Pur non essendo documentato palesemente, possiamo immaginare con facilità Gio Ponti, a suo agio nei salotti culturali milanesi e già abbonato della stagione lirica del Teatro alla Scala, come uno dei frequentatori assidui di questi incontri culturali estivi: alcuni progetti elaborati dalla seconda metà degli anni Trenta - le ville a Bordighera e le piccole case al mare pubblicate su Domus - testimoniano la sua conoscenza e frequentazione della riviera ligure. Non è difficile, quindi, ipotizzare che il balletto "La vispa Teresa" andato in scena a metà del 1939 al Teatro dell’Opera del Casinò di Sanremo con le musiche di Ettore Zapparoli <1, sia stato in parte progettato in un patio affacciato sul mare all’ombra della pineta.
Nel provare a ricostruire l’ambiente dove ha preso vita il primo incarico teatrale documentato di Ponti, purtroppo l’immaginazione sopravanza di gran lunga le fonti esistenti: una foto di scena e un breve accenno in una lettera dell’anno successivo scritta a Ponti dal regista Carletto Thieben <2 durante il comune impegno per "Pulcinella" sono tutto ciò che rimane oggi dello spettacolo. D’altra parte, anche la quasi totalità del lavoro musicale del compositore mantovano è avvolto nel mistero o, come sembra, è andato disperso con la sua morte e il suo stesso nome è poco legato al successo artistico in campo musicale.
Non è neppure chiaro se il testo a cui si sono ispirati Zapparoli, Ponti e il coreografo Walter Toscanini <3 con la moglie Cia Fornaroli <4, direttrice della compagnia di danza, sia stato la poesia di Luigi Sailer <5 "La farfalletta" o la più dissacrante "Vispa Teresa" di Trilussa <6: la posa della protagonista nella foto fa propendere per quest’ultima ipotesi, ma i costumi di repertorio del Balletto italiano di Sanremo, stilisticamente derivati dall’esperienza naturalista ancora molto forte in Italia, sono di difficile interpretazione perché in netto contrasto con la scena che, pur non essendo di totale rottura, punta decisamente all’innovazione teatrale.
In ogni caso, alla fine degli anni Trenta la storia della bambina che cattura una farfalla in un prato viene variamente interpretata, come testimonia anche il cortometraggio diretto da Roberto Rossellini per la Scalera Film <7.
La fotografia che immobilizza un attimo del balletto è, come diceva Ponti, «nella forma, astrazione, sintesi ed estasi di un movimento e della vita» <8 e il suo ripetuto uso nelle numerose mostre internazionali dell’architetto attesta che il concetto di «scena dinamica» annotato di suo pugno sul retro era per Ponti un ossimoro su cui argomentare: nonostante il trentennio che separava questo esperimento italiano - estraneo alle Avanguardie artistiche - dalle lezioni di Adolphe Appia e Gordon Craig, per scena si continuava ad intendere lo scenario dipinto che fungeva da fondale e non già lo spazio scenico attraverso cui si esprime la profondità dell’azione drammaturgica e che possiede un carattere simbolico intrinseco.
L’apparente “naività” del fondale dipinto con alberi e prati, che richiama indubbiamente le pinete di cui si poteva godere sul litorale ligure, trae solo apparentemente in inganno, orientando lo spettatore verso una scenografia di tipo tradizionale che però abdica a quella che per Vitruvio era la sua funzione sostanziale, perché non descrive la profondità. Essa ci esplicita, piuttosto, l’attenzione di Ponti per la pittura dei Fauves in cui il colore, antinaturalistico e vibrante, diventa manifestazione delle emozioni individuali ed è perciò particolarmente adatta ad essere usato in scenografia. L’esponente principale del Fauvismo, Matisse, verrà citato da Gio Ponti qualche anno più tardi nelle note interne per il balletto "Mondo Tondo", divenendo esempio di cromatismo luminoso; tuttavia il fondale naturalistico usato nel 1937 sembra più ispirato dai lavori dei rappresentanti della Scuola di Chatou e in particolare da Andrè Derain, fauve che aveva lavorato subito dopo la prima guerra mondiale con Diaghilev e i Balletti Russi <9, verificando nel lavoro scenografico la sua ricerca pittorica.
[NOTE]
1 Ettore Zapparoli (Mantova, 1899 - Monte Rosa, 1951) fu compositore e alpinista. Morì senza eredi in circostanze tragiche in montagna e il suo corpo, ritrovato in un burrone nel 2007 è stato recentemente riconosciuto da una lontana parente. Genio misconosciuto della musica, frequentatore dei salotti culturali milanesi, per il Teatro alla Scala avrebbe dovuto mettere in scena presumibilmente nel 1943, Enrosadira, un’opera lirica sulle leggende delle Dolomiti. Il bombardamento della Scala impedì la prosecuzione del lavoro e distrusse la partitura che ancor oggi risulta dispersa, come la maggior parte delle sue opere. Fonti orali indirette (sia da parte della famiglia Ponti, sia da parte della famiglia Zapparoli) convergono sul fatto che ci fosse l’accordo con un architetto - in cui si potrebbe ravvisare la figura di Ponti - per realizzare le scene.
2 «Io ricordo la disgraziata “Vispa Teresa” e la meraviglia della vostra messa in scena, una delle più belle ch’abbia visto in vita mia». Thieben C., Epistolario Gio Ponti, D13p, 21 marzo 1940.
