mercoledì 24 marzo 2021

Anemoni coltivati e selvatici che abbondano nella fascia costiera e montana dalla Provenza al ponente Ligure

 

Anemone pavonina

In un passato relativamente recente, a seconda dei luoghi in cui si transitava all’inizio della primavera, poteva accadere di osservare piante di Anemone hepatica, mentre esibiscono la sorprendente varietà dei loro colori dal rosa al violetto; di incontrare poco distante i bianchi e delicati fiori dell’Anemone nemorosa; di imbattersi in un gruppo di timide corolle appena socchiuse di Anemone pulsatilla.
Questa premessa esemplificativa si rende necessaria per introdurre il tema delle periodiche revisioni sistematiche che impongono il cambiamento di un nome sino ad allora valido per riconoscere un genere o una specie.  
Fra le diverse Ranuncolacee, la Famiglia di appartenenza degli Anemoni è uno dei gruppi più importanti; l’attenzione particolare degli studiosi ha portata ad individuare sostanziali differenze morfologiche, tali da decretarne la suddivisione in tre Generi distinti: Anemone, Hepatica, Pulsatilla.  
 

Anemone coronaria

La prima, è l’antica denominazione nata per descrivere il luogo in cui queste piante della primavera nascono di preferenza, ossia le balze ventose; Plinio credeva che fossero proprio le raffiche del Re dei venti Eolo a provocare lo sboccio delle loro grandi corolle.
Ma già in precedenza Teocrito aveva contestato l'ipotesi sulla formazione del nome perché, secondo la sua opinione, il battesimo era dovuto alla constatazione che i petali dell’Anemone sono precocemente caduchi, corruttibili come le cose della vita; quindi non sarebbe derivato  dal termine greco "anemos" che significa "vento", ma dal latino "anima", ossia "soffio vitale".  
 

Hepatica nobilis

La denominazione Hepatica si deve invece alla somiglianza del rovescio fogliare pervaso di un colore rosso brunastro simile a quello del fegato e, di conseguenza, suggerì le presunte azioni curative della
pianta in questione nei confronti dell’omonimo organo.  
 

Pulsatilla montana

Pulsatilla, è per alcuni autori un battesimo di origine controversa, usato per la prima volta da Pierandrea Mattioli, il quale lo prescriveva come antidoto contro i serpenti.  Secondo alcuni deriverebbe dal verbo latino "pulso"; suggerito dai movimenti provocati dai refoli ventosi sui semi lungamente piumati.
 

Pulsatilla halleri

Per altri studiosi di etimologia si riferirebbe invece alle nefaste conseguenze subite da chi ne abbia ingerite le sostanze acri capaci, quando sono fresche, di provocare difficoltà respiratorie e far precipitare il battito cardiaco. Con gli Anemoni si entra direttamente in contatto con la sconcertante mitologia della classicità, ci si introduce nelle burrascose "telenovelas" mitologiche, costruite su relazioni al limite del pudore fra divinità ed esseri umani o con creature intermedie. Il grande vecchio dell’Olimpo, Giove in persona, sarebbe intervenuto nella disputa provocata dalla gelosia di Marte nei confronti della bellezza di Adone, terminata con la morte di quest’ultimo per opera di un cinghiale stimolato dal Dio della Guerra.
 

Anemone hortensis

Sta di fatto che, per Greci e Romani, soprattutto gli Anemoni rossi, avevano un forte valore simbolico sessuale perché costituivano i componenti principali dei cosiddetti Giardini di Adone.
Il lungo cerimoniale consisteva nel trapiantarne alcuni esemplari in cestini o altri recipienti all’inizio del solleone e di esporli sui tetti delle case. In breve tempo le piante sarebbero seccate  simboleggiando la vita di Adone: passionale e rapida.  
 

Pulsatilla alpina apiifolia

Gli Anemoni servivano infatti per una serie di funzioni parareligiose, chiamate Adonie; una sorta di carnevale della durata di una settimana,  in parte a carattere pubblico, in parte privato; caratterizzato soprattutto dall’inversione dei ruoli del gioco amoroso perché, nella specifica occasione, erano solamente le donne a rendersi intraprendenti.
 

