giovedì 26 dicembre 2024

Bestemmie volano insieme ai sacri manufatti

Sanremo (IM): uno scorcio di Piazza Eroi Sanremesi, ripreso più o meno all'altezza del negozio citato in questo racconto

Cantico di Natale anni '50 a Sanremo.
L'aria è molto fredda, il cielo è grigio e distante. La porta della nostra drogheria è semichiusa per attutire il gelo che viene dalla piazza [n.d.r.: Piazza Eroi Sanremesi di Sanremo]. La vigilia di Natale è arrivata, ma c'è un po' di tristezza nell'aria. Gli affari non vanno per niente bene  perché di soldi ne circolano pochi.
Nostra mamma, come in tutte le feste, ha fatto una bella vetrina, con carta argentata, ciotole di canditi, uva sultanina, scatole di cacao, di the, di caffè. Per noi bambini questo è l'autentico segnale del Natale che sta arrivando, insieme alle vacanze scolastiche che sono già iniziate da un giorno. Ci divertiamo a stare in negozio come i grandi e a vedere entrare ed uscire le persone. E' bello anche guardare fuori: dal mattino presto si sono installati in piazza con un banco  provvisorio, sicuramente abusivo, fatto di due cavalletti e un asse abbastanza lungo, due o tre individui che da noi si chiamano "lingere". Sono giovanotti, ma nemmeno tanto giovani, mal messi e con una fama da  "faignants", da fannulloni. Quello di loro che viene abitualmente chiamato "Rovinafigli", in memoria di un'epica lite da lui sostenuta contro alcuni suoi stretti famigliari, è a capo dell'impresa. Hanno costruito con cartoni  e colla delle capanne un po' storte che probabilmente non vedranno mai nascere il Bambino. Speravano di fare un po' di soldi, ma in tutta la giornata non sono riusciti a vendere niente. Si fa scuro e il freddo si sente di più. Entra da noi in negozio, per riscaldarsi, Gambin (così è chiamato da tutti nella piazza ma non sappiamo il perché). Possiede un  baracchino (lui lo chiama azienda) dirimpetto al nostro negozio. Vende ostriche ed altri frutti di mare e normalmente si tira su, inverno ed estate, bevendo "cicchetti" uno dopo l'altro, reggendo straordinariamente bene tutti i generi di alcolici. Mia mamma, che si immedesima nel fallimento dei venditori di capanne ("non sono nemmeno al coperto e si prendono tutto il freddo di questa Vigilia gelida") esprime la sua pena per loro: vorrebbe avere tanti soldi per comprargliele lei tutte quelle capanne. Gambin sostiene invece che non darebbe nemmeno un soldo a degli scansafatiche poco di buono che dovrebbero solo andare a lavorare. Si rompe inevitabilmente l'atmosfera di comprensione universale e siamo riportati tutti sulla spietata terra.
Ormai è venuta l'ora di chiusura, i negozi stanno tirando giù le saracinesche, anche Gambin è andato a chiudere la sua azienda. Nella quiete un po' sorda della sera natalizia sentiamo delle urla  nella piazza. Finalmente qualcosa di interessante da vedere, anche per noi bambini: Rovinafigli, ormai in preda ad una rabbia violenta e ai tanti bicchieri bevuti per scaldarsi, sta scagliando a terra, una per una, le capanne invendute, praticamente tutte. Bestemmie volano insieme ai sacri manufatti, qualche  passante si ferma incuriosito, tutti noi, grandi e piccini, assistiamo senza fiatare alla fine violenta di grandi speranze. L'ostricaio è l'unico che tenta di opporsi a quella tempesta distruttiva.
"Ma dai, non fa cuscì! Ti purerai vendile l'annu proscimu" (Ma dai, non fare così! Potrai venderle l'anno prossimo) e intanto afferra una capanna. "Ti vei, ‘sta chi a l'è bèla, tegnila!"(Vedi, questa è bella, tienila!). Ma Rovinafigli è ormai al di là di ogni ragione. "Na, a veuio buttà tutto. A sun disgrasiau. Maledete ste feste e chelu che u l'ha inventae!" (No, voglio buttare tutto. Sono disgraziato. Maledette queste feste e  quello che le ha inventate!). Gambin, con aria quasi paterna e un po' falsa, prende in mano un'altra capanna: "Sta chi damela, ciutostu che butala, cuscì duman a fassu u presepe a ca mea. In fundu i nun sun cuscì brute" (Questa dammela, piuttosto che buttarla, così domani faccio il Presepe a casa mia. In fondo non sono così brutte).
Di fronte alla valutazione decisamente modesta del suo lavoro, l'ira sale ancor di più: "Na, a devu buttà tutu, lascime sta, a sun nasciu disgrasiau! Ti u dixi anche tu che i sun  brute"(No, devo buttare tutto, lasciami stare, sono nato disgraziato. Lo dici anche te che sono brutte).  La rabbia e la violenza  sono contagiose: finalmente anche l'ostricaio  esprime il suo vero  e più profondo parere e al diavolo l'amore per il prossimo. Tenendo la capanna in mano, quella che non era poi così brutta, esclama inesorabilmente il suo giudizio: "Sci, ti l'hai raixiun. I sun brute. Adessu a posciu ditelu che i sun propiu di brutesci! Aspeita ca te do ina man!" (Sì', hai ragione. Sono brutte. Adesso posso dirtelo che sono dei brutessi (cose disgustose). Aspetta che ti do' una mano!) e giù a buttare capanne per terra e a saltarci addosso con i piedi. Davanti a tutto quel furore, un po' di gente si è radunata e guarda divertita. Nessuno tenta di fermare i due invasati, qualcuno dice che è sacrilegio distruggere in quel modo delle cose destinate al Bambino. Mentre il gruppetto di curiosi si scioglie, si sente un commento anonimo ad alta voce:" Però i l'eira propiu brute! U l'è staitu meju sciapale" (Però erano proprio brutte! E' stato meglio spaccarle).
Donatella D'Imporzano
Chiara Salvini, Donatella D'Imporzano - Cantico di Natale a Sanremo anni Cinquanta, Nel delirio non ero mai sola, 25 dicembre 2024

giovedì 19 dicembre 2024

Il restauro del Castello Doria a Dolceacqua


Fonte: Luca Dolmetta e Silvia Rizzo, art. cit. infra

Viste del Castello Doria prima degli interventi di restauro e a completamento delle opere (in basso). Fonte: Luca Dolmetta e Silvia Rizzo, art. cit. infra

Fonte: Luca Dolmetta e Silvia Rizzo, art. cit. infra

Fonte: Luca Dolmetta e Silvia Rizzo, art. cit. infra

Il castello di Dolceacqua ha muratura in pietra a spacco o mista, di ciottoli, mattoni pieni e malta di calce. Nelle diverse zone, sebbene la tessitura muraria appartenga a periodi di costruzione differente, erano presenti degradi comuni tra cui disgregazione della pietra, erosione dei giunti di malta, presenza degli attacchi biologici per l’umidità introdotta direttamente nella muratura e per l’inefficienza dei sistemi di raccolta di acque piovane. Crolli, fessurazioni, lesioni, lacune e mancanze erano piuttosto diffuse. Per quanto riguarda lo strato di intonaco (presenza poco diffusa) i degradi si potevano individuare come distacco, rigonfiamento e crosta nera. Molti erano i segni di dissesto nella costruzione; estesi ed allarmanti risultavano i fenomeni di imbarcamento, vistosi crolli delle pareti e lesioni, che interessavano anzitutto il bastione superiore richiedendo interventi di consolidamento statico. Per contrastare lo spanciamento della porzione di parete che unisce il Cortile d’onore con il Bastione Sabaudo (prima dei lavori la zona più a rischio), era stato predisposto in precedenza un reticolo creato con tubi innocenti ancorati alla muratura.
Tale porzione di muratura, precedentemente coperta da vegetazione ed oggi totalmente recuperata, presentava fenomeni di disgregazione, decoesione, erosione e fratturazione con estese mancanze. Problemi forse dovuti alla disomogeneità del terreno d’appoggio o mancanza d’ammorsatura tra le pareti della muratura stessa con quelle del corpo vicino. Tutto ciò risultava aggravato dall’umidità penetrata che indeboliva la resistenza della parete.
Le principali operazioni di restauro previste dall’intervento hanno riguardato:
1. il rivellino verso la Porta Lù; 2. la porzione dell’edificio crollato a ridosso del nuovo giardino belvedere; 3. la “Vela” Nord; 4. il Bastione Sabaudo, parte fino al nuovo giardino e parte verso il cortile esterno.
In particolare i principali interventi effettuati hanno riguardato: a) restauro muratura esterna in pietra; b) stuccatura dei giunti con malta di calce con materiali dello stesso tipo, forma e colore di quelli esistenti compreso consolidamento localizzato.
Intervento di riqualificazione della Porta del Lù, attraverso la realizzazione di una scala di accesso al rivellino ed il recupero dell’attuale biglietteria (da spostarsi all’interno del Castello) da destinarsi a spazio espositivo connesso al Castello. Realizzazione di un giardino pubblico-belvedere naturale per riqualificare lo spazio oggi abbandonato ai piedi del Castello e di grande valore per l’attrattività complessiva del monumento, compreso il restauro della muratura dell’edificio crollato esistente.
Miglioramento dell’attuale belvedere attraverso la collocazione di un nuovo portone che rafforzi il concetto di “fortezza-baluardo difensivo”. Restauro della “vela” nord anche attraverso l’introduzione di una passerella in acciaio necessaria a consolidare, interrompendo la lunghezza della parete, la muratura esistente.
Realizzazione di un sistema di collegamento e passerelle tra il piano superiore del portico del cortile d’onore ed il “rudere” limitrofo al cortile stesso. La scala diventa anche in parte elemento di ricostruzione-consolidamento, anche simbolici, del muro demolito con cui interagisce ed entro cui si avvolge, non risultando percepibile dal cortile d’onore. Dall’esterno, il sistema di chiusura risulta leggero, trasparente ed è costituito da lamiera stirata di corten che lascia percepire le parti retrostanti della muratura esistente, pur ricomponendo in parte il disegno del prospetto fino al portico esistente. Realizzazione di una scala di discesa al bastione dove è stato eseguito il recupero dello spazio aperto.
Luca Dolmetta e Silvia Rizzo, Restauro del Castello dei Doria a Dolceacqua, Imperia, paesaggio urbano,  n° 2 - 2016

