domenica 14 febbraio 2021

Cantare una nuvola


Foto: Giorgio Loreti

[…] Scritti inediti [di Lalla Romano]
[...]   
De Giovanni
Cantare una nuvola
Mi riesce molto difficile scrivere di poeti e poesie che incontro per la prima volta; un’urgenza di comunicare la mia scoperta mi fa rompere gli indugi, le perplessità.
Luciano De Giovanni l'ho incontrato una volta o due in anni lontani, ma fa parte del mio mondo. Tramite, da principio, quel Giovanni di San Remo, il mio grande amico fin dalla giovinezza e anche personaggio nei miei libri.
Alcuni piccoli versi - compaiono anche nel libro che recensisco - li conoscevo da tanto tempo e li ho sempre avuti cari.
«Ama la barca / il pescatore / il breve palpito / dei remi / l’oziosa attesa / degli almi / nelle vie / del mare» (p.24).
Ma quando ho ricevuto Tentativo di cantare una nuvola, la mia scelta si è appuntata, e la memoria me li ripete, su questi:
«Non c’è pace / per chi è / immenso » (p.58).
Sono parole nate dal silenzio, e in silenzio vanno ascoltate.
«Immenso» è il mare.
Fare poesia con poche parole lo fanno tutti, adesso; ma con parole vecchie e ormai usurate dal consumo letterario: mare, fiume, alberi, nuvole, può sembrare ingenuità - e in un senso alto lo è - certo è sapienza.
É dato solo a chi, piccolo o grande (ma non esiste una quotazione), è vissuto in modo che la sua vita e la sua poesia coincidano.
Per notizie biografiche su Luciano De Giovanni, rimando al libro, che reca come introduzione un testo molto vivo di Carlo Betocchi e una postfazione esauriente, che inizia con una citazione di Italo Calvino su «cos’è uno scrittore».
Qui per ora, l’impatto del lettore deve essere diretto, anche se limitato.
«Ogni cosa che tu m’hai dato / [...] i cieli di varie luci/ gli alberi solenni e silenziosi/ […] ogni cosa ti renderò, sgualcita / come un libro troppo letto / e mai capito» (p.23).
É una poesia non recente, ma già contiene un pathos conclusivo: c’è gratitudine e rammarico, come in un congedo. Il tu suona religioso. Sovente Luciano adopera un tu fraterno: «Ho guardato il tuo corpo di fiume / morbido potente e forte / e delicato e umido / [...] Dove vai, dove vai così di fretta / così sicuro di dove andare / mentre intanto sei qui con me / e mi confidi / che andare è più di tutto restare...» (p.51).
La fraternità con la natura, non generica ma individuale, è il profondo tema della poesia di Luciano.
Di tutte le fraternità che la vita crea e da cui può nascere la poesia, nel nostro tempo quella con la natura è quasi inesistente: sostituita dalla passione sportiva, dai viaggi, eccetera.
Per Luciano il rapporto è personale.
Nasce dalla contemplazione, ma è anche caldo di vita, ha accenti di stupore, di gioia
:
«oh, vento, come sei giovane, / sembri per la prima volta vento. // Cucciolo di vento sembri / mentre ringhiando giochi» (p.73).
Scrisse Carlo Betocchi: «…Certe tue poesie di sapienza naturale potrebbero essere intitolate Libro di dottrina naturale».
Ecco un esempio di questa «dottrina»: «L’albero già è / che tu pianterai / domani / nell’assonnata / gemma / del ramo / addormentato // [...]
è l’albero è ancora / che ieri / hai abbattuto / nel vuoto / del campo / che gli fu padre» (p.65).
Dal colloquio «privato» con un essere naturale nasce un’apertura nel tempo e nello spazio, un senso quasi panico ma pudico, segreto: «... so quanto basta e più della radice/ ed ho con lei un legame antico» (p.69).
Poiché è mia intenzione, mio compito, invitare alla conoscenza di questo poeta come a un’esperienza interiore, concluderò con la citazione di una poesia tra le recenti, «privata» e molto forte ma come sussurrata, sempre con ostinato pudore:
«Mia madre, quand’era un universo / ed io un suo crescente sole / non servivano le parole / bastava un tenue bussare / /per esprimere la presenza. / Poi, come s’usa dire, io nacqui, / poi, come s’usa dire // lei morì. Del tutto perso / ogni contatto. Definitiva // la partenza. Così s’usa pensare» (p.118) [...] [Lalla Romano]
Paolo Di Paolo, La scrittura critica di Lalla Romano, Tesi di dottorato, Università degli Studi Roma Tre, 2012
 

