Bordighera (IM): l'area dove sorgeva la fabbrica di racchette da tennis |
Intervista a Libereso Guglielmi - Luglio 2003, Sanremo
Libereso:… non è che mio padre facesse del male, perché non lo ha mai fatto. Soltanto che era pericoloso con le parole. Tutto è cominciato quando era a studiare dai gesuiti, che allora erano a Bordighera. Mia madre era a scuola a Bordighera e loro poi, quando lui doveva, che aveva l’età già da poter fare il suo lavoro da prete, sai perché a Perinaldo, quelli lì, sai dov’è Perinaldo?
Q [Valeria de Marcos]: Su in alto…
L: E allora lassù, quando uno ha un figlio prete, che cosa meravigliosa era! Se tu guardi, più erano poveri, più erano scemi, più volevano il figlio prete. E allora, quando lui ha avuto l’età, è scappato con mia madre e ha lasciato i gesuiti. Mio nonno era dalla parte di mio padre, però avrebbe voluto che io continuassi quella grande carriera di mio padre. E lui, dato che era un ragazzo molto in gamba, perché delle cinque classi è stato uno dei primi in francese - sai che parlava il francese, no? - ha visto un po’ i casini. E allora poi, c’erano quelli furbi che dicevano: “Ma se tu, invece di pregare, bestemmi, Dio tu lo trovi lo stesso”. E lui si è fatto una bella cultura… Poi era andato a Bordighera, è andato a lavorare in una fabbrica di racchette da tennis, a Bordighera…
Q: Senti, la fabbrica di racchette?
L: Fabbrica di racchette… Io da ragazzo, quando avevo pochi anni, proprio cinque anni, siamo rimasti cinque anni lì, vicino alla fabbrica di racchette, di corsa andiamo a giocare a tennis. E allora è successo che poi siamo andati a scuola. Però c’era mio fratello, un anno più vecchio, e mio padre ci insegnava. Io quando sono andato a sei anni a scuola sapevo leggere. Perché io ho letto. Lì mi hanno preso e mi hanno sbattuto in seconda. E lì è cominciata la mia vita libera da uomo libero, perché… Ho cominciato veramente a farmi libero quando i preti cattolici dicevano: “Questi sono i due fratelli Guglielmi: due piccoli animaletti senz’anima, senz’anima, ma innocui”. “Possiamo lasciarli andare?”. “Sì, sì, sono innocui, sono innocui”. E questo è quello che noi ricevemmo per credere nella religione e in tutto. E allora di qua ho cominciato, anche da bambino, a liberarmi. E poi con mio padre che parlava sempre, tutti i giorni, e io vedevo che era realtà. E così ho cominciato a vedere appunto che il valore non era quello che loro ti dicevano, ma quello che tu sentivi. E allora mio padre ci diceva - e io ci credevo, perché sai, era andato sù da quei preti - che mentre i preti mangiavano bene, lui doveva andare a cercare le bucce di arancia. Quando mio nonno poi li pagava già con soldi veri. "E' per fargli capire la vita!" sosteneva il gesuita. Non si poteva non perdere la fede con questi che mangiavano arrosti. Beh, non può essere religione, tu mi dici una cosa e poi ne fai un’altra? Allora, eh, tutti quelli che sono usciti di lì, come mio padre, se ne sono andati da contestatori. E mio padre fu sempre un contestatore. Poi, a Bordighera in quel periodo, c’era Bicknell, conosci Bicknell? Bicknell era uno dei più grandi a Bordighera, ha creato…
Q: Esperantista, no?
L: Esperantista, mio padre era un esperantista. Per quello io dico che mio padre era stato un buon allievo, o di seconda mano, non lo so. Era stato a Bordighera, Bicknell era esperantista, mio padre, poi, studiava l’idosperanto. Io mi chiamo Libereso, non è esperanto, è idosperanto. È una lingua nuova che avevano lanciato. E allora…
Q: Questo Bicknell?
L: No, no. Sono due, tra i lanciatori della lingua c’era anche mio padre. E questo era un po’ più sofisticato. E allora quando ero diventato più grande ero andato a Milano, certo, dirigevo "Italiano del Parco", e una signora, avendo visto scritto sul giornale Libereso, mi disse “Guarda che è sbagliato, io sono la Presidentessa degli Esperantisti, e si scrive Libereco, con la “c”, perché l’u diventa l’a, se no si scrive Libereso perché viene dall’idoesperanto, non dall’esperanto”. E allora lei mi ha dato un libretto del 1925, da dove mio padre aveva preso il nome, da quel libretto. La libertà, ecco perché mi chiamo Libereso. E Libereso vuol dire la libertà assoluta di pensiero, di azione e di parola. Mi ha dato il nome e io me lo sono preso. E il nome mi ha seguito. Un po’ come appoggio… Ho detto: “Va be', se mi chiamo così perché devo fare il contrario?”