Fonte: Manlio Montuori, art. cit. infra

Fonte: Manlio Montuori, art. cit. infra

Ben lungi dall’essere un’operazione nostalgica di recupero dei valori identitari di una comunità o di attardata azione di ripristino dei caratteri figurativi della preesistenza, l’intervento condotto dagli architetti genovesi Luca Dolmetta e Silvia Rizzo si caratterizza per la forte impronta contemporanea che, assumendo il monumento nella sua stratificata redazione documentale pervenutaci allo stato di rudere, si fa interprete di un’attenta azione di valorizzazione. La prassi di mantenimento dell’identità paesaggistica, inoltre, è una componente non secondaria del progetto che, come richiamato da Piero Gazzola nel 1969 in occasione della tavola rotonda su “Le opere di fortificazione nel paesaggio e nel contesto urbano”, si concretizza nello stretto rapporto tra la fortificazione, per la sua specificità strategica, e l’habitat preesistente che lo ha assimilato nell’immagine.
Il progetto, che fa seguito a un’attività edilizia avviata già da un ventennio, dichiara una definita intenzionalità rispetto alla fortificazione nel suo complesso, fatto di aree interne ma anche esterne al castello, evidenziando la programmatica finalità di dare nuova fruibilità culturale alla fortificazione, sia continuando le operazioni già cominciate per la salvaguardia delle critiche condizioni d’abbandono in cui versavano le murature, sia soprattutto abolendone le destinazioni d’uso improprie come lo spostamento dei locali di servizio dalla torre Sud alla ‘Vela’ Nord o il recupero ad una più appropriata funzione espositiva dei locali in prossimità di Porta Lu, destinati alla ex biglietteria, spostando quest’ultima all’interno del castello.
Decisamente più impegnativo appare il risarcimento delle membrature architettoniche lungo il fronte meridionale negli ambienti posti al piano terra ed al piano superiore del portico sul cortile d’onore. La perdita dei setti murari, infatti, determina la convincente scelta di non ricomporre le arcate obliterate, demandando al nuovo sistema di scale e passerelle il ruolo di collegamento. Il nuovo intervento, schiettamente contemporaneo nell’uso dell’acciaio corten, inoltre, assolve una doppia funzione: quella di migliorare il comportamento strutturale delle murature con interventi di consolidamento localizzati e quella di risarcire le figuratività delle membrature senza voler alludere, in forza di tale risarcitura, ad una preesistenza materica ormai perduta.
Il castello sorge su uno sperone di roccia che, dominando dall’alto l’abitato e le acque del torrente Nervia, lo isola su tre versanti di un alto strapiombo.
Il dialogo fra l’architettura e il sito è pertanto strettissimo, al limite della complementarietà fatta non solo dell’uso dei materiali offerti dal luogo, ma dell’integrazione della componente arborea al margine del perimetro fortificato.
Proprio questa interazione viene sapientemente potenziata, restituendo alla fruizione pubblica giardini e belvedere che circondano il castello e, di fatto, diventando parte integrante della strategia di valorizzazione anche in chiave paesaggistica della fortezza dei Doria.
Manlio Montuori, Frammentarietà di forme e completezza di significati nel Castello di Dolceacqua, paesaggio urbano,  n° 2 - 2016

venerdì 13 dicembre 2024

Presentazione del libro "L’arte è pensiero che diventa forma" di Elio Lentini


 

 

Sanremo, Museo Civico di Palazzo Nota, Mercoledì 18 dicembre 2024, ore 16.30
 

Presentazione del libro "L’arte è pensiero che diventa forma" di Elio Lentini
 

Con la partecipazione di Silvia Pavanello, Chiara Tonet, Marco Innocenti, Fabio Barricalla, Elio Lentini 


Il Museo dello Studiolo

giovedì 12 dicembre 2024

La febbre del cemento s’era impadronita della Riviera

La pista ciclopedonale a Santo Stefano al Mare (IM)

[...] La provincia di Imperia si troverà ancora in anticipo allorché il turismo, a carattere prevalentemente élitario fino ai primi anni Cinquanta del Novecento, nel ventennio successivo si trasforma in turismo di massa, manifestando qui quella specificità della “seconda casa” che solo qualche decennio dopo caratterizzerà il resto d’Italia: il saggio di Italo Calvino, che legge il fenomeno ed è intitolato “La speculazione edilizia”, è pubblicato già nel 1963.
L’offerta ricettiva diventa extra-alberghiera e viene a predominare su quella alberghiera, in concomitanza con i mutamenti strutturali della domanda, che vede diminuire l’incidenza della componente straniera e aumentare fortemente quella nazionale, con flussi provenienti soprattutto dal Piemonte e dalla Lombardia, favoriti dal manifestarsi in quel periodo di molte concause, tra cui merita di essere ricordata l’apertura dell’Autostrada dei Fiori avvenuta il 6 settembre 1971 e il diffondersi della vacanza estiva anche in strati sociali fino a quel momento poco propensi a tali abitudini, per ragioni economiche e culturali.
Sempre negli stessi anni, si accentua anche l’interesse per l’investimento immobiliare che, anche nei decenni successivi, grazie alla continua rivalutazione del valore degli immobili, favorirà non solo nei ceti più abbienti la tendenza a considerare la seconda casa non soltanto come una modalità conveniente per i soggiorni di tempo libero al di fuori del luogo abituale di residenza, ma anche e soprattutto come un “bene-rifugio”.
La produzione architettonica post-bellica presenta una prima fase, corrispondente all’ottimismo e al fervore culturale degli anni Cinquanta, caratterizzata da alcune importanti realizzazioni sia ad opera di architetti esterni (Daneri e Giò Ponti, per citare i casi più eclatanti), sia locali (Mario Alborno) e una seconda fase, negli anni Sessanta e Settanta, purtroppo identificata dalla massiccia ed impersonale edificazione di condomini e case monofamiliari: “la febbre del cemento s’era impadronita della Riviera: là vedevi il palazzo già abitato, con le cassette dei gerani tutte uguali ai balconi, qua il caseggiato appena finito, coi vetri segnati da serpenti di biacca, che attendeva le famigliole lombarde smaniose di bagni; più in là ancora un castello di impalcature” (I. Calvino, La speculazione edilizia, Milano, 1963, pp.4-5). Rappresentano delle felici eccezioni la Casa di vacanza per i dipendenti Atm a Bordighera di Giancarlo De Carlo e il Villaggio del Poggio a Cervo di Leonardo Mosso.
E ritorniamo all’oggi, a una provincia turisticamente molto matura e in profonda crisi rispetto al modello di sviluppo consolidato della “seconda casa” che, un po’ inaspettatamente, mostra segni ed esperienze di innovazione probabilmente ancora in anticipo rispetto al resto del Paese.
L’asse portante della rivoluzione industriale, cioè la linea ferroviaria Genova-Ventimiglia che transitava molto vicina alla linea costiera è spostata a monte, non più visibile in città. E, al posto dell’alta velocità, la provincia di Imperia ha scelto il muoversi lento della bicicletta e del pedone: la riconversione delle aree ex ferroviarie ha lasciato il posto al Parco Costiero della Riviera dei Fiori e alla sua pista ciclo-pedonale lunga, al momento, 24 km.
Il deserto verde dell’entroterra rurale, con le sue attività che non rappresentano più la base economica della società locale e con la sua armatura territoriale sedimentatasi nei secoli precedenti, non è più un luogo da abbandonare: si è assistito nei decenni precedenti al recupero sporadico di edifici nei centri storici, a volte di pensionati che sono ritornati nella casa di famiglia, altre volte di turisti che hanno scelto un diverso modo di avere la loro “seconda casa”, altre volte ancora di nuove famiglie che hanno scelto l’entroterra perché i valori immobiliari sono più accessibili.
L’insieme di queste iniziative individuali si sono sommate fino a interessare quasi integralmente interi nuclei storici.
Questo processo è stato poi interpretato anche da iniziative imprenditoriali che hanno interessato il riuso di interi complessi o nuclei come residenze secondarie, volti proprio a valorizzare i caratteri dell’architettura tradizionale e puntando su quelli per raggiungere risultati di elevato standard qualitativo.
Da lì a vedere il protagonismo diretto delle comunità locali il passo è breve: si tratterà di vedere se leadership avvedute sapranno guidare dal basso verso il recupero del proprio territorio nella sua integrità, cercando di reinterpretarne le vocazioni produttive.
Francesca Buccafurri e Lucio Massardo, Per un panorama dell’architettura moderna e contemporanea in provincia di Imperia in (a cura di) Giovanna Franco e Stefano Francesco Musso, Architetture in Liguria dopo il 1945, De Ferrari, 2016, volume esito del progetto di ricerca “Censimento e schedatura di complessi di architettura moderna e contemporanea in Liguria” ideato e realizzato dall’allora Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici, oggi Segretariato regionale del MiBACT per la Liguria, da Regione Liguria e dal Dipartimento di Scienze per l’Architettura-DSA dell’Università degli Studi di Genova, nell’ambito dell’Accordo di Programma Quadro “Beni e Attività culturali III integrativo - Intervento BF-10 Progettazioni per lo sviluppo di programmi di valenza strategica in materia di cultura”

