giovedì 29 luglio 2021

A Sanremo anni fa...

Mario Bardelli,  Riviera di ponente (acquarello) - Fonte: Nel delirio non ero mai sola, blog. cit. infra

Si era era messa in testa di educare i piccioni, che venivano numerosi sul suo balcone [a Sanremo] per le generose elargizioni di riso e di granaglie che faceva loro. Erano però animali estremamente individualisti, rissosi davanti ad un chicco di riso, pronti a litigare tra loro e a beccare i più giovani e i più deboli senza il minimo senso di appartenenza comune. L’aveva indignata l’accanimento che i più forti dimostravano verso uno di loro, che aveva perso una zampa in chissà quali trappole. Lei era rimasta un’insegnante, convinta che la realtà si potesse migliorare con un po’ di fantasia e di buona volontà. Stava attenta, dopo avere messo il cibo sul balcone, che ogni animale potesse mangiare, separava quelli più rissosi da quelli inermi, con voce pacata incoraggiava i più miti a non farsi impaurire da quelli più aggressivi. Aumentarono le quantità di granaglie messe a disposizione, in modo che tutti quanti potessero soddisfarsi. Fu raggiunta da una lettera di contravvenzione del Comune, suggerita dai condomini stufi del guano che pioveva loro addosso. Pagò la multa e, non arrendendosi, continuò a nutrire le irriducibili bestie in modo più nascosto.
La sorte gli aveva dato un fratello, più grande di lei di quattro anni. Più che un fratello lo aveva sempre considerato un avversario, un concorrente. Il fratello non andava bene a scuola e lei si ripromise di diventare la prima della classe. Il fratello era sempre rimandato in latino e lei si impresse le cinque declinazioni, le coniugazioni,i complementi, l’ablativo assoluto, il participio congiunto, il periodo ipotetico in modo tale che non se li sarebbe più dimenticati fino alla morte. Il suo spirito guerriero e antifraterno sarebbe però caduto rovinosamente nell’adolescenza, quando la sua vita si avvicinò per sentimenti e desideri a quella del fratello. Il tramite che fece cadere le ultime barriere fu il teatro, cioè la passione per recitare e cantare. Queste due attività penso che siano un mezzo straordinario per fare vivere bene insieme le persone. Recitare e cantare fanno "uscire da se", ci portano in un mondo più grande del nostro e noi giochiamo ad essere altri, liberandoci finalmente, anche se solo temporaneamente, di noi stessi. Insomma, diventiamo davvero fratelli.
[...] Ognuno di noi penso che abbia sperimentato momenti di libertà e di gioia assoluta, almeno me lo auguro. Il mio momento di pura gioia l’ho avuto da piccola, penso all’età di cinque, sei anni. I miei avevano un negozio di drogheria che dava su una grande piazza, le auto erano molto poche e le strade non presentavano pericoli, soprattutto quelle attorno alla piazza e alla chiesa che vi sorgeva accanto. Mentre mio fratello andava già a scuola alle elementari, io trascorrevo gran parte della giornata in negozio, o meglio, nelle vie attorno, molte delle quali erano quasi dei vicoli. Con altri bambini della mia età avevamo fatto una specie di banda, che andava in giro a giocare ma anche a dare fastidio agli adulti con qualche piccolo dispetto. Io ero innamorata di un ragazzino della mia età circa, la cui famiglia era conosciuta dalla mia. Insieme facevamo i capibanda, una specia di Bonny e Clyde. Dirigevamo le piccole spedizioni nei vicoli attorno, nascondevamo degli oggetti che trovavamo incustoditi, insomma eravamo i piccoli contro i grandi in un minuscolo progetto di divertimento e di spontanea criminalità. Arrivammo a nascondere il bastone di una persona anziana che l’aveva lasciato incautamente fuori da un negozio. Credo che non l’abbia mai più ritrovato. Eravano noi piccoli contro un mondo grande e terribile, che però non ci faceva paura, anzi ci sentivamo onnipotenti. I nostri genitori erano occupati a lavorare, si preoccupavano se non ci vedevano per qualche tempo, soprattutto ci raccomandavano di non sudare. Per il resto eravamo liberi. Tutta questa meraviglia però finì per una delazione. Ci eravamo arrampicati sulla cancellata della chiesa e qualcuno lo andò a riferire ai miei genitori. Spaventati, vennero a prenderci e da quel momento finì quel luminoso periodo di libertà. Ci fu proibito di giocare in piazza, non potemmo rimettere insieme quel nucleo di piccoli incoscienti pronti a tutto, ci fu proibito di giocare insieme. Fu un vuoto terribile e non riuscii mai a divertirmi con le bambole. Fu come essere scacciati dal paradiso terrestre.
Donatella D’Imporzano, Piccoli racconti d’estate, luglio 2021, Riviera di Ponente, neldeliriononeromaisola, 27 luglio 2021