G: Ma com’è che tuo padre ha incontrato gli ideali anarchici, l’anarchia? Com’è andata?
L: Appunto, io penso, lo sai che è? Che sono da Bordighera, Bicknell era anarchico. Bicknell era un prete protestante, una personalità molto fine, allora, laggiù ha creato il museo Bicknell sai, e poi ha fatto delle ricerche sui monti della Liguria…
Q: Le incisioni rupestri…
L: Le incisioni rupestri… Aveva i camerieri che partivano da Bordighera, andavano fino a lassù …
Q: A Casterino, no?
L: Sì, Bicknell si è creato poi lassù la sua casa, per andare a studiare…
Q: Gli antichi liguri…
L: Sì, proprio gli antichi liguri. È bello perché ogni tanto su quelle rupi trovi frasi come 'Qui c’è passato il celebre…' Bicknell era una grande personalità. Cominciò come prete, e poi è rimasto prete, però è sempre stato una persona molto in gamba, perché ha creato musei, ha creato…
Q: Bicknell?
L: Bicknell, sì sì. Quello a Bordighera l’ha creato Bicknell.
G: Sì, è bellissimo…
L: Una bella personalità. E poi è stato, indubbiamente, perché dicevo, poi era esperantista, mio padre era idoesperantista. E poi era anarchico, mio padre era anarchico. Bicknell a Imperia era stato tacciato di anarchia, anche lui, perché sai, era un contestatore, no? E poi, quando portava la gente su, a Casterino, non c’erano gabinetti in casa. “Andare al gabinetto? Andate nel giardino!” Questo capitava anche per persone in vista. In casa proprio lui non ce l’aveva. E poi tutti dovevano farsi il letto, farsi da mangiare… I camerieri, no. “Sono un uomo che ha gli stessi diritti di voi”. Era una personalità veramente ricca. E allora era vero tutto, era tacciato di anarchico. E poi lui piano piano è rimasto solo scienziato. Una volta il prete di Bordighera [padre Giacomo Viale] aveva detto che gli mancavano 5 mila lire per un'opera di bene. A quel tempo, sai, nel 1900, erano soldi. E allora Bicknell ha detto “Se non ce li hai, te li do io”. Detto da lui che era un prete protestante. Ha detto “No, questo serve per un atto di valore”. Era un uomo con princìpi giusti, un pensatore.
Q: Ma oltre Bicknell, poi tuo padre ha conosciuto altri…
L: Sì, ha conosciuto altri, ha conosciuto altra gente. Adesso io penso alla guerra di Spagna, passavan di qua. Passavano e li facevano andare in Spagna, questi…
Q: Anarchici che andavano…
L: Anarchici, sì sì. Poi ho conosciuto, io ero un bambino, ho conosciuto un certo Cristo che veniva dall’Ungheria, era uno di quelli che portavano messaggi, sai? Ne ho conosciuto parecchi. Mio padre è sempre stato una persona che sapeva creare con la parola. Siamo andati a Napoli un giorno, si è messo a discutere con dei ragazzi, sai, nel Cinquanta era ancora dura, no? Però tutti ad ascoltare e poi lui dice “Ma no! C’è lo spazzino che passa?” “Sì, sì” “Che ore sono? Le cinque di mattino?” Alle sette di sera si era messo a parlare, alle cinque di mattina era ancora lì che discuteva. Ancora adesso qualche persona di Napoli mi scrive, sai? Però come dico, lui era uno che ha conosciuto, ha conosciuto mi pare Malatesta, sai, personalità così. Sai che uno di questi era sù da noi quando li cercavano a Bordighera, in mezzo ai bambini… C’è stata una… mio padre era molto appassionato… però era un’antiviolento, forse il primo antiviolento che… non gli piaceva la violenza, lui faceva tutto solo con le parole. Lui non ha mai pestato nessuno, però, lo hanno pestato, quando quella volta i