Pulsatina alpina frutto

I Greci inserivano l’Anemone blanda, una splendida specie non presente in Italia se non nella coltivazione orticola, fra i fiori più importanti della tarda primavera ed avevano preso l’abitudine di coltivarlo per la realizzazione di festoni e ghirlande. I Romani, per questi stessi utilizzi decorativi, gli preferivano l’Anemone coronaria che chiamavano “Limonia” (ossia "dei prati"). I medici e gli erboristi lo riconoscevano invece sotto il battesimo di “Eremio” ("solitario") e se ne servivano per curare il mal di testa, le infiammazioni, i disturbi uterini.  
Plinio ne distingue essenzialmente due varianti, uno silvestre ed uno coltivato: "Di quest’ultimo ne esistono più specie con fiore fenicio, la più numerosa, o purpureo o latteo".
Ha le foglie simili all’Apio (Apium graveolens ossia il comune Sedano) le quali superano in altezza il mezzo piede ed  hanno la punta simile all’Asparago.  
Il fiore non si apre se non quando spira il vento e da questo presero nome. Quello silvestre ha fiori e foglie più larghe per cui molti lo credono un Argemone, altri un Papavero, ma si distingue da questi per le sue varie proprietà; entrambi questi generi fioriscono dopo e non danno l’estratto che dà  l’Anemone, non hanno i calici né la punta di Asparagio.  
"Provocano la formazione del latte ed il flusso mestruale - scrive sempre Plinio - se ingeriti assieme alla tisana d’orzo o se vengono applicati in panno di lana come cataplasma. La radice pestata elimina i catarri, cura le gengive, mentre bollita impedisce la lacrimazione e guarisce le cicatrici".  
Plinio riferisce anche della grande importanza attribuita agli Anemoni da parte dei guaritori dell’epoca. Per rendere più efficaci i poteri curativi la raccomandazione era quella di cogliere il primo Anemone spuntato nell’anno; nessuno dubitava che sarebbe stato il più efficace contro le febbri intermittenti.
Ma non basta; se si avvolgeva in una pezzuola rossa, si conservava in luogo ombroso, il fiore si sarebbe tramutato automaticamente in amuleto, già attivo per contrastare il primo guaio all’orizzonte.
 

Anemone ranuncoloides

Per i veterinari professionisti o dilettanti dell'epoca, la poltiglia ottenuta pestando la radice di Anemone a fiore rosso sanava invece le piaghe e le ferite degli animali.  In un modo o nell’altro dai racconti mitologici e dalle usanze di ogni genere che ne sono derivate, traspaiono i significati attribuiti dalla tradizione e dalla emblematica floreale a queste piante: quelli di melanconia, abbandono, tristezza, richiamati dalla fragilità dei loro petali.  Ed infatti, già presso gli Egizi, simboleggiava il dolore e la malattia; per gli Etruschi accompagnava i periodi di lutto e persino i lontani Cinesi lo chiamavano "Fiore della morte".  
Molti secoli dopo, le ragazze del Medio Evo, prive delle comodità offerte dai messaggini del cellulare, erano costrette dalla rigida morale del tempo a lanciare segnali servendosi unicamente dei fiori.
Evitavano perciò, accuratamente, di adornarsi con gli Anemoni per non essere fraintese: portarli, avrebbe manifestato l’intenzione di un addio senza ripensamenti al proprio innamorato.
Sempre in quei tempi bui i negromanti affermavano che il vento venisse avvelenato dal suo contatto con i petali dell’ Anemone nemorosa, trasformandosi in untore ed apportatore di malanni.
Si tratta di un riferimento azzardato ed incongruente per quanto riguarda l’azione meccanica, ma non del tutto sballato nella sostanza, perché tutte queste Ranuncolacee sono fortemente tossiche, se consumate verdi, a causa della presenza di principi velenosi termolabili che vengono annullati con la cottura, o con l'abituale essiccazione nei prati dopo lo sfalcio, in attesa di diventare foraggio.
Le sostanze a cui ci si riferisce, comuni a quasi tutte le specie, sono un liquido giallastro volatile dal sapore bruciante, i cui vapori sono fortemente irritanti per le mucose a causa della presenza di acido anemonico, un alcaloide chiamato anemonina, acido isoanemonico, tannino ed una sostanza resinosa.
 