venerdì 6 dicembre 2024

Originale incontro con lo scrittore Franco Fiorucci


Domenica 8 dicembre 2024, alle ore 16, a San Biagio della Cima (IM) nei locali de "U Bastu", avrà luogo, largamente aperto al pubblico, un estroso incontro-dibattito con lo scrittore Franco Fiorucci in merito al suo libro "Matti. Quasi matti. Sognatori. E fattucchiere. 21 mila parole per 7 racconti". Adriano Maini


Franco Fiorucci. 76 anni, giornalista in pensione. Ha cominciato come corrispondente dell'Unità da Imperia, per poi lavorare per varie testate motoristiche (Rombo, Automobilismo, AM, Automobilismo d'Epoca, InterAutoNews). Da pensionato scrive storie gialle che si diverte a inventare. Ne ha pubblicato quattro: Tango argentino sulla Côte, Atti di morte, Fiori che odorano di soldi, Scarpe nuove per morire.
Redazione, Biografia dell'autore Franco Fiorucci, etabeta

venerdì 29 novembre 2024

Natta rampognò molto Francesco Rum perché non concluse l'Università per fare il funzionario di partito


Francesco Rum <15 eredita la liricità della prosa del conterraneo Giovanni Boine: nei suoi romanzi <16 i protagonisti si chiamano Fiorentino (in Fasce sul mare), Tunìn, forma dialettale di Antonino (in I muretti della luna), Eli, forma abbreviata Elisa/ Elisabetta (in L’Onda Grande). Invece, nel suo ultimo libro "Viaggiate, viaggiate...", i personaggi sono quattro viaggiatori di cui non viene dato il nome e che si identificano, di volta in volta, con l’io narrante.
[NOTE]
15 Di questo autore abbiamo passato in rassegna i romanzi Fasce sul mare, Genova, Ecig 1988; I muretti della luna, Genova, Ecig 1990; L’Onda Grande, Genova, Marietti 1991; Viaggiate, viaggiate..., Imperia, Centro Editoriale Imperiese 1998.
16 Vittorio Coletti, Storia dell’italiano letterario, Torino, Einaudi 1993, p. 385.
Mauro Bico, Nomi e cognomi nella narrativa recente del Ponente ligure, "il Nome nel testo" - Rivista internazionale di onomastica letteraria - Vol. XVII/2015, Ed. ETS, p. 33

Nasce [Francesco Rum] a Imperia (Italia) nel 1933. Perde prematuramente l'amatissimo padre, pescatore, ucciso da una mina inglese. Dopo aver terminato gli studi classici con ottimo profitto, viene avviato alla professione di avvocato, che trascura per dedicarsi all'impegno politico nel Partito Comunista Italiano.
Poco più che ventenne comincia la collaborazione con il quotidiano L'Unità come corrispondente locale e negli anni Sessanta collabora anche con la rivista comunista Rinascita e con la rivista di fumetti Linus: è in questi anni - e in seguito alla conoscenza di Oreste del Buono – che scopre il grande valore culturale del fumetto "d'autore" e così, precursore di una tendenza che prenderà piede solo vent'anni più tardi, comincia la ricerca dei fumetti che aveva conosciuto da bambino, andandoli a scovare nei fondi di magazzino dei grossisti di giornali, nelle cantine dimenticate e in seguito tra i collezionisti di tutta Italia.
Nel 1975 comincia la sua carriera politica come assessore regionale al Turismo e all'Agricoltura della Regione Liguria, carica che ricoprirà per più di 15 anni e che gli permetterà di conoscere, anche direttamente, i grandi disegnatori italiani del tempo.
In più di trent'anni costruisce, così, una delle principali collezioni di fumetti del periodo che va dai primi anni del Novecento fino al secondo Dopoguerra, tra le più prestigiose e ricche del panorama italiano, mettendo insieme circa 30.000 pezzi, anche rarissimi e unici.
Continua la carriera politica nella Provincia di Imperia, nel Comune di Sanremo e nei Consigli d'amministrazione della Fondazione CaRiGe. Terminata questa attività, nel corso degli anni Novanta si dedica alla scrittura pubblicando sei romanzi.
A causa di un tumore alle ossa, muore a Imperia (Italia) il 29 settembre 2004.
Dopo la sua scomparsa, gli eredi dell'amata collezione hanno tentato la creazione di un museo del fumetto a lui intitolato con sede presso la Biblioteca Berio di Genova; la Fondazione Franco Fossati ha offerto la sua collaborazione. Dopo dieci anni, il progetto non ha trovato i promessi sostegni degli enti locali e sembra naufragato.
Note biografiche redatte con Marina Rum, figlia di Francesco Rum. [marzo 2006]
Redazione, Francesco Rum, Fondazione Franco Fossati, 2007-2023  

La realtà organizzativa che avevo ereditato era molto carente, anche se i compagni che si erano impegnati nei due anni precedenti avevano svolto un buon lavoro per far risorgere la Fgci in provincia di Imperia. Era proprio vero: la politica riserva sempre sorprese e io in quella occasione mi ero illuso che il "miracolo" che era accaduto nell'estate del '60 potesse ripetersi nella nuova situazione.
Per rendermi meno ostiche le prospettive per l'impegno assunto, il compagno Franco Dulbecco e il compagno Francesco Rum mi avevano raccontato che nei mesi di maggio e giugno del '60, poiché non vi era un reclutamento accettabile di nuovi militanti e permaneva una carenza di giovani lavoratori che volessero far parte del Pci, la segreteria del partito aveva deciso di sviluppare una campagna di informazione e propaganda estesa, attraverso la distribuzione di volantini principalmente di fronte alle fabbriche, assai numerose a Imperia, per sollecitare l'adesione al partito.
I primi risultati, avevano proseguito i due compagni, erano stati deludenti. Molti lavoratori avevano accolto distrattamente il materiale informativo e vi era stato anche chi lo aveva rifiutato in modo palese.
[...] Durante la campagna elettorale amministrativa dell'autunno del 1964, Giorgio Amendola aveva tenuto un comizio serale nel vecchio mercato dei fiori in via Garibaldi a Sanremo. Da Imperia eravamo partiti alla volta di Sanremo, oltre al sottoscritto, Nedo Canetti e Francesco Rum, mentre Franco Dulbecco il segretario della federazione e Gino Napolitano il nostro parlamentare erano già sul posto.
Terminata l'affollata manifestazione, Gino ci aveva comunicato che avevano preparato, in un albergo della frazione di San Romolo, una cena alla quale sarebbero stati presenti l'onorevole Giorgio Amendola con la moglie Germaine.
[...] Durante il periodo di fine anno avevamo incontrato un gruppo di compagni dell'Anpi (27 dicembre 1973: presenti, per il PCI Mauro Torelli, Francesco Rum, Gian Mario Mascia e on. Gino Napolitano, per l'Anpi Eolo Castagno, Franco Magurno, Menicco Amoretti, Nando Bergonzo e Franco Bianchi "Stalin") per esaminare la possibilità di rafforzare e ringiovanire i quadri dirigenti dell'Associazione, con innesti appropriati e l'irrobustimento culturale della segreteria dell'associazione partigiana. Si era evidenziata la necessità di eliminare i doppi incarichi, in particolare tra la direzione dell'Anpi e quella dell'Istituto storico, una convinzione sostenuta con vigore da Menicco Amoretti, il quale manifestava la sua propensione a dedicarsi all'Istituto.
Giuseppe Mauro Torelli, Viaggio tra generazioni e politica, ed. in pr., 2017