Il lavoro di ricerca
[quello di Paolo Di Paolo] nell’archivio di Lalla Romano (Milano, Via Brera) ha consentito di ricostruire una bibliografia complessiva dei suoi scritti di carattere critico (compresi fra il 1947 e il 2001): accanto all’attività di poetessa e pittrice prima e di narratrice poi, Romano ha costantemente collaborato con riviste e periodici. Per lunghi periodi è stata titolare di rubriche di recensioni e ha avuto quindi modo di analizzare un vasto numero di opere di autori suoi contemporanei. Dall’analisi dei testi pubblicati e dei rispettivi appunti preparatori, minute ecc., è possibile verificare come gli aspetti più peculiari - su un piano perfino di struttura sintattica - della sua scrittura “creativa” siano fondanti anche della sua scrittura critica. La recensione diventa, per Romano, un “diario di lettura” che risponde agli stessi criteri di un qualunque altro suo testo in prosa e che soprattutto non si piega alle esigenze giornalistiche (interessanti sono gli scambi epistolari con capiredattori e direttori di testata), rivendicando un assoluto stilistico senza deroghe. Gli scritti critici di Lalla Romano consentono di tratteggiare una sorta di “biografia intellettuale” della scrittrice piemontese, che evidenzia - accanto alle relazioni con i protagonisti della cultura italiana di oltre mezzo secolo - la vastità dei suoi interessi, il gusto severo e l’anticonformismo con cui affrontava le scritture altrui. Nel laboratorio di lettrice e critica entrano in gioco anche i numerosi testi - pubblicati o inediti - attraverso i quali Lalla Romano si confrontava con sé stessa e con la propria scrittura nel corso degli anni: prefazioni, note, conferenze che la portano a ripensare i propri stessi libri, a precisarne anno per anno gli intenti e il senso, a definire con consapevolezza un itinerario di coerenza estrema. L’intento dello studio - articolato in due parti (la prima che consiste nella trattazione e la seconda che offre i materiali ricostruiti, laddove possibile, in tutte le fasi di redazione d’autore) - si conferma quello di mettere meglio a fuoco la personalità di un’autrice che - come ha scritto Giulio Ferroni - “con la sua vita, con la sua scrittura […] ha riscattato tutto ciò che di prezioso ha trovato nel mondo e nel secolo che ha attraversato”. Ne risulta anche l’opportunità di un’ulteriore discussione del rapporto problematico tra scrittura e vissuto, centrale nell’opera di Lalla Romano e rispetto alle odierne tendenze delle letterature internazionali. Arcadia UniRoma.

[...] l’archivio personale di Luciano De Giovanni - custodito fino a qualche mese fa dal figlio Giorgio a Sanremo (dove il poeta nacque il 29 luglio 1922) e in una piccola parte dalla figlia Annamaria a Montichiari (dove il poeta è morto il 3 dicembre 2001) - andava conservato in un luogo autorevole e attento alla cultura ligure del Novecento, qual è la Fondazione Mario Novaro di Genova, per essere studiato e valorizzato, come una prima ricognizione e questo quaderno hanno tentato di fare.
[...] I frontespizi autografati di questi volumi, oltre settanta, tracciano la mappa delle letture e delle conoscenze di De Giovanni: una geografia in gran parte ligure (con edizioni e dedicatari di Bordighera, Sanremo, Imperia, Albenga, Savona, Genova, Recco e Sarzana) ma qualche libro gli giunse da Milano, Firenze e d’oltreoceano, tramite lo stesso Verdicchio. Oltre al Fuochi fatui con dedica di Camillo Sbarbaro nell’edizione All’Insegna del Pesce d’Oro (Milano 1958) di Scheiwiller, editore che occupa molto spazio della biblioteca di De Giovanni, spiccano, anche per ricorrenza, i nomi di ElioAndriuoli, Fredi Chiappelli, Franco D’Imporzano, Sergio Ferrero (che attende giudizi e s’augura di non deludere De Giovanni), Roberto Rebora, Lalla Romano (che definisce De Giovanni «poeta del mare», 4 gennaio 1995), Bruno Rombi, Giovanni Testori («a Luciano De Giovanni di cui ho amato le bellissime poesie con affetto», 25 marzo 1971), Renato Turci e Guido Zavanone.
[...] È la fedeltà di De Giovanni alla sua terra (nativa o d’adozione che sia), e che ben lo apparenta ai maggiori poeti della «Riviera Ligure», vero com’è ancora una volta che in Liguria non si nasce o non si vive (e soprattutto non si scrive) senza avere almeno un debito verso quel paesaggio, e il suo singolare alfabeto <6.
6 Giorgio Caproni, Luciano De Giovanni per i tipi di Rebellato: Viaggio che non finisce, «La Fiera Letteraria», 9 marzo 1958, p. 3. Ora in Giorgio Caproni, Prose critiche, a cura di Raffaella Scarpa, prefazione di Gian Luigi Beccaria, Aragno, Torino 2012, vol. 2, pp. 1003-1007 (1005-1007).
Alessandro Ferraro, Partendo dal Fondo, «La Riviera Ligure», XXVIII, Anno XXX, n. 87/88, settembre 2018 - aprile 2019