Hepatica nobilis

L’Erba trinità, ossia l’Hepatica nobilis, è uno dei classici esempi che ci riporta alla Teoria della segnatura, un processo terapeutico che individuava empiricamente ed automaticamente il campo d’azione dei vegetali a seconda della somiglianza di foglie, fiori o radici, con i diversi organi del corpo umano.
Come abbiamo accennato, la pretesa identità tra la tinta delle sue lamine ed il fegato, indusse per molti secoli i sostenitori della teoria della segnatura ad impiegarla per guarire le malattie epatiche.  Nonostante la sua notevole grazia, l'Hepatica nobilis è fortemente caustica ed irritante quando è fresca; gli empirici se ne erano già accorti secoli or sono perchè impiegavano soltanto la pianta secca nonostante perdesse, assieme all'aggressività anche gran parte dei principi attivi. Si usava in moltissimi casi, per contrastare l'ipereccitabilità nervosa, l'eretismo cardiaco, nevralgie,  emicranie, spasmi dolorosi, soprattutto quelli degli organi genitali, la tosse spasmodica, quella asinina, la sifilide e, almeno secondo quanto affermava Tournefort, l'infusione leggera di pianta fresca avrebbe attenuato di molto il colore delle efelidi.
Gli usi medicinali attualmente ritenuti validi per gli Anemoni riguardano unicamente l’impiego diuretico dell’Hepatica nobilis e la sua specifica azione calmante. In particolare, la medicina omeopatica prescrive le preparazioni di Pulsatilla, estratte dal la pianta fresca, contro i dolori derivati da varici, spasmi uterini ed eretismo cardiaco.  
La Pulsatilla vulgaris viene sporadicamente utilizzata per calmare la tosse asinina; la  radice macerata dell’Anemone nemorosa è ancora ritenuta  un discreto rubefacente ed antireumatico.  
Pertanto, lo sfruttamento più redditizio degli Anemoni si sviluppa nel campo dell’orticoltura industriale per il fiore reciso e nella moltiplicazione delle molte specie utilizzate nel giardino. Soprattutto nella Riviera di Ponente l’Anemone coronaria in molte varietà vistosamente colorate, viene moltiplicato, commerciato ed esportato.  
Il mercato ha abbandonato gli ibridi doppi e stradoppi  che nel passato hanno dominato il settore orticolo per rivolgersi solamente agli "Anemoni di Caen" ed ai semidoppi "Santa Brigida" che in pieno inverno cominciano a fiorire nelle fasce del ponente spuntando dai letti preparati con torba ed aghi di pino.
Curiosa è la terminologia usata in molti testi per descrivere i loro diversi organi: zampa è il rizoma carnoso, tocce le foglie involucrali, cosce i germogli laterali, pàmpani le fronde, cappa o mantello il complesso dei sepali petaloidi, bracca e fiocco le altre parti del fiore.  
In Riviera Nature notes  George Edward  Comerford Casey  dedica alle Piante della Palestina  ben due capitoli, rilevando le molte analogie esistenti fra queste due flore locali; parla a lungo degli Anemoni coltivati e selvatici che abbondano nella fascia costiera e montana dalla Provenza al ponente Ligure.
Gli Anemoni, una settantina di specie in totale, sono piante erbacee perenni, dotate di un rizoma carnoso più o meno fibroso, con scapi radicali in genere uniflori e foglie, tutte situate alla base, semplici o composte. I fiori, solitari, talvolta in ombrelle, hanno un involucro di brattee persistenti che hanno il disegno eguale a quello della foglie oppure forma differente. Il perigonio risulta formato da sepali petaloidi più lunghi degli stami che sono numerosissimi e presenti in numero indefinito, corti ed in genere a colore contrastante con i sepali. Il frutto è un capolino di acheni, quasi sempre provvisti di stilo piumoso.
   
 
Anemone nemorosa

Anemone nemorosa L. (II-V, nasce in massa nei boschi di latifoglie sino ai 1500 m) Ha un rizoma profondo giallo marrone, orizzontale con foglie radicali divise in 3 segmenti lanceolati a bordi irregolarmente inciso dentati, fusto eretto semplice alto sino a 25 cm. Le 3 foglie cauline poste nella seconda metà superiore, hanno a loro volta da 3 a 5 divisioni dentate o incise. Il fiore solitario è bianco, con in genere 6 sepali petaloidi glabri striati  di violetto al di sotto, ellittici, ad antere gialle. Il frutto arrotondato è formato da carpelli distinti. Una specie affine è:     
   Anemnone ranuncoloides L. che differisce sovente per la mancanza di foglie radicali, per avere i sepali petaloidi gialli, ed uno o più fiori secondari rudimentali sullo stesso fusto.