Puntava [Alessandro Natta] sui giovani, ma voleva che continuassero gli studi fino a laurearsi. Per questo rampognò molto Francesco Rum perché non concluse l'Università per fare il funzionario di partito. Forse ha rampognato anche Mauro Torelli, per lo stesso motivo, ma non ne ho notizie precise. Lui che era fiero del suo titolo di professore (uno volta mi disse: "Nel partito di Imperia tutti chiamano "professore" Dulbecco, ma a Roma, in direzione, il "professore" sono io"), voleva che i comunisti che potevano studiare, fossero non solo istruiti, ma anche laureati.
Senatore Nedo Canetti, Agosto 1945: Natta torna ad Imperia, PAGINE NUOVE DEL PONENTE, bimestrale di politica e cultura, Imperia, Numero 4 - ANNO VIII  luglio-agosto 2006

venerdì 22 novembre 2024

A Sanremo vige soprattutto una vocazione commerciale

Sanremo (IM): il forte di Santa Tecla

Fermiamo ora il nostro sguardo sulla politica culturale a Sanremo, una città che in questo campo fa di tutto per disperdere le energie, i buoni progetti, le belle iniziative. Una città che, a parte le nobili eccezioni, non cura le sue memorie storiche. Un assessore troppo attivo è stato estromesso dalla giunta: Sanremo ama navigare fra manifestazioni vacue e un po' ammuffite, e ogni tanto, da parte di qualche politico, torna la solita scemenza dei musei che non rendono denari, ecc. Tutt'al più, si cerca di dare un contentino alle associazioni locali, proprio per far vedere quanto si è magnanimi e caritatevoli. Si sono restaurati alcuni edifici: Palazzo Nota, il forte di Santa Tecla, la chiesa di Santa Brigida. Restauri compiuti così e così: gli infissi seicenteschi di Palazzo Nota sono scomparsi - non si sa quando, il forte è stato munito di una copertura di cristallo alquanto imbarazzante, l'acustica di Santa Brigida è terribile, tutto un rimbombo - ideale per un luogo di culto, oggi sconsacrato, in cui si dovrebbero tenere concerti e incontri sulla letteratura.
A Sanremo vige soprattutto una vocazione commerciale, portare turisti e soldi, far parlare della città. Le sovvenzioni pubbliche per la cultura sono poche e mal amministrate. E dire che la cultura potrebbe essere un incentivo per il turismo, come insegnano i casi di Genova da un versante, di Nizza dall'altro - e in mezzo c'è il quasi-deserto. Pensate i possibili musei (e centri di ricerca e studi d'arte e archivi) che potrebbero arricchire Sanremo: sulla storia della fotografia e delle apparecchiature fotografiche (c'è un autore prestigioso, qui, che non chiederebbe di meglio di poter esporre le sue collezioni), sulla musica (non con le baggianate kitsch delle impronte nel cemento - già kitsch nell'originale di Hollywood Boulevard - ma con collezioni di documenti, strumenti, opere relative alla musica tutta - non solo le canzonette - nel Ponente ligure), sul cinema (qualcosa fa Walter Vacchino, con i suoi mezzi e le sue passioni). Pensate ai personaggi che meriterebbero un museo tutto per loro, e il primo nome che a noi viene in mente è quello di Antonio Rubino.
Poi c'è, visto che il nostro dire si avvia alla conclusione, come una comica finale: i velleitari, i confusionari, o semplicemente gli stupidelli. La mania tutta nostra di mettere gli albergatori come assessori alla cultura o al turismo (gente che magari loda gli "eventi" dell'"estate sanremese" e non sa chi fossero Altamirano o Landolfi). I martedì letterari del Casinò, sopravvalutati e dispendiosi. La sindrome di chi pensa che se sei un personaggio del luogo sei out, che qui siamo in provincia e tutti volano basso, e allora bisogna chiamare un qualche Michelangelo da lontano a tirar pistolettate. Ma, ahimé, forse è proprio questo l'atteggiamento più provinciale: quello di accusare di provincialismo tutti gli altri, perché tu sei in.
Marco Innocenti, Flugblätter (#2. 39 pezzi più o meno d'occasione), Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2018, pp. 153,154

Altri lavori di Marco Innocenti: articoli in Il Regesto, Bollettino bibliografico dell’Accademia della Pigna - Piccola Biblioteca di Piazza del Capitolo, Sanremo (IM); articoli in Mellophonium; (a cura di) Marco Innocenti, Presenzio Astante, Tre fotografie, lepómene editore, 2024; Silvana Maccario, Margini (Introduzione di Marco Innocenti), Quaderno del circolo lepómene stampato a Sanremo, gennaio 2023; Lorem ipsum, lepómene editore, 2022; (a cura di) Marco Innocenti, Il magistero di Cesare Trucco - per il centenario della nascita 1922-2022, Lo Studiolo, Sanremo, 2022; Scritti danteschi. Due o tre parole su Dante Alighieri, Lo Studiolo, 2021; I signori professori, lepómene editore, 2021; Verdi prati erbosi, lepómene editore, 2021; Libro degli Haikai inadeguati, lepómene editore, 2020; Elogio del Sgt. Tibbs, Edizioni del Rondolino, 2020; Flugblätter (#3. 54 pezzi dispersi e dispersivi), Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2019; Sandro Bajini, Fumata bianca dopo penosi conciliaboli (con prefazione di Marco Innocenti), Lo Studiolo, 2018; articoli in Sanremo e l'Europa. L'immagine della città tra Otto e Novecento. Catalogo della mostra (Sanremo, 19 luglio-9 settembre 2018), Scalpendi, 2018; Sandro Bajini, Andare alla ventura (con prefazione di Marco Innocenti e con una nota di Maurizio Meschia), Lo Studiolo, Sanremo, 2017; La lotta di classe nei comic books, i quaderni del pesce luna, 2017; Sanguineti didatta e conversatore, Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2016; Pubblicità, lepómene editore, 2015; Sandro Bajini, Libera Uscita epigrammi e altro (postfazione di Fabio Barricalla, con supervisione editoriale di Marco Innocenti e progetto grafico di Freddy Colt), Lo Studiolo, Sanremo, marzo 2015; Enzo Maiolino, Non sono un pittore che urla. Conversazioni con Marco Innocenti, philobiblon, Ventimiglia, 2014; articolo in I raccomandati/Los recomendados/Les récommendés/Highly recommended N. 10 - 11/2013; Sandro Bajini, Del modo di trascorrere le ore. Intervista a cura di Marco Innocenti, Ventimiglia, philobiblon, 2012; Sull'arte retorica di Silvio Berlusconi (con uno scritto di Sandro Bajini), Editore Casabianca, Sanremo (IM), 2010; Pensierini, Lepomene, Sanremo, 2010; Sgié me suvièn, Lepomene, Sanremo, 2010; Prosopografie, lepómene editore, 2009; Flugblätter (#1. 49 pezzi facili), lepómene editore, 2008; C’è un libro su Marcel Duchamp, lepómene editore, Sanremo 2008; (a cura di) Alfredo Moreschi in collaborazione con Marco Innocenti e Loretta Marchi, Catalogo della mostra fotografica. 1905-2005: Centenario del Casinò Municipale di Sanremo. Una storia per immagini, De Ferrari, Genova, 2007; con Loretta Marchi e Stefano Verdino, Marinaresca la mia favola. Renzo Laurano e Sanremo dagli anni Venti al Club Tenco. Saggi, documenti, immagini, De Ferrari, 2006
Adriano Maini 

mercoledì 20 novembre 2024

In quei tempi i due segna-caccie erano due bordigotti doc

"Bernà du Dragun" con il cappello. Giacomo Ballauco primo in piedi a destra. Al suo fianco Augusto Manzo. Bernardo Aprosio in canottiera bianca. Foto degli anni '50 concessa a "Paize Autu" dalla famiglia Aprosio. Fonte: Giacomo Ganduglia, art. cit. infra

