ogni ambiente, una accurata selezione di dipinti, monotipi, sculture e video scandisce i decenni di attività dell’artista, attraversando tutta la seconda metà del secolo e soffermandosi su aspetti poco noti della produzione artistica di Simondo.
Oltre ai monotipi - con cui Simondo diede inizio alla propria ricerca sperimentale ad Alba, nei primi anni ’50 insieme a Pinot Gallizio e successivamente ad Asger Jorn - in mostra saranno presenti le topologie, i dipinti tridimensionali realizzati a partire dai primi anni ’60 a Torino, che costituiscono una sorta di corrispettivo sperimentale agli studi teorici sul concetto di spazio nella filosofia di Poincaré (oggetto della tesi di laurea di Simondo in filosofia, con Nicola Abbagnano). Saranno inoltre esposti alcuni grandi dipinti che denotano la tensione verso lo spazio e l’ambiente architettonico, sottolineato anche da pannelli decorativi e sculture mobili. Tra gli anni ’60 e ‘90 l’artista sperimentò diverse tecniche di generazione spontanea dell’immagine (tra cui ipo-pitture, nitroraschiati, decalcomanie, collage), che nella mostra trovano ampio spazio nella sezione degli anni ’70 (con opere di stampo politico e sociale). Accompagneranno le opere alcuni video sperimentali ritrovati nell’archivio personale dell’artista.
Attraverso la mostra sarà possibile conoscere meglio l’originale ricerca artistica di Simondo, figura che ebbe un’importanza notevole per lo sviluppo delle relazioni artistiche, intellettuali e culturali internazionali nella città di Torino e nel territorio cuneese e savonese. Interessato ai processi di creazione delle immagini e alla situazione-laboratorio, Simondo ha sempre sperimentato tecniche e linguaggi espressivi anti-convenzionali evitando di inserirsi chiaramente in correnti, stili o tendenze e creando opere con tecniche e materiali disparati, elaborando metodologie e teorie anche in forma scritta e producendo numerosi libri e saggi su temi quali lo strutturalismo, il labirinto, il pensiero logico, la psicologia della conoscenza, l’arte elettronica. Analizzando le opere, gli scritti filosofici e i progetti creati lungo il corso della sua vita, è possibile seguire gli sviluppi del pensiero critico di un uomo che ha sempre cercato e trovato nel laboratorio e nella ricerca sperimentale le chiavi metodologiche e processuali di un’attività artistica in costante movimento, praticata in chiave sociale e didattica, oltre che estetica.
L’artista
Piero Simondo (Cosio d’Arroscia, Imperia, 25 agosto 1928 - Torino, 6 novembre 2020) è stato un importante artista e intellettuale italiano, esponente dei movimenti internazionali d’avanguardia del secondo dopoguerra.
Nel settembre del 1955 fonda ad Alba, con Asger Jorn e Pinot Gallizio, il Laboratorio Sperimentale del Mouvement International pour un Bauhaus Imaginiste (M.I.B.I.).
Sempre ad Alba, nel 1956, insieme alla sua compagna e futura moglie Elena Verrone, ad Asger Jorne e Pinot Gallizio, organizzò il Congresso Mondiale degli Artisti Liberi e diede vita alla rivista d’avanguardia Eristica. Nel luglio del 1957, in occasione di una vacanza nella sua casa di Cosio d'Arroscia, insieme a Michèle Bernstein, Guy Debord, Pinot Gallizio, Asger Jorn, Walter Olmo, Ralph Rumney e Elena Verrone fonda l’Internazionale Situazionista, da cui fuoriesce nel gennaio successivo con la moglie Elena Verrone e Walter Olmo, in polemica con Debord.
Nel 1962 fonda a Torino il CIRA (Centro cooperativo per un Istituto internazionale di Ricerche Artistiche) con il proposito di recuperare l'esperienza del Laboratorio di Alba.