   
Anemone trifolia

Anemone trifolia L. (V-VII, nasce in massa nei boschi sino ai 1600 m) Ha un rizoma profondo biancastro, orizzontale con foglie radicali divise in 3 segmenti lanceolati acuti, dai bordi dentellati, fusto eretto semplice alto sino a 30 cm. Le 3 foglie cauline poste nella seconda metà superiore, hanno a loro volta da 3 a 5 divisioni lineari lanceolati finemente dentellati. Il fiore solitario è bianco, con in genere 6 sepali petaloidi glabri striati  di violetto al di sotto, ovali, ad antere bianche.  Il frutto arrotondato è formato da carpelli distinti.

   
Anemone narcissiflora

Anemone narcissiflora L. (II-V, Nasce nei pascoli dai 600 sino ai 2100 m.) Ha un rizoma avvolto da guaine marrone con foglie lungamente picciolate e lanose, divise in 3 segmenti profondamente partiti in lacinie, alla base. I fusti sono eretti, semplici, alti sino a 40 cm. Hanno un involucro fiorale di foglie quasi simili alle basali, un’ombrella di fiori (da 2 ad 8), peduncolati , con in genere 6 sepali petaloidi bianchi esternamente venati di rosa, ellittici, ad antere gialle Il frutto emisferico è formato da carpelli distinti.

   
Anemone hortensis

Anemone hortensis L. (Sin. Anemone stellata Lam. I-III. Nasce nei prati aridi sino ai 1200 m.) Ha un piccolo tubero superficiale nero e legnoso, con fogli radicali picciolate e variabili, in genere palmate e divise sino alla metà in 3\5 segmenti a lobi o incisi in lacinie. Il fusto raddrizzato semplice alto sino a 50 cm. Un verticillo di foglie cauline conniventi in parte, intere o poco divise, si trova appena sotto il fiore che è solitario roseo o violetto, con in genere da 12 a 20 sepali petaloidi strettamente ellittici, vellutati e biancastri o giallastri al di sotto, e stami bluastri. Il frutto arrotondato è formato da carpelli vellutati  e lanosi. Molto affine è:
     Anemone pavonina L. una specie molto variabile ed ancora non bene definita, che differisce sostanzialmente per avere un fiore con pochi o moltissimi sepali stretti ed acuti, sovente con una chiazza gialla o più pallidi alla base.

    Anemone coronaria  L. (II-V. Nasce negli oliveti o nei coltivi sino agli 800 m.) Deve il suo nome ad una corona di tinta differenziata posta alla base dei sepali. Ha un tubercolo rigonfio dal quale nascono foglie divise in lacinie strette e divergenti e fusto eretto semplice e glabro in basso, ma coperto di peli appressati in sommità, alto sino a 40 cm. Le foglie cauline formano un involucro e sono allargate alla base e variamente sfrangiate ai bordi. Il fiore grande e solitario ha 5/8 sepali petaloidi subrotondi di vario colore ad antere violette. Il frutto arrotondato è formato da carpelli vellutato lanosi. Questa specie proviene quasi certamente dall’Oriente ed in Italia si è naturalizzata da tempo immemorabile. A seconda del colore sono state individuate razze o varietà:     
    - bianchi var. alba Burnat;
    - bianchi screziati di rosa var. rissoana Jord.;
    - azzurri var cyanea Ard.;
    - gialli screziati di rosso var . ventreana Hanry;
    - rosso scarlatti var. phoenicea Ard.;
    - da roset a violaceo chiar var. rosea Batta.  

   
Hepatica nobilis

Hepatica nobilis Miller (Sin. Anemone hepatica L. II-V. Nasce nei luoghi boscosi montani sino ai 1000 m.)  Ha una radice fibrosa con molte radici avventizie, con foglie tutte radicali, trilobe e cuoriformi a segmenti interi, coriacee, talvolta tinte di vinaccio al di sotto, macchiate di scuro sopra. Peduncoli radicali lanosi, ascellari di squame ellittiche, alti sino a 15 cm. e lunghi come le foglie, portano un fiore attorniato da foglie cauline, verticillate per 3, che simulano un calice. I sepali petaloidi ellittici ed arrotondati in punta sono da 6 ad 8, color azzurro o violetto oppure tendenti al roseo ed al bianco. Il frutto è formato da carpelli vellutati ed acuti.