Anche a Bordighera dagli anni ’50 agli anni ’70  si giocava al Pallone Elastico o Palla Pugno oppure, se vogliamo dirla alla ligure, “au balun”.  
Le partite si svolgevano su un campo di circa 75 metri di lunghezza, contrassegnato da righe gialle, simile a quello del tennis, tra due squadre di quattro componenti. Lo scopo del gioco consisteva nel colpire e portare a meta un pallone di circa 190 g. Ogni “team” era formato da due terzini, posizionati vicino alla riga centrale del campo, seguiti dalla spalla, seguito a sua volta dal battitore. La divisa era composta da maglietta a mezze maniche bianca e da calzoni lunghi bianchi; l’unico elemento distintivo delle formazioni era un nastrino colorato (rosso o verde) legato al fianco dei giocatori. Il gioco era suddiviso in caccie ed il punteggio veniva calcolato in modo non dissimile da quello del tennis (15-30-45)e segnato su di un tabellone di due colori (verde e rosso appunto). Ogni caccia valeva 15 punti, 4 caccie valevano un gioco. Il match lo vinceva la squadra che per prima raggiungeva 11 giochi. Ogni due caccie le squadre invertivano il campo di gioco. Il battitore con il pugno tirava la palla il più distante possibile, ed aveva inizio la caccia. Il primo colpo poteva anche avere una parabola di 60-70 metri a seconda della forza impressa. La palla non doveva uscire dal campo altrimenti non era valida. Quando questa superava la linea centrale del campo poteva essere “ricacciata” nel campo avversario, colpendola al volo oppure dopo un solo rimbalzo, dalla spalla o dal battitore. Con un'asta bianca, lunga circa 50 cm, segnavano il punto preciso dove era stata fermata la palla.
A Bordighera il campo da gioco era Piazza De Amicis, sotto il Municipio. Alcuni tornei venivano promossi da Valentino Blancardi. Gli spettatori si assiepavano sui muretti e le scalinate circostanti e vicino alla fontana di Margiargè.
Ma la tribuna di noi ragazzi era il grosso scoglio liscio sul lato est del piazzale, che oggi sovrasta il posteggio degli scuolabus. In quei tempi i due segna-caccie erano due bordigotti doc: Biancheri Antonio, detto "Antunin U Pele" e Aprosio Bernardo, detto "Bernà du Dragun", che con solennità e magnificenza proclamavano le varie fasi di gioco. “Chi a prima!” diceva uno e l’altro rispondeva: “Eccu chi a segunda!” - “Trènta per chi batte e chinze per pe chi ribatte!” “Gieugu pe i verdi!”… e si andava avanti così fino agli 11 giochi di fine partita.
Voglio ricordare anche alcuni altri bordigotti organizzatori di questi incontri: Ernani Garzoglio, Antonio Biancheri detto "Antunin Saccu", Pippo Patoia "u Bancerà", Giacomo Ballauco, Filippo Ramella, Mario Ranise e Buschiazzo, il nonno di Flavio per capirci.
In quegli anni le partite di Pallone elastico erano davvero un evento a Bordighera! Molti erano gli appassionati che dai paesi limitrofi si riversavano nella nostra città e molti sono stati i giocatori professionisti, nonché campioni nazionali, come Manzo [Augusto Manzo] o Ballestra, che hanno giocato sul nostro campo!
Ma il tempo corre e Bordighera non è stata capace di attrezzarsi con uno sferisferio regolamentare e tutto è finito. La Palla Pugno viene ormai giocata quasi esclusivamente nel Basso Piemonte e in qualche località dell’entroterra ligure (ad es. Dolcedo). Purtroppo, come tutti gli sport che non sono “il calcio” e che non hanno interesse mediatico, la Palla Pugno è ormai riservata ad un ristretto numero di appassionati che, con entusiasmo e molti sforzi continuano a lottare, affinché non venga dimenticata una parte importante delle nostre più antiche tradizioni.
Giacomo Ganduglia "Lupo", U balun au pugnu in Paize Autu, Periodico dell’Associazione “U Risveiu Burdigotu”, Anno 6, nr. 10, Ottobre 2013

sabato 16 novembre 2024

Nacque a Porto Maurizio uno tra gli animatori della Resistenza in Liguria

Imperia: un angolo di Borgo Foce a Porto Maurizio

Franco Antolini
Liguria
Nato a Porto Maurizio (Imperia) l'11 settembre 1907, deceduto a Genova il 4 luglio 1959, economista
Negli anni dell'Università era entrato nel movimento antifascista e, su ispirazione di Carlo Rosselli, aveva contribuito alla nascita e alla diffusione della rivista Pietre. Allorché giunse il momento del servizio militare, frequentò il corso allievi ufficiali, ma ne fu allontanato per le sue idee politiche e assegnato, per punizione, ad una "compagnia di disciplina". La conoscenza di Rosselli lo portò, nel 1928, ad aderire al movimento "Giustizia e Libertà" ma, com'ebbe a scrivere, "una più profonda maturazione culturale e politica" lo indusse a cercare contatti con la classe operaia genovese e, dal 1935, a militare nel Partito comunista clandestino.
Negli anni della guerra di Spagna, Franco Antolini s'impegnò nell'organizzazione dell'espatrio di combattenti antifranchisti. Nel 1937, entrato col socialista Rodolfo Morandi nel "Fronte Unico Antifascista", fu arrestato e, dopo mesi di segregazione, processato dal Tribunale speciale. I giudici fascisti non riuscirono a portare prove a suo carico e il giovane professionista fu assolto.
Dopo l'8 settembre 1943, Franco Antolini fu tra gli animatori della Resistenza in Liguria. Membro del Comando militare regionale, il 18 marzo 1944, finì nelle mani delle SS. Tre mesi di carcere e di stringenti interrogatori non bastarono a strappare ad Antolini nomi o indicazioni; così i tedeschi lo deportarono nel campo di eliminazione di Mauthausen.
Sopravvissuto e rientrato in Italia, Franco Antolini fu designato dal CLN commissario all'Ansaldo. Egli è stato anche consigliere comunale e provinciale di Genova e membro della Commissione centrale economica del PCI. Tra i suoi scritti economici, anche un Manuale del contribuente che è stato, per anni, uno dei testi più consultati. Dopo la sua morte, a Genova, gli è stata intitolata una Sezione del PCI. Una strada del capoluogo ligure porta il suo nome.
Redazione, Franco Antolini,ANPI

Nato ad Imperia l’11.9.1907
Residente a Genova. Ufficiale degradato per antifascismo, viene arrestato nel giugno 1937 per appartenenza al Fronte unico antifascista e deferito al Tribunale Speciale. E’ assolto il 10.6.1937. Radiato nel 1941.
Partecipa alla guerra di Liberazione. Catturato il 18.3.1944 dalle SS, è deportato a Mauthausen. Sopravvissuto, rientrerà in Italia nel 1945.
Consigliere comunale e provinciale a Genova, membro della Commissione centrale del PCd’I, economista di grande rilievo.
Muore il 4.7.1959.
Redazione, Franco Antolini, ANPPIA

Sui primi giorni della Resistenza a Genova a questo collegamento il Diario di Franco Antolini 

Franco Antolini nacque l’11 settembre 1907 nell’allora comune di Porto Maurizio, in provincia di Imperia, da Carlo e Tomasina Stupazzoni. Si trasferì a Genova nel 1925, in seguito al secondo matrimonio della madre, rimasta vedova quando Franco aveva due anni, con Francesco Germinale. Nel capoluogo ligure si iscrisse alla Facoltà di Economia e Commercio dove fondò, insieme a Francesco Manzitti e Virgilio Dagnino, compagni di università, la rivista antifascista «Pietre», i cui numeri uscirono dal 1926 al 1928, anno in cui la rivista cadde vittima della retata fascista seguita all’attentato di Milano del 12 aprile 1928. La partecipazione di Franco Antolini a «Pietre» si era interrotta già nel 1927, in seguito all’inizio del periodo di leva di Antolini, il quale frequentò il corso di allievi ufficiali, insieme a Virgilio Dagnino. Gli eventi, però, si ripercossero anche sui due giovani, i quali, con un pretesto, furono degradati e spediti in una Compagnia di disciplina e poi rinchiusi nello Stabilimento militare di pena a Forte Ratti, in attesa del deferimento al Tribunale speciale. Tuttavia, in mancanza di prove contro di loro furono dimessi da Forte Ratti alla fine dei rispettivi periodi di leva: Dagnino nel novembre 1928; Antolini nel maggio 1929. In questo stesso anno conseguì la laurea e nel 1931 ottenne l’iscrizione all’albo professionale dei commercialisti. Tuttavia fu degradato da tutti gli incarichi giudiziari a causa della mancanza della tessera del Partito nazionale fascista, al quale non fu mai iscritto. Esercitò la sua professione, quindi, come libero professionista. Nel 1934 sposò Valeria Agostini, colta ed elegante giovane. Nel 1935 prese la tessera del Partito comunista, di cui fu attivo militante. Nell’aprile del 1937 fu arrestato a causa dei contatti che aveva stabilito con il cosiddetto “Fronte unico antifascista”, costituitosi a Milano a partire dal gruppo antifascista socialista di Rodolfo Morandi e che era impegnato nel riavvicinamento dei partiti della sinistra italiana. Dopo una reclusione di sei mesi, prima nel carcere milanese di San Vittore e poi in quello romano di Regina Coeli, il 10 ottobre 1937 fu assolto a causa della mancanza di prove a suo carico. Dal 1943 partecipò alla lotta clandestina antifascista come membro del Comitato militare del Cln ligure ed ispettore di zona, insieme al cognato Adriano Agostini (Ardesio). Il suo nome fittizio, con cui spesso firmava gli articoli che scriveva, poteva essere Andrea Furlini o Francesco Abate. Il 18 marzo 1944 fu arrestato dalla Gestapo: dopo tre mesi di detenzione prima nel carcere di Marassi e poi nel campo di internamento di Fossoli (Modena), fu deportato nel lager di Mauthausen, nel quale restò da fine giugno 1944 al maggio 1945. Rientrato in Italia, fin dallo stesso 1945, Antolini riprese subito a esercitare le attività che riempiranno poi la sua vita fino alla scomparsa, nel 1959. Continuò la sua attività di commercialista, non abbandonando però la passione politica: a livello locale fece parte sia del Comitato federale sia della Commissione economica della Federazione genovese del Pci; fu inoltre eletto consigliere comunale e provinciale ininterrottamente dal 1945 al 1959 nel gruppo comunista. A livello nazionale fece parte dal 1945 della Commissione economica e dal 1948 della Commissione di studio e controllo amministrativo del Pci, pur senza mai entrare nella Direzione. Franco Antolini, sebbene non abbia mai ricoperto cariche pubbliche particolarmente pubbliche, fu il costante ispiratore della linea economica del partito, il quale richiedeva spesso il suo parere in materia di economia. Era infatti noto e ammirato per l’acutezza e l’originalità del suo pensiero economico, espresso soprattutto sotto forma di articoli di divulgazione giornalistica o di saggi in riviste, attraverso i quali si possono ripercorrere tutti i momenti più salienti della storia italiana dal dopoguerra agli anni immediatamente successivi al boom economico. Si ricorda la sua opera più famosa: il “Manuale del contribuente”. Franco Antolini morì prematuramente il 4 luglio 1959 a causa delle complicazioni causate dalle sofferenze fisiche subite in passato.
Redazione, Franco Antolini, Siusa