fascisti, lui diceva “Se mi ha pestato è malato, se no non poteva fare un lavoro simile”. Capisci? Era proprio di quegli uomini puri di cuore, no? Perché lui non avrebbe fatto niente di male. C’è adesso mio figlio che è peggio di lui. Io in mio figlio vedo mio padre. Sì. E allora poi è cominciata la mia vita bella, da rompiscatole. Mi hanno chiamato per fare il militare: ero già arrivato a San Remo. Sai, a scuola per prima cosa hanno detto: “Questi sono i Guglielmi, sono povera gente, bisogna comprare loro la divisa”. E gli altri bambini arrivarono con divise già logore per i Guglielmi. Abbiamo visto delle cose!… Ma poi io… tanto che io lo vedevo quel fascismo, lo vedevo come qualcosa di veramente stupido. Allora, quando io vedevo arrivare il maestro, che veniva in classe, e ti diceva “Eia eia”, e tu dovevi dire “Alala!”, e finché lui diceva “Eia eia” tu dovevi dire “Alala”. E non era il solo. Arrivava il Direttore “Eia eia” “Alala”, “Eia eia”. Arrivava un professore “Eia …”. 'Ma che cavolo, accidenti! E ora quale? A perdere metà della giornata a fare “eia eia” e “alala”'? Ed era anche un principio stupido moralmente. Mi mandavano a Bordighera, lì noi dovevamo anche cantare! E allora io tiravo dei grossi acuti, ma sbagliati. “Che sei scemo?” mi dicevano e così non andavo più a cantare. Facevo ginnastica, sbagliavo sempre, e così via, non c’ero mai nelle loro imprese. “Tu sei uno scemo”. Intanto non cantavo, intanto non mi mettevo la divisa. E poi dopo sono andato via.
Q: Non facevi le adunate?
L: Non facevo le adunate, perché sai, tutti mettevano le divise. Ecco, ad esempio, per il militare, ho visto i miei amici farsi più furbi ancora. Raccontavano, da militari in Sicilia, che sparavano in modo sbagliato e dopo un po' venivano mandati via. Però ci voleva coraggio, sai, con questi qui che ti dicono “Sei scemo”? Io ero abituato, quando me lo dicevano, già appena nato si può dire che ero un piccolo animaletto! Io mi sono fatto una pelle… [...]
Valeria de Marcos, Alternative per la produzione agricola contadina nell'ottica dello sviluppo locale autosostenibile, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Genova, 2004
Libereso:… non è che mio padre facesse del male, perché non lo ha mai fatto. Soltanto che era pericoloso con le parole. Tutto è cominciato quando era a studiare dai gesuiti, che allora erano a Bordighera. Mia madre era a scuola a Bordighera e loro poi, quando lui doveva, che aveva l’età già da poter fare il suo lavoro da prete, sai perché a Perinaldo, quelli lì, sai dov’è Perinaldo?
Q [Valeria de Marcos]: Su in alto…
L: E allora lassù, quando uno ha un figlio prete, che cosa meravigliosa era! Se tu guardi, più erano poveri, più erano scemi, più volevano il figlio prete. E allora, quando lui ha avuto l’età, è scappato con mia madre e ha lasciato i gesuiti. Mio nonno era dalla parte di mio padre, però avrebbe voluto che io continuassi quella grande carriera di mio padre. E lui, dato che era un ragazzo molto in gamba, perché delle cinque classi è stato uno dei primi in francese - sai che parlava il francese, no? - ha visto un po’ i casini. E allora poi, c’erano quelli furbi che dicevano: “Ma se tu, invece di pregare, bestemmi, Dio tu lo trovi lo stesso”. E lui si è fatto una bella cultura… Poi era andato a Bordighera, è andato a lavorare in una fabbrica di racchette da tennis, a Bordighera…
Q: Senti, la fabbrica di racchette?
