lunedì 10 febbraio 2020

Bordighera in un'onirica visione di fine XIX secolo

Fonte: Archivio Moreschi

Salve, o sospiratissimo Capo delle Palme [in Bordighera (IM)], monte colossale, simile a smeraldo, che mi sorgi dinanzi tagliato in forma d'immane balena tuffante la coda nell'acque e celante il capo negli Appennini!

Che strana illusione! Numerosi ciuffi di eleganti palmizi, agitati dalle fresche brezze marine, nettamente spiccanti in limpidissimo cielo su quell'enorme cetaceo, sembrano scimmiottarne le pinne e dargli anima e moto.

Io vi mando il più tenero dei miei saluti, o primogenite figlie dell'Africa, che, traversando il Tirreno, veniste ad ospitare tra di noi quasi per dire ai settentrionali che qui ci stan bene anche i meridionali. 


Che tutti i raggi del nostro sole vi bacino, vi accarezzino tutti gli abiti de' liguri favoni; che tutte le molli increspature del nostro mare vengano a lambirvi i piedi!

Siete sì snelle!
Il vostro portamento è una delle più graziose creazioni di una mente artistica.
Ci si sente un non so che che di virgineo, uno stile, dirò così, che alla vostra creazione sembra aver preso parte un genio ellenico.
Quel fusto slanciato, pieghevole, scaglioso, poeticamente chiomato d'un capitello leggerissimo, aerea pioggia di leggiadrissimi pennacchi, mi ricorda le celebri colonne del Pantheon.


Se ai Campi Elisi sorge un monumento vivo alla gloria delle arti belle, dove si raccolgano insieme i Fidia, gli Apelli e gli Omeri di tutto il mondo, quel tempio avrà un colonnato di palme.

Fonte: Ermanno D'Andrea di Bordighera (IM)

Dall'antichità più remota, la palma è sempre stata consacrata a premiare il genio, la virtù tutte le sommità in ogni ordine di cose.

Gli è che il Genio ci ha sempre scorto qualcosa di suo in quel trionfo di Flora.

Fonte: Ermanno D'Andrea di Bordighera (IM)

Deliziosissima è la fuga delle due sponde marine, guardate dal Capo di Sant'Ampeglio. 

Sulla costa a ponente mirabil curva a lunghissimo raggio, ondulata di ridenti collinette, sur uno sfondo maestoso d'alpestri pinnacoli in semicerchio, scorgi l'una dietro l'altra come in un immenso cannocchiale una sfilata di cittadelle singolarmente caratteristiche. - Ventimiglia coronata dei suoi medievali castelli - poi Mentone sorridente nel suo tiepido nido d'aranci - poi Roccabruna fieramente appollaiata sur un scoglio nerastro - poi la Turbia di sopra, superba del monumento del più superbo impero del mondo - e Monaco di sotto, nitida perla in una nitidissima conchiglia madreperlacea - poi Villafranca e il suo faro, e più oltre la lunga e bassa e nebulosa striscia dei Monti provenzali che si segnano appena sull’orizzonte. Di tratto in tratto qualche cima nevosa solleva il capo sull'altre: la diresti una canuta alpe progenitrice, che si affacci a deliziarsi nella numerosa sua prole.


Il tratto di lido, che stendesi da Ventimiglia e Bordighera, è l'unico piano che esiste nella Provincia. 
Ha un chilometro circa di larghezza su cinque di lunghezza ed è un vero paradiso terrestre, com'esso innaffiato da quattro corsi d'acqua, il Roja, la Nervia e i due torrentelli della Torre e del Borghetto, alle cui millenarie alluvioni deve l'esistenza e la vigorosa vegetazione che lo distingue.

È un bosco solo d'agrumi, dal quale ad ogni piè sospinto sporgono fuori elegantissimi ciuffi di palme.

Un microscopico laghetto, il Sant'Anselmo, unico esso pure nella Provincia, ci par cascato a bella posta in tutta quella furia di verde per gettarvi in mezzo uno strappo di quell'azzurro sì bello che gli ride sopra.
Chi mai, traversando quest'eden non si crederebbe trasportato ai pié del Libano, sulle floride sponde dell'Adone, lungo le spiagge della palmifera Fenicia?