sabato 9 novembre 2024

I luoghi perduti di Calvino


Italo Calvino, Sanremo e dintorni, a cura di Veronica Pesce e Laura Guglielmi, è un agile volumetto edito dall'editore il palindromo nel 2022. Ripercorre un po' tutti i luoghi che Italo Calvino frequentò nei suoi anni giovanili, trascorsi, come ognun sa (in ispecie in questo iperdidattico anno calviniano), nel Ponente ligure e soprattutto a Sanremo. Più o meno in concomitanza con l'uscita del libretto sono stati apposti per la città dei simpatici pannelli, dotati persino di codice QR, che hanno la funzione di didascalia e che illustrano una sorta di ideale percorso, che comunque si può effettivamente percorrere, scandito così in varie tappe. Peccato però che pressochè tutti i posti più legati a Calvino (entrati nella sua opera sotto forme più o meno riconoscibili, anche se talvolta fantasiosamente rivestiti o trasformati) di questa città - che peraltro egli detestava, citava con tre asterischi nei suoi libri e in cui, per quanto ne sappiamo, non mise più piede dopo la morte della madre, restando per lo scrittore, Sanremo, esclusivamente un paesaggio mentale - bene, peccato che questi posti non esistano più. Villa Meridiana, la casa-laboratorio-orto botanico-foresta dei genitori è stata lottizzata in appartamentini. Il Caffé Venezuela è oggi la sede di una filiale di Banca Intesa Sanpaolo. Scomparsa da tempi immemorabili la Botte di Diogene, bar e punto di ritrovo costituito appunto da una enorme botte. Il cinema Sanremese attualmente è la sede di un negozio d'abbigliamento della catena di Luisa Spagnoli. La stazione ferroviaria non c'è più, come non ci sono più i binari: il vecchio edificio, filmato con Lyda Borelli, fotografato con Stan Laurel & Oliver Hardy, ec., appare oggi come una grigia parete al di là della quale si percepisce il vuoto, come una facciata di quelle attribuite al principe Grigorij Aleksandrovič Potëmkin per nascondere il nulla - e comunque oggi la costruzione resta in totale desolato abbandono, a parte la presenza di un tabaccaio, ultimo strenuo difensore di quel baluardo. La panchina su cui appare un gruppo di studenti (Duilio Cossu, Eugenio Scalfari, ec.) non corrisponde alle panchine attuali, lo sfondo è diverso, e anche il design della panchina è diverso. Villa Angerer è stata abbandonata, depauperata, restaurata; irriconoscibile è la terra di San Giovanni; il casamento che fu il liceo (un tempo il convento delle Monache Turchine) è oggi la sede di istituti tecnici.
Un tizio curioso viaggia fra i luoghi calviniani e si accorge subito che sono luoghi perduti, attraversa locazioni fantasma, vede posti che non ci sono più. La città è davvero diventata invisibile.
Marco Innocenti, I luoghi morti di Calvino, 2024

Altri lavori di Marco Innocenti: articoli in Il Regesto, Bollettino bibliografico dell’Accademia della Pigna - Piccola Biblioteca di Piazza del Capitolo, Sanremo (IM); articoli in Mellophonium; (a cura di) Marco Innocenti, Presenzio Astante, Tre fotografie, lepómene editore, 2024; Silvana Maccario, Margini (Introduzione di Marco Innocenti), Quaderno del circolo lepómene stampato a Sanremo, gennaio 2023; Lorem ipsum, lepómene editore, 2022; (a cura di) Marco Innocenti, Il magistero di Cesare Trucco - per il centenario della nascita 1922-2022, Lo Studiolo, Sanremo, 2022; Scritti danteschi. Due o tre parole su Dante Alighieri, Lo Studiolo, 2021; I signori professori, lepómene editore, 2021; Verdi prati erbosi, lepómene editore, 2021; Libro degli Haikai inadeguati, lepómene editore, 2020; Elogio del Sgt. Tibbs, Edizioni del Rondolino, 2020; Flugblätter (#3. 54 pezzi dispersi e dispersivi), Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2019; Sandro Bajini, Fumata bianca dopo penosi conciliaboli (con prefazione di Marco Innocenti), Lo Studiolo, 2018; Flugblätter (Vol. 2: 39 pezzi più o meno d'occasione), Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2018; articoli in Sanremo e l'Europa. L'immagine della città tra Otto e Novecento. Catalogo della mostra (Sanremo, 19 luglio-9 settembre 2018), Scalpendi, 2018; Sandro Bajini, Andare alla ventura (con prefazione di Marco Innocenti e con una nota di Maurizio Meschia), Lo Studiolo, Sanremo, 2017; La lotta di classe nei comic books, i quaderni del pesce luna, 2017; Sanguineti didatta e conversatore, Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2016; Pubblicità, lepómene editore, 2015; Sandro Bajini, Libera Uscita epigrammi e altro (postfazione di Fabio Barricalla, con supervisione editoriale di Marco Innocenti e progetto grafico di Freddy Colt), Lo Studiolo, Sanremo, marzo 2015; Enzo Maiolino, Non sono un pittore che urla. Conversazioni con Marco Innocenti, philobiblon, Ventimiglia, 2014; articolo in I raccomandati/Los recomendados/Les récommendés/Highly recommended N. 10 - 11/2013; Sandro Bajini, Del modo di trascorrere le ore. Intervista a cura di Marco Innocenti, Ventimiglia, philobiblon, 2012; Sull'arte retorica di Silvio Berlusconi (con uno scritto di Sandro Bajini), Editore Casabianca, Sanremo (IM), 2010; Pensierini, Lepomene, Sanremo, 2010; Sgié me suvièn, Lepomene, Sanremo, 2010; Prosopografie, lepómene editore, 2009; Flugblätter (#1. 49 pezzi facili), lepómene editore, 2008; C’è un libro su Marcel Duchamp, lepómene editore, Sanremo 2008; (a cura di) Alfredo Moreschi in collaborazione con Marco Innocenti e Loretta Marchi, Catalogo della mostra fotografica. 1905-2005: Centenario del Casinò Municipale di Sanremo. Una storia per immagini, De Ferrari, Genova, 2007; con Loretta Marchi e Stefano Verdino, Marinaresca la mia favola. Renzo Laurano e Sanremo dagli anni Venti al Club Tenco. Saggi, documenti, immagini, De Ferrari, 2006
Adriano Maini

giovedì 31 ottobre 2024

Un senatore ed un sindaco comunisti, un anarchico e varie vicende connesse

Perinaldo (IM): il vecchio Municipio

Ci sono leggende sul sindaco Milio [Emilio Croesi] di Perinaldo, l’unico sindaco rosso della provincia più bianca della Liguria durato in carica quarant’anni. Non per niente il mezzogiorno a Perinaldo era suonato dalla sirena del comune e dalla campana della chiesa, ciascuno per i suoi.
Passavano a volte lassù Pertini, Natta e comunisti di tutte le mene e l’enologo Gino Veronelli, anarchico per tutta la vita. Ma nel paese si dice sia passato anche Tony Negri nei tempi in cui era a Parigi e chissà quanti altri.
Di Milio si racconta quando gli saltò la catena mentre era in fuga sul Poggio alla Milano-Sanremo o di quando si gemellò con la città di Vallauris grazie all’amicizia con Picasso. Chissà se è tutto vero. Aveva una vigna in Curli che Veronelli chiamava Romanèe come una delle zone più magiche della Borgogna vinicola. Erano viti centenarie piene di nodi nel tronco e con radici profonde e da qualche parte ci sono ancora bottiglie di quella vigna: sua nipote ne ha qualcuna. Il colore, manco a dirlo, è rubino carico.
Io ho bevuto nel giorno della mia cresima una bottiglia del 1911, l’anno di nascita di mio padre e posso intuire. E’ come avere davanti uno che cinquanta anni prima era già lì. Il nostro però era vino di Canun, vicino al mare, fatto bollire poco nella tina, più chiaro.
Una volta Milio passeggiava al braccio del senatore Papalia, discepolo di Natta. Cinquanta metri indietro nell’ombra del carugio Elio lo riconosce e fischietta un richiamo. Nel silenzio del paese di allora il fischio era meglio di un nome. Il senatore, come sente scibrare [fischiare], lascia il sindaco e corrono ad abbracciarsi. Milio si limita a chiedere asciutto se si conoscono.
Elio [n.d.r.: personaggio anarchico della zona intemelia, residente a Perinaldo, amico di Arturo Viale, che in questo libro ne trascrive svariate memorie] la racconta così l’amicizia: 'nel 1940 a Ventimiglia noi eravamo un gruppo di ragazzi. Ci incontravamo a casa di Vicàri, dove l’atmosfera era di chiaro antifascismo. Io frequentavo anche la casa di Papalia, mio compagno di studi; lui suonava la chitarra, ci divertivamo a comporre qualche canzone e leggevamo anche dei libri. In questo contesto maturò la nostra coscienza politica. Non eravamo inquadrati in partiti politici o associazioni, ma stando a come procedevano gli avvenimenti, sentivamo l’urgenza di far sentire la nostra voce. Pensammo così di fare delle scritte politiche per il primo maggio, ma c’era troppa sorveglianza. Aspettammo qualche giorno per entrare in azione e scegliemmo il 4 maggio: eravamo Papalia Antonio, classe 1924, anche lui mio compagno di scuola, che diventerà senatore del PCI e morirà a Padova; Vicàri Eliano, classe 1923, fratello di Vicàri Fulvio, cui è intestata la sezione ANPI di Ventimiglia, ed io, classe 1924. Scrivemmo frasi contro il fascismo sui muri della città, alla marina, al mercato, al cimitero. Alcune me le ricordo ancora: “Donne svegliatevi! Pane ai vostri bambini e morte a Mussolini”; poi “Pane e pasta, di Mussolini ne abbiamo a basta” e ancora sulle mura del cimitero “Vento, vento portalo qua dentro che tutto il mondo sarà contento”. L’indomani vennero arrestate dalla milizia fascista circa trenta persone, ma nessuno sospettava di noi'.
Arturo Viale, ViteParallele, ed. in pr., 2009