3 Walter Toscanini (Torino, 1898 - New York, 1971), figlio del maestro Arturo Toscanini, conseguì la laurea in giurisprudenza, ma non praticò mai. Dopo il matrimonio con l’etoile della danza Cia Fornaroli si dedicò principalmente a collezionare e a vendere libri rari sul balletto, attività che continuò anche dopo il 1940, anno in cui emigrò a New York a causa delle persecuzioni fasciste. Dopo la morte della moglie, Walter Toscanini creò con gran parte della loro collezione il fondo Cia Fornaroli Collection, conservato nella New York Public Library (Jerome Robbins Dance Division). Gli ultimi materiali vennero aggiunti in seguito alla sua morte.
4 Lucia Fornaroli (Milano, 1888 - Riverdale, New York, 1954), detta Cia, dopo gli studi di ballo presso la scuola di danza del Teatro alla Scala e il perfezionamento con Enrico Cecchetti, di cui fu una delle allieve predilette, debuttò come prima ballerina al Metropolitan di New York nella stagione 1910-1911. Restò negli Stati Uniti fino al 1914 e negli otto anni successivi compì numerose tournées nei teatri più importanti e con le compagnie più famose di tutto il mondo. A partire dal 1922 tornò alla Scala prima come etoile e coreografa, poi dal 1929 successe a Cecchetti nella direzione della scuola di ballo, pur senza abbandonare la sua attività artistica nel settore interpretativo. Nel 1933-1934, lasciata la Scala, fondò la Compagnia del Balletto Italiano di San Remo con la quale tentò di contrapporre un equivalente italiano alle più importanti formazioni di danza straniere, come i Balletti Russi (allora artisti residenti del vicino teatro di Montecarlo) e i Balletti Svedesi. Per la Compagnia del Balletto Italiano coreografò prevalentemente balletti di compositori italiani di musica contemporanea. A partire dal 1940 si stabilì a New York con il marito Walter Toscanini dedicandosi all’insegnamento della danza. Si spense a seguito di una lunga malattia, che la rese immobile per due anni.
5 Luigi Sailer (Milano, 1825 - Modena, 1885) fu insegnante di scuola secondaria a Milano, a Siena e a Modena. Nel 1870 pubblicò alcuni componimenti poetici per bambini col titolo L’arpa della fanciullezza. Nel volume si trova La farfalletta, composta tra il 1850 ed il 1858, e dedicata ad una principessina di Savoia-Carignano ritenuta «una bambina incorreggibile, perché male avvezza». II successo del componimento fu tale che a tre anni dalla sua prima pubblicazione si era già alla terza edizione. Alla fine del decennio tutti conoscevano la Vispa Teresa, ma quasi nessuno sapeva più chi ne fosse l’autore.
6 Il poeta Carlo Alberto Salustri (Roma, 1871 - 1950) scelse lo pseudonimo Trilussa, anagramma del proprio cognome col quale firmò un gran numero di poesie dialettali. Lungi dall’essere un intellettuale, fonte della sua ispirazione erano le strade di Roma, assai più che i libri o i circoli letterari che rifiutò sempre di frequentare preferendo le osterie. Quando un giornale locale gli pubblicò i primi versi, questi conobbero rapidamente il consenso dei lettori e furono il primo passo verso la realizzazione di molte raccolte di poesie. La fama di Trilussa crebbe, e tra il 1920 e il 1930 la sua notorietà raggiunse il culmine. A soli pochi giorni dalla sua morte gli venne riconosciuto il titolo di senatore a vita per alti meriti in campo letterario e artistico.
7 Nel 2006 presso l’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza è stata ritrovata una copia del film facente parte di una serie di cortometraggi prodotti dalla Scalera Film, che si credeva perduto. Partendo da materiali documentari con protagonisti gli animali, il regista raccontava una breve storia moralizzante. Secondo i critici cinematografici, questi cortometraggi rappresentarono il punto di partenza del Neorealismo italiano. Titolo originale: La vispa Teresa; Paese: Italia; Anno: 1939; Durata: 7 min; Colore: B/N; Genere: Documentario; Regia: Roberto Rossellini; Fotografia: Mario Bava; Musiche: Simone Cuccio.
8 Ponti G. cit., 1957, p. 82. Ponti, prendendo le distanze dal Futurismo di seconda generazione che stava vivendo in quegli anni un periodo di fortunato revival, afferma anche: «non è l’arte ad esprimere il movimento muovendosi, ma è il movimento che esprime - nella danza ed anche nella danza meccanica, nella musica, nel canto, nel ritmo - l’arte. Questo è l’incanto del movimento: che non ha forma perchè ha mille forme». (Ponti G., cit., 1957, p. 45).
9 Nel 1919 Andrè Derain (Chatou, 1880 - Garches, 1954) aveva realizzato le scene per il balletto La boutique fantastique con musiche di Ottorino Respighi, causando la rottura definitiva tra Sergej Diaghilev e Lev Baskt, storico scenografo dei Balletti Russi. La medesima la velocità del tratto nei bozzetti di Derain è presente negli alberi del fondale di Ponti per La vispa Teresa.
Silvia Cattiodoro, Gio Ponti dalla scena al grattacielo. Un unico modo, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Palermo, 2012