L: Fabbrica di racchette… Io da ragazzo, quando avevo pochi anni, proprio cinque anni, siamo rimasti cinque anni lì, vicino alla fabbrica di racchette, di corsa andiamo a giocare a tennis. E allora è successo che poi siamo andati a scuola. Però c’era mio fratello, un anno più vecchio, e mio padre ci insegnava. Io quando sono andato a sei anni a scuola sapevo leggere. Perché io ho letto. Lì mi hanno preso e mi hanno sbattuto in seconda. E lì è cominciata la mia vita libera da uomo libero, perché… Ho cominciato veramente a farmi libero quando i preti cattolici dicevano: “Questi sono i due fratelli Guglielmi: due piccoli animaletti senz’anima, senz’anima, ma innocui”. “Possiamo lasciarli andare?”. “Sì, sì, sono innocui, sono innocui”. E questo è quello che noi ricevemmo per credere nella religione e in tutto. E allora di qua ho cominciato, anche da bambino, a liberarmi. E poi con mio padre che parlava sempre, tutti i giorni, e io vedevo che era realtà. E così ho cominciato a vedere appunto che il valore non era quello che loro ti dicevano, ma quello che tu sentivi. E allora mio padre ci diceva - e io ci credevo, perché sai, era andato sù da quei preti - che mentre i preti mangiavano bene, lui doveva andare a cercare le bucce di arancia. Quando mio nonno poi li pagava già con soldi veri. "E' per fargli capire la vita!" sosteneva il gesuita. Non si poteva non perdere la fede con questi che mangiavano arrosti. Beh, non può essere religione, tu mi dici una cosa e poi ne fai un’altra? Allora, eh, tutti quelli che sono usciti di lì, come mio padre, se ne sono andati da contestatori. E mio padre fu sempre un contestatore. Poi, a Bordighera in quel periodo, c’era Bicknell, conosci Bicknell? Bicknell era uno dei più grandi a Bordighera, ha creato…
Q: Esperantista, no?
L: Esperantista, mio padre era un esperantista. Per quello io dico che mio padre era stato un buon allievo, o di seconda mano, non lo so. Era stato a Bordighera, Bicknell era esperantista, mio padre, poi, studiava l’idosperanto. Io mi chiamo Libereso, non è esperanto, è idosperanto. È una lingua nuova che avevano lanciato. E allora…
Q: Questo Bicknell?
L: No, no. Sono due, tra i lanciatori della lingua c’era anche mio padre. E questo era un po’ più sofisticato. E allora quando ero diventato più grande ero andato a Milano, certo, dirigevo "Italiano del Parco", e una signora, avendo visto scritto sul giornale Libereso, mi disse “Guarda che è sbagliato, io sono la Presidentessa degli Esperantisti, e si scrive Libereco, con la “c”, perché l’u diventa l’a, se no si scrive Libereso perché viene dall’idoesperanto, non dall’esperanto”. E allora lei mi ha dato un libretto del 1925, da dove mio padre aveva preso il nome, da quel libretto. La libertà, ecco perché mi chiamo Libereso. E Libereso vuol dire la libertà assoluta di pensiero, di azione e di parola. Mi ha dato il nome e io me lo sono preso. E il nome mi ha seguito. Un po’ come appoggio… Ho detto: “Va be', se mi chiamo così perché devo fare il contrario?”
G: Ma com’è che tuo padre ha incontrato gli ideali anarchici, l’anarchia? Com’è andata?
L: Appunto, io penso, lo sai che è? Che sono da Bordighera, Bicknell era anarchico. Bicknell era un prete protestante, una personalità molto fine, allora, laggiù ha creato il museo Bicknell sai, e poi ha fatto delle ricerche sui monti della Liguria…
Q: Le incisioni rupestri…
L: Le incisioni rupestri… Aveva i camerieri che partivano da Bordighera, andavano fino a lassù …
Q: A Casterino, no?
L: Sì, Bicknell si è creato poi lassù la sua casa, per andare a studiare…
Q: Gli antichi liguri…
L: Sì, proprio gli antichi liguri. È bello perché ogni tanto su quelle rupi trovi frasi come 'Qui c’è passato il celebre…' Bicknell era una grande personalità. Cominciò come prete, e poi è rimasto prete, però è sempre stato una persona molto in gamba, perché ha creato musei, ha creato…
Q: Bicknell?
L: Bicknell, sì sì. Quello a Bordighera l’ha creato Bicknell.
G: Sì, è bellissimo…
L: Una bella personalità. E poi è stato, indubbiamente, perché dicevo, poi era esperantista, mio padre era idoesperantista. E poi era anarchico, mio padre era anarchico. Bicknell a Imperia era stato tacciato di anarchia, anche lui, perché sai, era un contestatore, no? E poi, quando portava la gente su, a Casterino, non c’erano gabinetti in casa. “Andare al gabinetto? Andate nel giardino!” Questo capitava anche per persone in vista. In casa proprio lui non ce l’aveva. E poi tutti dovevano farsi il letto, farsi da mangiare… I camerieri, no. “Sono un uomo che ha gli stessi diritti di voi”. Era una personalità veramente ricca. E allora era vero tutto, era tacciato di anarchico. E poi lui piano piano è rimasto solo scienziato. Una volta il prete di Bordighera [padre Giacomo Viale] aveva detto che gli mancavano 5 mila lire per un'opera di bene. A quel tempo, sai, nel 1900, erano soldi. E allora Bicknell ha detto “Se non ce li hai, te li do io”. Detto da lui che era un prete protestante. Ha detto “No, questo serve per un atto di valore”. Era un uomo con princìpi giusti, un pensatore.