Dal 1968 Simondo prosegue individualmente la propria ricerca artistica, dedicandosi alla produzione di opere bidimensionali e tridimensionali, fedele a una propria coerenza metodologica nella sperimentazione delle molteplici possibilità di configurazione dell’immagine. Tale ricerca si riflette in una intensa attività teorica, che spazia dal pensiero logico greco alla teoria dei colori, dalle pratiche di situazione alla computer art.
A partire dal 1972 e fino al 1996 ha lavorato all’Università di Torino, dove ha diretto i laboratori di attività sperimentali presso l’Istituto di Pedagogia presieduto da Francesco De Bartolomeis e ha tenuto la cattedra di Metodologia e Didattica degli Audiovisivi. Il 6 novembre 2020 Piero Simondo si spegne nella sua casa di Torino.
Il nome di Simondo è stato per lungo tempo collegato esclusivamente a questi gruppi e movimenti, e di conseguenza la critica e la storiografia artistiche ne hanno letto l’opera alla luce, anzi all’ombra, dei più rinomati compagni di ricerche situazioniste.
In realtà, dai primi anni Cinquanta ai primi Duemila, Simondo ha costantemente dipinto e lavorato in modo originale e autonomo, portando avanti le idee del Laboratorio Sperimentale oltre i confini e i limiti imposti dall’evoluzione di gruppi e movimenti che egli stesso aveva contribuito a creare anche nella Torino degli anni Sessanta e Settanta. Inoltre, anche focalizzandosi all’interno del perimetro situazionista, diversi aspetti necessitano di essere ulteriormente approfonditi: dal contributo teorico di Simondo e Verrone, fino ai rapporti di questi ultimi con gli esponenti delle neoavanguardie europee.
[...]
Nel gennaio 2016 Amelia Simondo, insieme a un team di studiosi, ha dato vita all’associazione culturale Archivio Piero Simondo. Grazie al lavoro svolto in particolare tra 2016 e 2018 dal Dott. Luca Avanzini, oggi il fondo di documenti e opere è archiviato a uno stadio pre-inventariale, permettendo così di avviare studi sistematici sul lavoro artistico e intellettuale di Simondo.
Negli ultimi anni si sono potuti cogliere chiari segnali di una rinnovata attenzione nei confronti di Simondo e delle sue ricerche. Il 21 e 22 settembre 2019, ad Alba, la Fondazione CRC e il Museo d’Arte Contemporanea Castello di Rivoli hanno organizzato una conferenza internazionale per celebrare e ripensare il Congresso Mondiale degli Artisti Liberi del 1956. L’Archivio Simondo è stato fra i partner dell’iniziativa, che ha visto la partecipazione di numerosi critici e storici dell’arte, tra i quali Hans Urlich Obrist e Tom McDonough.
Nel 2016 il famoso dipinto collettivo Senza titolo, realizzato nel 1956 da Simondo in collaborazione con Constant, Pinot Gallizio, Jorn, Kotik e Wolman, è stato esposto al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid ed è stato poi acquistato dalla Fondazione CRC. Più recentemente, la Fondazione CRC ha acquisito l’opera Figurine, del 1955. Altre opere di Piero Simondo sono conservate alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, al Museo d’Arte Contemporanea Castello di Rivoli, all’Archivio Pinot Gallizio, all’EAM Collection di Berlino, al Centro Studi Beppe Fenoglio di Alba, alla Biblioteca Civica “A. Arduino” di Moncalieri, al Comune di Alba, alla Fondazione Peano di Cuneo, al Comune di Cosio di Arroscia. Proprio a Cosio, nel luglio 2017 è stato creato lo Spazio Piero Simondo: un centro espositivo e informativo che accoglie e rende fruibile una selezione di opere realizzate dall’artista anche in collaborazione con i suoi compagni dell’avanguardia europea.
Redazione, Piero Simondo. Laboratorio Situazione Esperimento, OfficineBrand 

