[...] Non mi pare di aver piú rivisto Calvino (tranne forse accanto a Gino [Luigi Napolitano] nei pressi del cimitero di Bajardo la domenica che scappai dalla mamma per raggiungere i partigiani) sin quando, dopo la Liberazione, cominciai a frequentare la sede del PCI, allora in Corso Matteotti [7], dove adesso c’è il fotografo Moreschi (figlio). I comunisti, fra di loro, si davano tutti del tu, e io cominciai a darlo non solo ai fratelli Calvino, a Mario Baggioli, a Ivar Oddone, ma anche a Buttafava e a Lantrua, molto piú anziani. Vedevo spesso Calvino da Rabino (in Via Corradi) dove ci recavamo a comprare libri d’occasione (io quasi tutti i giorni, lui, in genere, solo il sabato, perché abitava ormai a Torino e veniva a trovare i genitori in fin di settimana). La madre la conoscevo poco, il padre, invece, era molto comunicativo. Lo incrociavo qualche volta a Pian del Re, da dove passava per andare, chissà dove, in cerca di funghi o a caccia di tordi e pernici. Mi faceva sempre un mucchio di domande e si lamentava immancabilmente dei figli "dormiglioni" che non si alzavano mai abbastanza presto per accompagnarlo nelle sue spedizioni. Io venivo da Berzi e andavo a piedi a San Romolo [8] a prendere la funivia per San Remo e la mamma mi buttava giú dal letto alle cinque, affinché potessi partire alle sei e arrivare in tempo per la corsa delle otto. A Mario Calvino qualche volta consegnavo dei giornali anarchici che gli mandava Renato Guglielmi, ma questo avveniva a Villa Meridiana.
Dopo un breve "tirocinio", mi iscrissi alla cellula giovanile del PCI, anche se frequentavo già il gruppo anarchico. La strategia di Renato Guglielmi era quella della "penetrazione" nei partiti, per sapere quello che vi si tramava e anche per fare propaganda libertaria. Libereso Guglielmi assisteva alle riunioni della cellula di Baragallo e io quella del Centro. Secondo i bollini incollati sulla tessera da me custodita, la mia adesione ufficiale data dal settembre 1945, forse perché bisognava aver compiuto i 15 anni prima di essere ammesso. A quell’epoca era stata inaugurata la Scuola di Partito e le lezioni erano impartite da Mario Baggioli e Italo Calvino. Ponderosi ciclostilati [9] venivano distribuiti agli iscritti (io ero il piú giovane di tutti) e il libro di testo era la Storia del Partito Comunista (Bolscevico) dell’URSS. Si trattava di un vero "mattone" che, oltretutto, era una velenosa falsificazione storica. Avevo altre fonti disponibili, sugli stessi specifici avvenimenti, e non potevo perciò accettare la versione ufficiale che considerava i partigiani ucraini di Makhno come "anarcobanditi". La storiografia moderna ha ormai corretto gli errori politici commessi in Ucraina e a Kronstadt, ma a quei tempi, per rispettare la linea ufficiale del Partito, certi tasti non si potevano toccare. Contraddire due persone che stimavo e, inoltre, ben piú esperienti, colte e anziane di me, mi richiese uno sforzo enorme, ma ritenni che fosse ormai diventato per me un imperativo categorico quello di non lasciar passare sotto silenzio quelle affermazioni (e "deformazioni") astiose e ingiustificabili. Interrompere e contraddire Calvino, di fronte ad un pubblico ridotto ma assorto e convinto che il suo dire fosse vangelo, non fu opera da poco. Eppure accadde e, miracolosamente, quasi la metà della sala appoggiò me. La rottura era ormai segnata e la diserzione fu massiva. Mi pare fossimo in undici, quella sera, a lasciare la cellula, e mi si accusò di disgregazione [10]. La maggior parte dei miei sostenitori aderirono con me al gruppo "Alba dei Liberi" della Federazione Anarchica. Era il trionfo che Renato Guglielmi ci aveva aiutato a conquistare, con saggi consigli e letture ben scelte. Floriano Calvino, presente, l’indomani mi venne incontro ridendo, eravamo in via Marsaglia, e mi disse "Ti sei fatto suonare da mio fratello, ieri sera" e, dopo una breve pausa, soggiunse "ma avevi ragione".