   
Pulsatilla alpina   

Pulsatilla alpina Delarbre (Sin. Anemone alpina L. V-VI. Nasce nei prati alpini dai 1300 sino ai 2500 m.). Ha un rizoma nerastro e squamoso dal quale nascono foglie radicali lungamente picciolate, tomentose, triangolari ternate e pennatosette che si sviluppano completamente dopo la fioritura. Fusto eretto semplice, alla base più scuro e lanoso, in altro pubescente, con foglie cauline verticillate simili alle basali, alto sino a 50 cm. Il fiore grande e solitario, peduncolato ha 6\7 sepali petaloidi ellittici a lobi apicali irregolari e peluria rada, di color bianco, sfumati di rosa e di violetto all’esterno, precocemente caduchi. Il frutto è formato da acheni con lunga appendice piumosa e flessuosa. 

Pulsatilla alpina apiifolia

Fra le diverse sottospecie spicca:     
    - Pulsatilla alpina subspecies apiifolia Nyman che ha fiori color giallo zolfo e vive nell’intera cerchia alpina.  

   
Pulsatilla montana

Pulsatilla montana Rchb. (Sin: Anemone montana Hoppe.IV-V. Nasce nei pascoli aridi dai 100 sino ai 2100 m.). Ha rizoma obliquo con fibre marrone scuro, foglie radicali , lungamente picciolate e triangolari, 2-3 volte pennate e divise sino a metà con le ultime divisioni lineari. Fusto eretto semplice, lanoso, in sommità pubescente, alto sino a 30cm. Le foglie cauline simulano un calice a lacinie lineari biforcate. Il fiore grande, campanulato e solitario, semipendulo su un peduncolo ricurvo, ha 6\8 sepali petaloidi lanceolati e lanosi, di color violetto scuro all’esterno con le antere gialle.  Il frutto è formato da acheni con lunga appendice piumosa e flessuosa. Simile è:      
    - Pulsatilla halleri Willd che differisce per avere le foglie due volte pennatosette che compaiono dopo la fioritura ed i petali violetti o rosati.
    
Come raccoglierli e coltivarli
Gli Anemoni spontanei in Italia sono sufficientemente diffusi da permetterne la raccolta dei rizomi con l’accortezza di prelevarli in periodi di riposo, suddividerne le zampe con cautela e ripiantarli nella stessa posizione in cui hanno sinora vegetato.  
La destinazione nel nostro giardino deve essere quella delle zone a luce intermittente su terreno leggero e drenato, ma non concimato con letame fresco.
Per le specie alpine, piuttosto difficili da coltivarsi, il tentativo dovrà prevedere una esposizione soleggiata ed un terreno acido e sabbioso.
Le nostre specie spontanee possono esser coltivate anche da seme, ma sono necessari due anni per vederli fioriti al meglio.
Infatti, vanno piantati all’inizio dell’estate, ripicchiatati in autunno e protetti d’inverno, per essere messi a dimora la primavera successiva.
L’Hepatica nobilis è un tipico gioiello del sottobosco e, quindi, necessita di un alloggiamento che  garantisca di vegetare all’ombra per gran parte della giornata.
Ha bisogno di un terreno ricco di  humus e foglie molto soffice, di essere lasciato assolutamente in pace perché provvederà da solo a diffondersi con le sue numerose radici avventizie fiorendo ad ogni primavera.
La taglia di queste nostre piante è contenuta ma le loro corolle sono rilevanti, sia per la grandezza, che per la ricchezza dei colori.
Si prestano quindi ad una coltivazione in piccoli gruppi oppure per l’inserimento in roccaglie, mentre è sconsigliabile costringerli nei vasi.
Altro discorso per molte specie fornite dai vivaisti quali l’Anemone japonica ed i suoi numerosi ibridi che possono decorare estensioni ben maggiori per la loro rilevante dimensione.

Alfredo Moreschi