domenica 14 settembre 2025

Abbiamo trovato nel quartiere ecologico l’interpretazione che integra al meglio le esigenze del Comune

Fonte: Tesi cit. infra

L’obiettivo di questa tesi è quello di affrontare la progettazione di un nuovo quartiere residenziale a Vallecrosia, piccolo centro urbano in provincia di Imperia, cercando di soddisfare le direttive comunali e allo stesso tempo le istanze di efficientamento energetico ambientale, espresse nelle contemporanee progettazioni di eco-quartieri ed edifici N-Zeb <1.
Il punto di partenza del nostro lavoro corrisponde alla partecipazione alla competizione internazionale Solar Decathlon Europe 2019, avvenuta durante il Laboratorio di progetto Tecnologia e Ambiente, a cui la Scuola Politecnica di Genova ha partecipato insieme ad altre 8 Università italiane riunite nel Team SEEDItaly <2, di cui capofila è stato il Politecnico di Milano.
Fine della competizione è la progettazione di un Nucleo Abitativo N-Zeb, che sia concepito e progettato per essere innovativo dal punto di vista tecnologico, energetico, funzionale e formale. Il principio fondamentale della gara è che i progetti elaborati non rimangano prototipi fini a sé stessi, ma possano trasformarsi in edifici multipiano per la progettazione in scala urbana.
In sede di laboratorio quindi abbiamo sviluppato il prototipo base - modulo abitativo - elaborando il tema della competizione “densificazione urbana” come “densificazione verde” su base modulare, elementi che rimangono fondamentali nella fase di studio successiva per un edificio residenziale, che costituisce l’elemento base della pianificazione di un tessuto urbano.
Per l’applicazione di questo esercizio progettuale è stata scelta un’area all’interno del Comune di Vallecrosia per la quale l’Amministrazione prevede la trasformazione in Quartiere Residenziale, attualmente ad uso agricolo ma in stato di progressiva dismissione, caratteristiche che, facendone un “vuoto urbano” e una delle poche aree rimaste disponibili per interventi di nuova costruzione, la rendono adatta a questa sperimentazione.
Identificato come Distretto di Trasformazione n° 12 (D.T. 12), il sito si estende su circa 98.500 mq ed è suddiviso in 7 sub-distretti che ne differenziano a livello normativo i limiti quantitativi dell’intervento in termini di superficie agibile, numero di abitanti e standard urbanistici.
In sede di laboratorio il progetto è stato sviluppato ponendo maggiore attenzione sullo sviluppo del modulo abitativo in un quartiere residenziale, osservando solo parzialmente la normativa: l’organizzazione distributiva e funzionale dell’intervento è stata elaborata considerando il distretto nella sua totalità, tralasciandone la suddivisione interna in sub-distretti.
[...] L’idea della tesi nasce dalla volontà di coniugare il progetto originario sviluppato in laboratorio con una progettazione effettiva al fine di fare di questo intervento uno strumento per la risoluzione delle criticità esistenti e un’occasione di rilancio per il territorio.
In prima battuta è stato per noi fondamentale approfondire il significato di città giardino dalle sue origini ad oggi, cosa si intende per quartiere sostenibile e come questi due concetti si possano fondere e creare un unico pensiero pianificatorio che si possa rapportare con Vallecrosia nella sua realtà urbana e normativa.
Questa ricerca ci ha portato all’approfondimento dei riferimenti tipologici dati dal comune, il quale, per città-giardino intenderebbe una realtà di sobborgo residenziale a medio bassa densità insediativa, caratterizzato dalla presenza del verde e che viene resa conforme alle attuali necessità di efficientamento energetico attraverso l’orientamento tipologico del quartiere sostenibile, intendendo con questa espressione il livello più prettamente tecnologico e prestazionale dell’intervento.
Alla luce di queste considerazioni abbiamo trovato nel quartiere ecologico l’interpretazione che integra al meglio le esigenze del Comune quindi gli aspetti imprescindibili della città-giardino e quelli del quartiere sostenibile armonizzando in un approccio unitario i due relativi livelli di pianificazione a fronte delle note esigenze ambientali, ma anche sociali.
Su questa base il progetto da singola proposta è diventato una sequenza di 4 possibili approcci progettuali, partendo dal più frammentario, derivato dalle regole dettate dal P.U.C., per arrivare a quello finale, unitario, in linea con l’approccio più ecologico, articolando la progettazione su criteri scelti e gerarchizzati a fronte dell’analisi dell’area, dei precetti della normativa urbanistica ed edilizia e della nostra elaborazione delle previsioni-richieste fatte dalla committenza.
[...] Una prima analisi della Normativa Edilizia del Comune di Vallecrosia per le nuove edificazioni suggerisce una tipologia edilizia assimilabile alla casa a schiera e a quella in linea, tipologie edilizie residenziali tradizionali fino all’avvento della densificazione urbana del Secondo Dopoguerra che, con la costruzione di palazzi fuori scala rispetto al contesto tanto nei volumi quanto nelle forme, ha stravolto il tessuto urbano di Vallecrosia, distaccandola anche sul piano estetico dalla vicina Bordighera.
Questa tipologia inoltre risulta in linea con il modello di città-giardino preso a riferimento per la Nuova Area Residenziale, evitando l’alta densità edificatoria.
[...] Passando ora all’analisi del progetto, il Distretto di Trasformazione n° 12 (D.T.12) si presenta come un lotto di circa 98.000 m 2 attualmente ad uso agricolo, si inserisce nella piana costiera dei Piani di Vallecrosia e si tratta di un vuoto urbano delimitato a nord dalla Via Romana, che perimetra l’area ad una quota relativa di + 7 metri, a ovest da Via Giovanni Bosco, ad est da Via Padre Pio e dal confine con Bordighera ed infine a sud da Via Angeli Custodi. Queste vie perimetrali al lotto sono tra quelle su cui si concentra maggiormente il traffico veicolare di Vallecrosia e attorno alle quali l’attività edificatoria è stata più intensa. Attualmente è occupato da impianti a serra in gran parte abbandonati e dal notevole impatto ambientale. Il P.U.C. prevede il completamento del processo insediativo attraverso la realizzazione di nuova edilizia residenziale che dovrà essere caratterizzata da un elevato standard qualitativo dal punto di vista architettonico e dal punto di vista della sostenibilità ambientale e bio-ecologia, tale da porlo come modello di sviluppo e di studio in grado di attrarre un “turismo professionale”.
[NOTE]
1 N-Zeb, nearly Zero Energy Building, si intende un edificio a rendimento energetico elevato, il cui fabbisogno energetico (seppur minimo) venga coperto in larga parte da fonti rinnovabili. Il concetto espresso da questo termine si può assimilare a quello di casa passiva.
2 SEEDItaly, Sustainable Energy Efficient Design Italy, coordinato dal Politecnico di Milano.
Beatrice Boido e Federica Cannici, Cambiare Vallecrosia: da un modulo abitativo ad un eco-quartiere, Tesi di laurea, Università degli Studi di Genova, 2019 