[...] Dopo un breve periodo di tensione, i miei rapporti col PC si ammorbidirono, perché rimanevano molti terreni d’intesa e di collaborazione. Mario Baggioli formulò per me uno scherzoso insulto: quando passavo di fronte al suo negozio e lui era appoggiato (spesso assieme ai suoi fratelli) alla vetrina o al muro esterno, mi salutava "Ciao nullista!". La risposta che avevo escogitato e che divenne proverbiale, era "ciao, camaleonte!". Solo noi sapevamo quel che c’era dietro, gli altri astanti ammiccavano…
Poco dopo Calvino, che mi aveva tolto il saluto per qualche tempo, prese a trattarmi di "ciao, nullista!" anche lui e capii che c’era lo zampino di Mario. I comunisti non potevano ignorarci perché, anche grazie all’afflusso di militanti o simpatizzanti provenienti dalle loro file, la Federazione Anarchica Sanremese indiceva ogni tanto dei comizi che attiravano migliaia di ascoltatori. La nostra bacheca era stata danneggiata piú volte e la destra aveva addirittura fondato un "Centro studentesco antianarchico".
Italo Calvino era ghiotto delle caricature di Libereso (ne conservo tuttora alcune) di spunto antimilitarista, anticlericale e anticapitalista, che io andavo sovente a ritirare il sabato mattina a Villa Meridiana per affiggerle nella bacheca di Via Cavour, prima, spostata poi sotto il portico del Palazzo Comunale. Improvvisamente sbucava da dietro le aiuole, mentre noi eravamo nella serra, e diceva "Sempre complottando?". Si faceva delle gran risate. Quel che però non potevamo immaginare era che lui stesse scrivendo il bellissimo racconto ispiratogli dal giardiniere di suo padre, "Uno pomeriggio, Adamo" che descrive alcuni dei disegni di Libereso, tuttora in mio possesso.
Il sabato pomeriggio, quasi immancabilmente, incontravo Italo da Rabino. Un giorno mi consigliò di comperare 'L’agente segreto' di Joseph Conrad e borbottò "quando l’avrai letto capirai perché". Era un romanzo con personaggi anarchici (o pseudo tali) ma Calvino non mi confidò affatto di stare scrivendo una tesi di laurea su quello scrittore.
Venne il Premio Viareggio, la fama, nuovi libri, ormai Calvino era diventato una personalità di spicco. A San Remo lo si vedeva sempre meno. Poi fui io a partire… per il reclusorio militare di Gaeta. Il mio rifiuto di servizio militare venne presto imitato da Angelo Nurra (il quale, oltre ad essere un grand’amico, era stato uno degli elementi di primo piano che aveva rassegnato le dimissioni dal PC, assieme a me, nel gennaio del 1946). Mentre era imprigionato a Torino, in attesa del processo per obiezione di coscienza, Italo andava a trovarlo, e gli portava caramelle e libri. Aveva imparato a conoscerlo meglio perché Angelo stava sostituendo Libereso come giardiniere a Villa Meridiana, e il Prof. Mario Calvino lo aveva preso a benvolere. Il padre di Calvino non visse abbastanza a lungo per cogliere i frutti dell'insegnamento a lui prodigato, ma Angelo diventò esperto nel campo della floricoltura e cominciò a collaborare ai giornali specializzati lasciando una gran dovizie di articoli.
Nurra scontò la sua pena a Peschiera, mentre io ero a Gaeta. Vi ricevetti alcuni pacchi dono dell’Einaudi ma, il mittente non essendo personalizzato, non seppi mai se ci fosse stato un intervento di Calvino o se i libri provenissero da altre fonti (a Torino risiedevano allora sia il mio avvocato Bruno Segre, sia il futuro scrittore Guido Ceronetti, allora segretario della sezione italiana dell’Internazionale dei Resistenti alla Guerra). In una lettera dell’epoca, Renato Guglielmi mi scriveva che Baggioli gli aveva riferito che i giovani del PCI erano solidali con me e stavano facendo una sottoscrizione per le spese processuali. Per una serie di circostanze non rividi mai Italo dopo gli anni di Sanremo e i nostri contatti avvennero sempre tramite tre intermediari: sua madre, Angelo Nurra, Gino Napolitano [...]
[NOTE]
[7] Oggi Corso Matteotti, dopo essere stata ribattezzata Corso Ettore Muti, ma i sanremaschi della mia età continuano a chiamarla via Vittorio (anche se nessuno ricorda se fosse Vittorio Emanuele I, II o III.
[8] A Bajardo c’era la corriera, ma io la pativo. La funivia era il peggior male (perché soffrivo anche di vertigini). Parecchie volte tiravo dritto a piedi sino a Sanremo, via San Giacomo e Madonna della Costa.