Altre pubblicazioni di Arturo Viale: I sette mari. Storie e scie di navi e di naviganti e qualche isola, Book Sprint Edizioni, 2024; Punti Cardinali. Da capo Mortola a capo Sant'Ampelio, Edizioni Zem, 2022; La Merica...non c'era ancora, Edizioni Zem, 2020; Oltrepassare. Storie di passaggi tra Ponente Ligure e Provenza, Edizioni Zem, 2019; L'ombra di mio padre, 2017; Quaranta e mezzo; Viaggi; Storie&fandonie; Ho radici e ali; Mezz'agosto, 1994; Viaggi, 1993.
Adriano Maini 

Siamo dalla parte di Soldano, dalla parte di Perinaldo, non da quella di Dolceacqua, siamo dalla parte dove Gino Veronelli individuò la Romanèe Conti Italiana, quella piccola vigna di Rossese che negli anni 70-80 raggiunse fama internazionale per le riuscitissime vinificazioni confidenziali  del vulcanico sindaco di Perinaldo, Emilio Croesi. Durante un intervista in video di qualche anno fa, Gino Veronelli tirò in piedi una bottiglia di vino rosso e la definì: “uno dei più grandi vini della mia vita” e ancora “vino nato da una parcella di vigna che è la Romanèe Italiana... Leggo altrove una definizione: “Il colore è rubino carico con netti sentori di selvatico, spezie e frutti di macchia mediterranea. Il corpo è pieno con sensazioni aromatiche prolungate. E vino di impensabile longevità... Si tratta del Rossese Vigneto Curli 1978 di Emilio Croesi, leggendario sindaco di Perinaldo. Non so il 1978, ancora esistente in cantine private degli eredi Croesi, ma il 1982 l’ho provato un paio di volte, la seconda da lacrime.
Guardiano del Faro, ottobre 2008, in Luciano Pignataro

Antonio Papalia negli anni '50 era un funzionario della Federazione provinciale di Imperia del Partito comunista. Trasferito a Padova, assunse lo stesso incarico anche in quella città. Prima di essere eletto senatore, fu (dal 1969) segretario provinciale del PCI di Padova: schede specifiche dedicate a questo organismo sottolineano che Papalia era stato un insegnante, che era funzionario di partito dal 1952, che era stato membro del Comitato Centrale del PCI. Negli anni '80 i militanti comunisti più anziani di Ventimiglia e zona lo ricordavano con grandi stima ed affetto.
Adriano Maini

Motivazione della medaglia d'argento (Decreto presidenziale 11 luglio 1972 in Gazzetta Ufficiale n. 319 del 9 dicembre 1972) concessa alla memoria per attività partigiana al partigiano Fulvio "Lilli" Vicàri, nato a Ventimiglia (IM) il 18 novembre 1919, che si era già distinto ai primi di luglio 1944 nella difesa di Rocchetta Nervina (IM) e nell'autunno successivo nelle battaglie per Pigna (IM), ufficiale di collegamento della V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione", morto a difesa della polveriera, presa in possesso dai patrioti, di Gavano: Durante due giorni di cruenti combattimenti, sotto l'intenso fuoco dell'artiglieria e dei mortai avversari, infondeva nei commilitoni, con il suo sereno comportamento, coraggio e determinazione a resistere. Accortosi che una mitragliatrice pesante stava per essere catturata dal nemico, si lanciava alla testa di pochi ardimentosi al contrassalto, riuscendo a frenare l'impeto avversario ed a salvare l'arma. In una successiva azione contro una colonna nemica, colpito a morte, cadeva per la libertà della Patria. - Rocchetta Nervina (Imperia), 3 giugno 1944 -  Val Gavano di Triora (Imperia), 15 marzo 1945 

Fu attiva patriota antifascista, come riportato dalla banca dati dell'Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea, anche Brigida Rondelli, nata a Camporosso nel 1905 da Giuseppe e Teresa Gibelli, sorella di Fulvio Vicàri, nato a Ventimiglia nel 1919, e di Eliano Vicàri, nato a Ventimiglia nel 1923.
Adriano Maini

giovedì 24 ottobre 2024

Un progetto di qualche anno fa per il futuro di Sanremo

Fonte: Claudia Novaro, Op. cit. infra

Il progetto di riqualificazione del waterfront di San Remo, a seguito dello spostamento a monte della ferrovia, rappresenta un’occasione irripetibile per la città di riconfigurare in maniera adeguata un’area di notevole rilevanza, avendo la possibilità di realizzare un intervento che si ponga come nuovo polo attrattivo per la cittadina. Per più di un secolo il percorso della ferrovia ha creato una forte cesura tra città e mare. Finalità del mio elaborato è un progetto che unisca il recupero del lungomare e della piazza centrale. L’importanza della riconquista del mare da parte della città, si attua attraverso una compenetrazione reale fra le due parti, la connessione urbanistica di volumi e funzioni.
Per perseguire questo obiettivo il progetto definisce alcuni punti programmatici:
 

Fonte: Claudia Novaro, Op. cit. infra

Riqualificazione Porto Sole e spiaggia Morgana
La struttura dell’albergo in costruzione viene riconvertita in centro commerciale e locali di servizio al porto. La copertura dell’edificio viene attrezzata mediante l’inserimento di una piscina. L’area antistante, affacciata sul mare, diventa una grande piazza alberata da cui parte la passerella-ponte sopraelevata che, passando a pelo dell’acqua, garantisce un collegamento veloce, scenografico e divertente tra il porto nuovo e quello storico. All’interno della spiaggia del Morgana che, vista la sua posizione chiusa tra i due porti, non offre le caratteristiche e i privilegi tipici delle spiagge, viene proposta la realizzazione di un parco acquatico attrezzato. Al posto delle cabine, forte segno visivo di sfondo alla spiaggia, viene realizzato un edificio che ne segue la conformazione.
Riorganizzazione servizi Porto Vecchio e passerella di collegamento con Porto Sole
Oltre all’estensione dell’area pedonale verso il porto, vengono introdotte nuove occasione d’uso con l’inserimento di strutture fisse a doppio affaccio verso il porto e verso la città.
Edificio speculare forte S. Tecla
Nel punto in cui l’asse storico di Corso Mombello confluisce con la linea di costa e il mare, il progetto prevede la realizzazione di una piazza e un edificio situato in posizione speculare rispetto al Forte. Il piano intende creare un importante confluenza tra l'arteria urbana storica e il litorale mediante una grande piattaforma che si spinge sul mare, caratterizzata dalla presenza di particolari coperture che danno la possibilità di sostare ai visitatori.
Estensione spiagge lungomare Calvino
L’intervento prevede di raccordare il livello delle spiagge (quota 0.00) al livello dove ora è situato il parcheggio a raso (quota +3.50). Ogni nuova funzione è stata inglobata nel disegno del suolo, capace di svilupparsi su più livelli toccando e collegando ogni punto del progetto. Attraverso la realizzazione di gradoni che si sviluppano con andamento sinusoidale e asimmetrico, il passaggio tra la città e il mare avviene in modo graduale. All’interno dei gradoni, affacciati sul mare, trovano spazio numerosi servizi. Sopra le strutture, aree di sosta, spazi verdi, zone attrezzate per lo sport e i giochi. Tutto il sistema è pensato per essere attraversato sia in senso longitudinale che sull'asse città-mare, negando l'effetto di barriera costituito dall’ex sedime ferroviario.
Collegamento a passeggiata Imperatrice
L’importante passeggiata diverrebbe un lungo nastro continuo che guida il visitatore all’interno della città e verso le città limitrofe, una passeggiata lungomare dove la superficie così articolata, in maniera meno invasiva di un edificato continuo, realizza un land mark orizzontale caratterizzante la città.
 