venerdì 5 settembre 2025

La Parasenegalia Visco è segnalata in Italia solo in Sicilia e a Ventimiglia


La Parasenegalia Visco di Via M. E. Basso a Nervia di Ventimiglia (IM). Foto: Silvana Maccario

Il mio mondo di appartenenza, quello vegetale, ieri e oggi.
I primi boschi che ho attraversato e percorso quelli delle favole raccontate dagli adulti.
Quello pieno di paura di Cappuccetto Rosso, quello allegro di Pollicino che sapeva come non perdersi, quello protettivo della Bella au bois dormant, quello pauroso attorno al palazzo di Barbablù.
Più avanti i boschi addomesticati sarebbero stati quelli delle nonne, avrei fatto conoscenza con i lillà in cui avrei tuffato il naso, la Justicia carnea chiamata Giustizia, con i suoi fiori tubolari che avrei scoperto ricchi di un dolce nettare, e gigantesche ortensie. Queste le mie prime amiche perchè avevano un nome come lo hanno i veri amici. Gli adulti quasi mai mi presentavano i veri nomi e cognomi, come avrei poi imparato in seguito, se non qualche volta in dialetto.
C’era nel giardino di una nonna una rosa che solo anni dopo avrei potuto chiamare e salutare.
Una rosa diffusa nelle coltivazioni del ponente che i floricoltori spedivano nel nord Europa.
Era la Gruss an Koburg, ibridata da Ducher in Germania.
A scuola [n.d.r.: a Ventimiglia, località Nervia] avrei amato il profumo del Pitosforo, sotto cui saremmo state fotografate nel cortile della scuola, noi piccole alunne dal grembiule con il fiocco, insieme alla maestra. 
All’ingresso tre imponenti alberi ignoti mi avrebbero inebriato con il loro profumo annunciandomi la fine dell’anno scolastico. Le chiamavano Gaggie, non è stato facile risalire alla sua vera identità. Forse erano state piantate dal dottore e benefattore Ludovico Isnardi nel 1918-9 quando vicino agli scavi romani eresse la sua clinica.
Clinica che nel tempo avrebbe avuto diversi utilizzi.. Collegio di suore francesi, e poi scuole statali elementari, per diventare Ospedale ed essere recentemente abbandonato.
I suoi pesanti rami contorti hanno sostegni in cemento per evitarne la rottura. Le chiome sono immense e raggiungono la sovrastante via Aurelia e le sue radici saranno finite sotto i mosaici romani raffiguranti i delfini.
Ancora oggi quando transito da quelle parti apro il finestrino dell’auto per far entrare quell’aroma avvolgente che sa di terre lontane.
Dopo infinite diatribe tra gli appassionati si è giunti alla sua esatta identificazione. Arriva dall’Argentina, Bolivia, Perù, ama le altitudini i terreni aridi e il caldo.
È segnalata in Italia solo in Sicilia e a Ventimiglia.
Si chiama Parasenegalia Visco o più comunemente Acacia Visco.
Del grande Gelso che si affaccia alla finestra dell’aula sapevo molte cose imparate sul libro scolastico.
Sempre da quelle parti, mi appassionava per la forza che esprimeva, una pianta dal fogliame grigio-argenteo e dai fiori giallo limone, arrampicata a strapiombo, cresciuta in una crepa del Cavalcavia ferroviario, con vista sulle terme romane, anche lei innominata.
Il suo nome era Nicotiana glauca.
Ama le macerie e i muri vive di niente.
Ho occupato crescendo e diventando adulta e ormai con i capelli bianchi, di cercare  di dare un nome alle piante anche le più umili che erroneamente si chiamano erbacce.
Sono diventate così care amiche che mi hanno raccontato le loro storie che sono racchiuse nei loro nomi botanici, che a saperle leggere ci forniscono la loro esatta identità.