[9] Alcuni se ne ricordano (copertina nera?) ma nessuno ha mai saputo dirmi dove trovarne copia. Tutto il materiale della nostra cellula dovrebbe trovarsi negli archivi provinciali, ceduti all’IsTituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea. Il Prof. Francesco Biga all’epoca della ricerca non era riuscito a trovarne uno, ma si riprometteva di insistere.
[10] Negli archivi del PCI di Sanremo sussistono molti documenti confidenziali sulle "mene" anarchiche in seno al Partito. Ne ho trovate alcune che si riferiscono a "Romeo", ossia Archimede Gioffredi, a "Pier delle Vigne", cioè Piero Sughi, e ad altri ancora, ma non ho rinvenuto nessun carteggio che alludesse alla cellula giovanile e al mio caso.
Pietro Ferrua, Incontri e scontri con Italo Calvino, Ra.forum, 25 aprile 2012
Dopo un breve "tirocinio", mi iscrissi alla cellula giovanile del PCI, anche se frequentavo già il gruppo anarchico. La strategia di Renato Guglielmi era quella della "penetrazione" nei partiti, per sapere quello che vi si tramava e anche per fare propaganda libertaria. Libereso Guglielmi assisteva alle riunioni della cellula di Baragallo e io quella del Centro. Secondo i bollini incollati sulla tessera da me custodita, la mia adesione ufficiale data dal settembre 1945, forse perché bisognava aver compiuto i 15 anni prima di essere ammesso. A quell’epoca era stata inaugurata la Scuola di Partito e le lezioni erano impartite da Mario Baggioli e Italo Calvino. Ponderosi ciclostilati [9] venivano distribuiti agli iscritti (io ero il piú giovane di tutti) e il libro di testo era la Storia del Partito Comunista (Bolscevico) dell’URSS. Si trattava di un vero "mattone" che, oltretutto, era una velenosa falsificazione storica. Avevo altre fonti disponibili, sugli stessi specifici avvenimenti, e non potevo perciò accettare la versione ufficiale che considerava i partigiani ucraini di Makhno come "anarcobanditi". La storiografia moderna ha ormai corretto gli errori politici commessi in Ucraina e a Kronstadt, ma a quei tempi, per rispettare la linea ufficiale del Partito, certi tasti non si potevano toccare. Contraddire due persone che stimavo e, inoltre, ben piú esperienti, colte e anziane di me, mi richiese uno sforzo enorme, ma ritenni che fosse ormai diventato per me un imperativo categorico quello di non lasciar passare sotto silenzio quelle affermazioni (e "deformazioni") astiose e ingiustificabili. Interrompere e contraddire Calvino, di fronte ad un pubblico ridotto ma assorto e convinto che il suo dire fosse vangelo, non fu opera da poco. Eppure accadde e, miracolosamente, quasi la metà della sala appoggiò me. La rottura era ormai segnata e la diserzione fu massiva. Mi pare fossimo in undici, quella sera, a lasciare la cellula, e mi si accusò di disgregazione [10]. La maggior parte dei miei sostenitori aderirono con me al gruppo "Alba dei Liberi" della Federazione Anarchica. Era il trionfo che Renato Guglielmi ci aveva aiutato a conquistare, con saggi consigli e letture ben scelte. Floriano Calvino, presente, l’indomani mi venne incontro ridendo, eravamo in via Marsaglia, e mi disse "Ti sei fatto suonare da mio fratello, ieri sera" e, dopo una breve pausa, soggiunse "ma avevi ragione".
[...] Dopo un breve periodo di tensione, i miei rapporti col PC si ammorbidirono, perché rimanevano molti terreni d’intesa e di collaborazione. Mario Baggioli formulò per me uno scherzoso insulto: quando passavo di fronte al suo negozio e lui era appoggiato (spesso assieme ai suoi fratelli) alla vetrina o al muro esterno, mi salutava "Ciao nullista!". La risposta che avevo escogitato e che divenne proverbiale, era "ciao, camaleonte!". Solo noi sapevamo quel che c’era dietro, gli altri astanti ammiccavano…
Poco dopo Calvino, che mi aveva tolto il saluto per qualche tempo, prese a trattarmi di "ciao, nullista!" anche lui e capii che c’era lo zampino di Mario. I comunisti non potevano ignorarci perché, anche grazie all’afflusso di militanti o simpatizzanti provenienti dalle loro file, la Federazione Anarchica Sanremese indiceva ogni tanto dei comizi che attiravano migliaia di ascoltatori. La nostra bacheca era stata danneggiata piú volte e la destra aveva addirittura fondato un "Centro studentesco antianarchico".