In compagnia d'alcuni compaesani, passo in rassegna un'altra volta i pochi ruderi già messi a nudo; un ampio sotterraneo con vestigia di ciclopichi muraglioni e qualche traccia della indistruttibile via romana, rottami di vòlti interrati, pezzi di mosaico d'elegantissima fattura sur un de quali ammirarsi un Arione a cavallo di un delfino in mezzo all'onde formicolanti di pesci.

Oh! Perché la zappa dell'archeologo non ha qui dato ancora un colpo per disseppellire i preziosi avanzi de' primissimi colonizzatori de' nostri lidi?


La costa a Levante, internandosi alquanto nel continente per riprendere ben presto il mare, descrive un arco completo che forma un pacifico seno aperto a S-E.
Tre capi sorgono un dietro l'altro al di là di questa mezza luna del Bosforo; tre capi di diversissimo aspetto e colore il più vicino, Il Monte Nero è un nudo scoglio rosso-brunastro tanto abbagliante al sole che l'occhio vi si riposa appena: un' ardita borgatella, la Coldirodi, vi è insediata tra un nodo e l'altro della sua spina dorsale. Il secondo riccamente arborato di olivi è il Capo Verde, che da questa lontananza piglia una tinta d azzurrognolo. Il terzo, mezzo nascosto in una cenerognola velatura di nebbia marina, è la punta di S. Erasmo.

Fonte: Archivio Moreschi

Dall'una e dall'altra si seguono per un pezzo coll'occhio le due strade, nazionale e ferrata, i due candidi nastri, che legano in un serto le liguri gemme; e le vedi ora avvicinarsi fra loro, ora incrociarsi fraternamente, ora divergere l'una dall'altra; quella, per scavalcare un monte; questa, per aprirsi un più pronto passaggio tra le viscere della montagna.


In faccia esulta l'immensità del Tirreno, liscio come un cristallo di Boemia, splendido delle mille tinte cangianti del collo di una colomba, il verde lucente dei solfati cristallizzati del rame, il purpureo fiammeggiante d'una soluzione di cinabro al sole, l'azzurro iridescente del ferro oligisto, tinte ora fosforeggianti sotto il diluvio de' raggi solari in un irrequieto formicolio di lucciole-diamanti, ed ora increspantisi sotto l'ala delle brezze marine in lunghissimi nastri di neve a fiocchi, vie lattee di quel cielo capovolto.

Fermandoci per poco sull'orlo di questo immenso lago di smeraldo, il mare, c'imparadisiamo all'incantevole vista delle colline belle così che pare vi folleggino gli amorini inghirlandando di rose i fusti delle palme e degli olivi cose tutte le quali agli occhi di Miss Lucy presentavano un tale magico spettacolo, che ripercuotendosi nell'animo la forzavano a ripetere: - Qui non è possibile morire!-

Ed è proprio da questo luogo, e vicin vicino agli avanzi di una batteria scoperta, conosciuta anco in giornata col nome di Torrione, che nel 1812 all'epoca della dominazione francese i sancullottes bordighesi vollero misurarsi con l'aristocratico leopardo, facendo fuoco il 21 luglio, contro di una fregata inglese, che quasi a diporto e pavoneggiandosi radeva la sponda cagionandole non lievi perdite.
Prese il largo la fregata quasi fosse paurosa d'altri guai e mentre boriavano scioccamente quel rimasuglio di pescatori di aver sconfitto un potente nemico, ecco due mesi dopo ricomparire questo legno con altri due armati di cannoni di grosso calibro, e bersagliando quel mozzicone di torre vi danno l'assalto, inchiodano quel pezzo di ferraccio che vomitò fuoco contro il naviglio, chiudono nel forte la ciurmaglia e fatto un giro per il paese spopolatissimo, ché ogni persona aveva guadagnato i monti, fa prigioniero il sindaco assieme ad altre persone e, condottili a bordo, li circondano delle più squisite gentilezze, li rimpinzano di lacchezzi annaffiati da liquori abbondanti, e ubriachi fradici li riportano sulla spiaggia, dove al mattino dopo si svegliarono colla chiave del forte nel cappello e cercando invano il naviglio ch'erasene partito.


Giulio Cappi, Da Mentone a Genova. La Cornice: bozzetti per marine, città, paesi e castella, Tip. Bortolotti di G. Prato, Milano, 1888