Silvana Maccario

giovedì 4 settembre 2025

Un recente libro dedicato alle figure femminili più significative della Resistenza nel Ponente ligure


"Protagoniste. Storie di donne e Resistenza nel Ponente ligure” è un volume appena pubblicato da Fusta Editore, scritto da Daniela Cassini, Gabriella Badano e Sarah Clarke Loiacono allo scopo di recuperare attraverso fonti locali che vanno dall'Istituto Storico della Resistenza (ISRECIM) ad archivi privati, le figure femminili più significative della Resistenza nel Ponente ligure. Lo scopo della ricerca è dichiarato già nel titolo: colmare una lacuna pesante negli studi sulla Resistenza nella provincia di Imperia, dando voce alle storie spesso taciute delle donne che furono protagoniste della lotta di liberazione dal nazifascismo in questa area.
Vengono così raccontate storie personali, come quelle delle sorelle Evelina e Giuliana Cristel, della loro attività resistenziale a Sanremo e della loro deportazione, di Dora Kellner, ebrea tedesca e intellettuale titolare della pensione “Villa Verde” a Sanremo, rifugio per esiliati e intellettuali, delle partigiane Alba Galleano (moglie dello scrittore Guido Seborga, anche lui partigiano) e Lina Meiffret: Sbaglierebbe chi pensasse ad un collage di storie individuali. Il libro ha anche una dimensione collettiva esplorando tra l'altro le vicende dei Gruppi di Difesa della Donna nella Provincia di Imperia. A mettere in luce l'importanza della rete creata da molte donne, tra cui contadine, staffette e commercianti, che fornirono supporto fondamentale alla lotta partigiana.
Questo libro si inserisce in un filone storiografico più ampio che negli ultimi anni ha cercato di recuperare e valorizzare il ruolo cruciale delle donne nella Resistenza italiana. Per troppo tempo, infatti, il contributo femminile alla guerra partigiana è stato marginalizzato o ridotto a funzioni di mero supporto logistico. Tuttavia, studi recenti e testimonianze dirette hanno sempre più evidenziato come le donne abbiano partecipato attivamente, anche come combattenti, staffette, organizzatrici e propagandiste, contribuendo in modo significativo al successo della lotta di liberazione prima e alle battaglie per l'emancipazione femminile nel dopoguerra.
Un libro scritto con molto cura, sensibilità tutta femminile e, perché no, con amore. Che intreccia fotografie, documenti, testimonianze e memorie familiari per ricostruire un mosaico di voci femminili di grande spessore. Un libro che restituisce finalmente dignità e notorietà alle donne del Ponente ligure che hanno lottato per la libertà. 
Giorgio Amico, Partigiane, ma prima di tutto donne, Vento largo, 12 luglio 2025