Italo Calvino era ghiotto delle caricature di Libereso (ne conservo tuttora alcune) di spunto antimilitarista, anticlericale e anticapitalista, che io andavo sovente a ritirare il sabato mattina a Villa Meridiana per affiggerle nella bacheca di Via Cavour, prima, spostata poi sotto il portico del Palazzo Comunale. Improvvisamente sbucava da dietro le aiuole, mentre noi eravamo nella serra, e diceva "Sempre complottando?". Si faceva delle gran risate. Quel che però non potevamo immaginare era che lui stesse scrivendo il bellissimo racconto ispiratogli dal giardiniere di suo padre, "Uno pomeriggio, Adamo" che descrive alcuni dei disegni di Libereso, tuttora in mio possesso.
Il sabato pomeriggio, quasi immancabilmente, incontravo Italo da Rabino. Un giorno mi consigliò di comperare 'L’agente segreto' di Joseph Conrad e borbottò "quando l’avrai letto capirai perché". Era un romanzo con personaggi anarchici (o pseudo tali) ma Calvino non mi confidò affatto di stare scrivendo una tesi di laurea su quello scrittore.
Venne il Premio Viareggio, la fama, nuovi libri, ormai Calvino era diventato una personalità di spicco. A San Remo lo si vedeva sempre meno. Poi fui io a partire… per il reclusorio militare di Gaeta. Il mio rifiuto di servizio militare venne presto imitato da Angelo Nurra (il quale, oltre ad essere un grand’amico, era stato uno degli elementi di primo piano che aveva rassegnato le dimissioni dal PC, assieme a me, nel gennaio del 1946). Mentre era imprigionato a Torino, in attesa del processo per obiezione di coscienza, Italo andava a trovarlo, e gli portava caramelle e libri. Aveva imparato a conoscerlo meglio perché Angelo stava sostituendo Libereso come giardiniere a Villa Meridiana, e il Prof. Mario Calvino lo aveva preso a benvolere. Il padre di Calvino non visse abbastanza a lungo per cogliere i frutti dell'insegnamento a lui prodigato, ma Angelo diventò esperto nel campo della floricoltura e cominciò a collaborare ai giornali specializzati lasciando una gran dovizie di articoli.
Nurra scontò la sua pena a Peschiera, mentre io ero a Gaeta. Vi ricevetti alcuni pacchi dono dell’Einaudi ma, il mittente non essendo personalizzato, non seppi mai se ci fosse stato un intervento di Calvino o se i libri provenissero da altre fonti (a Torino risiedevano allora sia il mio avvocato Bruno Segre, sia il futuro scrittore Guido Ceronetti, allora segretario della sezione italiana dell’Internazionale dei Resistenti alla Guerra). In una lettera dell’epoca, Renato Guglielmi mi scriveva che Baggioli gli aveva riferito che i giovani del PCI erano solidali con me e stavano facendo una sottoscrizione per le spese processuali. Per una serie di circostanze non rividi mai Italo dopo gli anni di Sanremo e i nostri contatti avvennero sempre tramite tre intermediari: sua madre, Angelo Nurra, Gino Napolitano [...]
[NOTE]
[7] Oggi Corso Matteotti, dopo essere stata ribattezzata Corso Ettore Muti, ma i sanremaschi della mia età continuano a chiamarla via Vittorio (anche se nessuno ricorda se fosse Vittorio Emanuele I, II o III.
[8] A Bajardo c’era la corriera, ma io la pativo. La funivia era il peggior male (perché soffrivo anche di vertigini). Parecchie volte tiravo dritto a piedi sino a Sanremo, via San Giacomo e Madonna della Costa.
[9] Alcuni se ne ricordano (copertina nera?) ma nessuno ha mai saputo dirmi dove trovarne copia. Tutto il materiale della nostra cellula dovrebbe trovarsi negli archivi provinciali, ceduti all’IsTituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea. Il Prof. Francesco Biga all’epoca della ricerca non era riuscito a trovarne uno, ma si riprometteva di insistere.
[10] Negli archivi del PCI di Sanremo sussistono molti documenti confidenziali sulle "mene" anarchiche in seno al Partito. Ne ho trovate alcune che si riferiscono a "Romeo", ossia Archimede Gioffredi, a "Pier delle Vigne", cioè Piero Sughi, e ad altri ancora, ma non ho rinvenuto nessun carteggio che alludesse alla cellula giovanile e al mio caso.
Pietro Ferrua, Incontri e scontri con Italo Calvino, Ra.forum, 25 aprile 2012