Fonte: Claudia Novaro, Op. cit. infra

Piazza Colombo
L’idea progettuale nasce dal desiderio di collegare i due livelli della piazza e conservare l’autostazione trasformandola però grazie all’inserimento di un involucro vetrato dal profilo curvilineo che definisce un unico volume contenente diverse e nuove funzioni. Il giardino adiacente viene riorganizzato e vengono ripensati tutti i collegamenti interni della piazza.
Claudia Novaro, Sanremo: immagini dal futuro, Tesi di Laurea Magistrale, Politecnico di Torino, 2008

giovedì 17 ottobre 2024

Bordighera: mostra fotografica collettiva 'Immagini da un libro mai stampato'

 


 

Unione Culturale Democratica -  Sezione ANPI 

Bordighera (IM), Via al Mercato, 8

 

Domenica 20 ottobre 2024 - Domenica 27 ottobre 2024  - ore 17 / 19 (festivi compresi)

 

MOSTRA FOTOGRAFICA COLLETTIVA

'Immagini da un libro mai stampato'

 

ingresso libero

 

Sul finire degli anni sessanta e i primi del settanta, un gruppo di nove fotoamatori, senza esserne consapevole, ha salvato alla memoria la testimonianza di un modo di vivere che da lì a poco sarebbe scomparso. Ci sarebbe stato una vera rottura tra prima e dopo.
Il passaggio dalla produzione in proprio per i beni di consumo a quello degli acquisti sul mercato. Sarebbe continuato inesorabile l'esodo dei giovani verso la costa, che avrebbe così svuotato poco a poco i paesi dell'entroterra custodi ultimi delle antiche tradizioni. Un'apparente povertà era invece la cultura del non spreco e del riutilizzo. Grandi risparmiatori per il futuro dei figli e dei nipoti. I borghi durante le ore di luce erano per lo più frequentati solo da vecchi e bambini. La forza del lavoro era nei campi o nelle abitazioni. Chi, testimone giovane in quel periodo, ricorderà le donne lavare i panni nel lavatoio, le bande di ragazzini liberi di giocare ovunque, le case di pietra grige all'ubago, gli ultimi muli, le processioni e le vestizioni per l'occasione; insomma un popolo di lavoratori che si accontentavano di poco, ma che vivevano seguendo il percorso del sole.
Da circa duecento foto ne sono state estrapolate sessantaquattro per essere stampate. Le rimanenti sarà possibile visualizzarle proiettate su uno schermo. Dei nove fotografi di queste immagini solo due sono ancora vivi.
Alfredo Moreschi, facente parte del gruppo, ha il grande merito di averle conservate, salvate e digitalizzate, permettendoci così di rivivere un passato non così lontano.
Silvana Maccario 
 

 

Unione Culturale DemocraticaSezione ANPI - Bordighera (IM), Via al Mercato, 8 

 [ ref.: Giorgio Loreti nemo_nemo@hotmail.com ]  

giovedì 10 ottobre 2024

Ho conosciuto Franco Pullia il secolo scorso

Imperia: Calata Cuneo nel porto di Oneglia

L’amico Marino Magliani mi ha inviato un suo personale ricordo di Franco Pullia l’ex segretario provinciale della Cisl che si è spento all’ospedale di Imperia il 21 settembre scorso, dopo una lunga malattia.
"Le notizie quassú dove vivo, in Olanda, mi giungono tardi, sia le belle che le brutte. Le belle mi dispiace. Le brutte di solito sono notizie di un amico morto e uno vorrebbe non sentirle mai. Tardi significa che vengo a conoscenza di una scomparsa due mesi dopo, come nel caso di Franco Pullia. In un mio libro dissi una cosa, e cioé che quando di una persona cara vengo a sapere in ritardo che se n’é andata, é come se durante quel tempo, il tempo in cui non sapevo ancora intendo, quella persona avesse continuato a vivere, almeno per me. Un po’ é vero, fateci caso. Un po’ si dirá che una persona che ci é cara é sempre viva.
Ho conosciuto Franco Pullia il secolo scorso, s’era cominciato a occupare dei miei libri, mi aveva incoraggiato, consigliato, corretto. Era un lettore avidissimo e colto. E’ attraverso lui e attraverso Jacopo Varaldo, altra persona a cui devo molto che non c’é piú, che ho cominciato ad amare Boine e Biamonti.
Incontravo Franco nel suo piccolo ufficio sul porto di Oneglia, un luogo che assomigliava di piú allo studio di uno scrittore che ad altro. Non ricordo in realtá che ufficio fosse, non glielo chiesi mai. Arrivavo e si usciva a passeggiare,
Franco, il caro amico Elio Lanteri ed io. Si discuteva, ci si fermava, si riprendeva il passo. Calata Cuneo era il cosmo di Franco Pullia ed era durante quelle passeggiate che mi parlava di Biamonti, di Boine, di Germano Lombardi, ma soprattutto di Campanella. Era un autore di culto per Franco, Campanella, lo conosceva a memoria e lo citava volentieri facendo fermare la gente. Elio allora citava francesi e spagnoli, Lorca, Hernandez e i sudamericani, Borges, Juan Rulfo. E la gente seguitava a notarci.
A volte pranzavamo sul porto e si parlava di quel vulcano di idee e libri che é il Centro editoriale imperiese. Franco ci aveva pubblicato due libri speciali, libri rari, fatti di letture, libri fatti di altri libri, senza saperlo aveva inventato l’oggetto narrativo che tanto in italia la gente come me prova a produrre. A lui veniva naturale parlare dei libri degli altri, scriverne e parlarne.
Un giorno, che mi trovavo a soggiornare in un paesino del dianese, a Varcavello, dove vive mia sorella, gli telefonai, sapendo che Franco viveva a Diano Calderina, o forse mi sbaglio, mi sbaglio sempre, era Diano Serreta, non importa.
Lo trovai a casa e mi disse di andarlo a trovare. Presi la mountain bike di mio nipote e rampai su verso i Ferretti e poi per sterrati che incidevano terrazzi ulivate e cieli, fino a casa sua. Cosí potei far conoscenza col suo bel maremmano e le capre di cui parlava sempre nei suoi scritti. Entrai in casa, c’era fresco e molto gusto nell’arredo. Tanti libri, ovunque, sparsi, impilati, negli scafali, e fogli di recensioni che preparava per la rubrica che curava per questa rivista.
Anche quel giorno mi parló dei miei libri, e anche severamente, mi rimproverava di rinnegare un libro che avevo stampato a mie spese una ventina di anni fa ormai. Era un libro pieno di movimento e di idee, forse alcune troppo ambiziose, anzi senz’altro troppo ambiziose, era il tentativo di creare una lingua acerba, parlata da un soldato tedesco di origine, da parte di padre, italiane, liguri, parte da cui il soldato aveva imparato un italiano imbastardito dal dialetto. Naturalmente quel soldato, che si chiamava Magliani, durante la guerra era venuto in Liguria e nella valle da cui provenivano i suoi nonni. Ce n’era abbastanza per far sbadigliare i critici, ma Franco inseguiva questi entusiasmi, questi esperimenti. Era uno che provava le curvature della lingua e sapeva riconoscere i tentativi, anche se acerbi. Altre volte lo incontrai a delle presentazioni. Poi lo andai a trovare una volta a Montegrazie, andai col motorino che quasi fusi perché c’era una salita ripidissima, e Franco era sulla sedia a rotella, mi parlava ancora di quel libro che io rinnegavo. Poi lo andai a trovare un giorno all’ospedale, fu due anni fa, gli portai un mio nuovo libro.
Lo sentii al telefono l’estate scorsa, era a Pieve di Teco.
E ora che mi fermo, mi viene in mente un’immagine, una foto, in uno dei suoi libri usciti per il Centro Editoriale Imperiese, lui, buoni muscoli, minatore, in Friuli".
Marino Magliani
Angelo Amoretti, Gli oggetti narrativi di Franco Pullia, Imperia Parla, 27 dicembre 2008

Franco Pullia, immigrato dalla Calabria, si e' impegnato giovanissimo nel movimento sindacale in provincia di Imperia.
Nel 1963 ha diretto la federazione lavoratori agricoli della CISL. Segretario provinciale della CISL dal 1979 al 1992, ha contribuito allo sviluppo di rapporti unitari con la CGIL e la UIL accrescendo il prestigio e la forza del  movimento sindacale.
Pullia ha ricoperto con equilibrio e competenza numerosi incarichi pubblici. Membro del Comitato Provinciale INPS, componente della Giunta della Camera di Commercio, amministratore delegato del Consorzio portuale Imperia-Piemonte, si e' particolarmente impegnato per i diritti dei lavoratori, per la difesa del porto commerciale di Oneglia e per la valorizzazione dell'industria in funzione dello sviluppo dell'alimentazione mediterranea.
L'uliveto sperimentale di Garbella, al quale Franco Pullia dedicò grandissima attenzione, è stato un riferimento importante per l'olivicoltura imperiese.
Lorenzo Trucchi