Q: Ma oltre Bicknell, poi tuo padre ha conosciuto altri…
L: Sì, ha conosciuto altri, ha conosciuto altra gente. Adesso io penso alla guerra di Spagna, passavan di qua. Passavano e li facevano andare in Spagna, questi…
Q: Anarchici che andavano…
L: Anarchici, sì sì. Poi ho conosciuto, io ero un bambino, ho conosciuto un certo Cristo che veniva dall’Ungheria, era uno di quelli che portavano messaggi, sai? Ne ho conosciuto parecchi. Mio padre è sempre stato una persona che sapeva creare con la parola. Siamo andati a Napoli un giorno, si è messo a discutere con dei ragazzi, sai, nel Cinquanta era ancora dura, no? Però tutti ad ascoltare e poi lui dice “Ma no! C’è lo spazzino che passa?” “Sì, sì” “Che ore sono? Le cinque di mattino?” Alle sette di sera si era messo a parlare, alle cinque di mattina era ancora lì che discuteva. Ancora adesso qualche persona di Napoli mi scrive, sai? Però come dico, lui era uno che ha conosciuto, ha conosciuto mi pare Malatesta, sai, personalità così. Sai che uno di questi era sù da noi quando li cercavano a Bordighera, in mezzo ai bambini… C’è stata una… mio padre era molto appassionato… però era un’antiviolento, forse il primo antiviolento che… non gli piaceva la violenza, lui faceva tutto solo con le parole. Lui non ha mai pestato nessuno, però, lo hanno pestato, quando quella volta i fascisti, lui diceva “Se mi ha pestato è malato, se no non poteva fare un lavoro simile”. Capisci? Era proprio di quegli uomini puri di cuore, no? Perché lui non avrebbe fatto niente di male. C’è adesso mio figlio che è peggio di lui. Io in mio figlio vedo mio padre. Sì. E allora poi è cominciata la mia vita bella, da rompiscatole. Mi hanno chiamato per fare il militare: ero già arrivato a San Remo. Sai, a scuola per prima cosa hanno detto: “Questi sono i Guglielmi, sono povera gente, bisogna comprare loro la divisa”. E gli altri bambini arrivarono con divise già logore per i Guglielmi. Abbiamo visto delle cose!… Ma poi io… tanto che io lo vedevo quel fascismo, lo vedevo come qualcosa di veramente stupido. Allora, quando io vedevo arrivare il maestro, che veniva in classe, e ti diceva “Eia eia”, e tu dovevi dire “Alala!”, e finché lui diceva “Eia eia” tu dovevi dire “Alala”. E non era il solo. Arrivava il Direttore “Eia eia” “Alala”, “Eia eia”. Arrivava un professore “Eia …”. 'Ma che cavolo, accidenti! E ora quale? A perdere metà della giornata a fare “eia eia” e “alala”'? Ed era anche un principio stupido moralmente. Mi mandavano a Bordighera, lì noi dovevamo anche cantare! E allora io tiravo dei grossi acuti, ma sbagliati. “Che sei scemo?” mi dicevano e così non andavo più a cantare. Facevo ginnastica, sbagliavo sempre, e così via, non c’ero mai nelle loro imprese. “Tu sei uno scemo”. Intanto non cantavo, intanto non mi mettevo la divisa. E poi dopo sono andato via.
Q: Non facevi le adunate?
L: Non facevo le adunate, perché sai, tutti mettevano le divise. Ecco, ad esempio, per il militare, ho visto i miei amici farsi più furbi ancora. Raccontavano, da militari in Sicilia, che sparavano in modo sbagliato e dopo un po' venivano mandati via. Però ci voleva coraggio, sai, con questi qui che ti dicono “Sei scemo”? Io ero abituato, quando me lo dicevano, già appena nato si può dire che ero un piccolo animaletto! Io mi sono fatto una pelle… [...]
Valeria de Marcos, Alternative per la produzione agricola contadina nell'ottica dello sviluppo locale autosostenibile, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Genova, 2004